Haaretz, 17 dicembre 2023.
Refaat Alareer, morto insieme a diversi familiari, scriveva in inglese sulla vita a Gaza. Critico severo di Israele, ha insegnato ai giovani gazawi a usare la scrittura come strumento di resistenza palestinese.
Il 7 dicembre, il poeta palestinese Refaat Alareer è stato ucciso in un attacco aereo israeliano su Gaza City insieme al fratello, alla sorella e ai suoi quattro figli. In un tributo al poeta, la CNN ha sottolineato che è stato ucciso poche settimane dopo aver detto che lui e la sua famiglia non avevano un posto dove andare.
La CNN, uno dei tanti media internazionali a tessere l’elogio di Alareer, ha aggiunto che quest’ultimo aveva chiesto che, in caso di morte, la CNN potesse pubblicare l’ultima cosa che aveva detto a Sana Noor Hak, anche lei della CNN. Il messaggio era: suo padre, i suoi fratelli, le sue sorelle e la sua stessa famiglia hanno dovuto evacuare. Hanno discusso se rimanere insieme o separarsi, in modo che se fosse successo qualcosa, almeno non sarebbero morti tutti.
Alareer, 44 anni, sposato e con sei figli, era anche professore di letteratura inglese all’Università islamica di Gaza. I suoi scritti sono stati tradotti in diverse lingue.
“Alareer era uno dei leader di una giovane generazione di scrittori di Gaza che hanno scelto di scrivere in inglese per raccontare le loro storie”, ha scritto il Guardian, aggiungendo che aveva scritto una serie di elogi per i gazawi sui social media durante la guerra. La rivista Time ha riportato l’ultimo messaggio audio che Alareer ha inviato prima di essere ucciso: il mondo doveva sapere cosa stava accadendo a Gaza.
Prima del 7 ottobre, il nome di Alareer non significava nulla per gli israeliani, ma i lettori dei suoi tweet su X ora conoscono le sue critiche a Israele, alcune delle quali hanno scatenato dure reazioni. Alareer ha negato che Hamas abbia violentato qualcuno il 7 ottobre e ha deriso le affermazioni di bambini decapitati durante il massacro (affermazioni che si sono poi rivelate false).
Ha detto che tutto questo è propaganda israeliana. A seguito di queste e altre dichiarazioni, alcuni hanno detto che l’esercito israeliano avrebbe dovuto ucciderlo.
Muhammad Shehada, residente a Gaza, era uno degli studenti di Alareer; Shehada scrive articoli originali in inglese per Haaretz. Ha scritto su X dopo la morte di Alareer che Refaat lo aveva criticato molto, ma Shehada è stato il primo a piangerlo. Ha anche ricordato un evento chiave nella vita di Alareer: nel 2014 una bomba israeliana ha colpito la sua casa, uccidendo 30 dei suoi parenti e lasciandolo senza casa.
Anni fa, Alareer ha cercato di raccontare al mondo ciò che stava accadendo a Gaza; era difficile ottenere il permesso di partire e di raccontarlo di persona. Ha iniziato a scrivere racconti in inglese; 15 di questi lavori di giovani scrittori sono stati raccolti nel libro del 2014 “Gaza Writes Back”, curato da Alareer. È stato anche uno dei fondatori dell’iniziativa We Are Not Numbers, che dal 2014 raccoglie racconti in inglese di giovani gazawi.
Questi sforzi hanno reso Alareer più noto in Occidente. Nel 2015 ha curato il libro “Gaza Unsilenced”, i cui saggi e poesie documentano i modi in cui i giovani gazawi hanno affrontato il blocco imposto da Israele ed Egitto. Ha insegnato ai giovani gazawi a usare la scrittura come strumento di resistenza palestinese. Ha dato loro una piattaforma e ha fornito una guida non solo sulla scrittura, ma sulla vita in generale.
L’anno scorso ha scritto un pezzo per l’antologia in lingua inglese “Luce a Gaza: Scritti nati dal fuoco”.
Il giovane poeta gazawi Mosab Abu Toha ha elogiato Alareer sui social media: “Il mio cuore è spezzato, il mio amico e collega Refaat Alareer è stato ucciso insieme alla sua famiglia pochi minuti fa. Non voglio crederci”.
L’editore gazawi Jehad Abusalim ha aggiunto di conoscere Alareer da quando aveva 17 anni; Alareer aveva insegnato nel suo primo corso di scrittura in inglese. Ha detto che Alareer era più di un insegnante, era un mentore e un amico, qualcuno che si prendeva cura dei suoi studenti al di là della classe.
Secondo Abusalim, la passione di Alareer era l’inglese; per lui la lingua era uno strumento per combattere il blocco accademico, culturale e intellettuale su Gaza. Pochi giorni prima della sua morte, Alareer ha pubblicato una poesia che aveva scritto nel 2011. “Se devo morire, che sia un racconto”, ha scritto. Dalla sua morte, i giovani palestinesi citano questa frase durante le manifestazioni. In omaggio ad Alareer, l’attore scozzese Brian Cox (“Succession”) ha letto la poesia in un video pubblicato su X.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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