L’esercito israeliano non è una gang

Nov 18, 2023 | Notizie

un Editoriale Haaretz,

Haaretz, 16 novembre 2023. 

Forze israeliane nella Striscia di Gaza. IDF Spokesperson’s Unit

In uno spettacolo per le truppe, l’intrattenitore Lior Narkis maledice Gaza “puttana”, e la cantante Hanan Ben Ari promette che “vendicheremo Be’eri”. I soldati cantano appassionatamente “Ahmad Tibi [deputato filo-palestinese] è morto”, mentre altri intonano “non ci vergogniamo, vogliamo vendetta”. Il comandante della 36ª Divisione guida le sue truppe in battaglia a Gaza con le parole: “Distruggeremo [il nemico] e la sua memoria… e porteremo la vendetta sui nostri avversari”.

Il rabbino kashèr della Brigata Nahal desidera tornare negli insediamenti della Striscia di Gaza, mentre i soldati innalzano manifesti che annunciano il loro ritorno a Gaza e un comandante di battaglione dice ai suoi soldati sulla riva di Gaza: “Siamo tornati alle fonti d’acqua della terra da cui siamo stati espulsi quasi 20 anni fa”.

Tutti questi incidenti fanno parte dell’ondata sionista religiosa che sta investendo le forze di terra che combattono a Gaza (“La rivolta sionista religiosa nell’esercito”, Yagil Levy, Haaretz edizione ebraica, 15 novembre).

Questo è uno sviluppo preoccupante. Il governo ha inviato i militari a combattere nella Striscia di Gaza, non per vendicarsi della popolazione civile o per rioccuparla e reinsediarla. Israele è entrato in guerra per distruggere il potere di Hamas e ripristinare la sicurezza dei suoi cittadini. L’esercito deve fare tutto il possibile nel rispetto del diritto internazionale, come ha ripetutamente sottolineato il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden.

Le grida di vendetta e di insediamento non solo distorcono gli ordini impartiti dal governo e dall’esercito e mettono in pericolo quei resti di legittimità internazionale che Israele aveva per la sua operazione. C’è anche il timore concreto che queste grida influenzino il comportamento delle truppe.

L’area in cui operano i militari ha ancora una popolazione civile e i soldati hanno una certa discrezionalità nel decidere quando usare le armi. Si sono verificati episodi di sparatorie motivate da vendetta, il cui rischio è molto più elevato quando i soldati sono incitati da comandanti, rabbini, politici ed eroi culturali e sono dispiegati su una scala senza precedenti.

L’avvertimento di Gadi Eisenkot, membro del gabinetto di guerra, circa l’esistenza di un “ethos da gang” in seguito al caso di Elor Azaria, risuona ancora oggi. Questo ethos non deve prendere piede nelle forze di terra israeliane. Il portavoce dell’IDF ha risposto balbettando di “aggiornamento delle procedure” e di deviazioni dallo “spirito dell’IDF”.

Ma la voce del Capo di Stato Maggiore Ten. Gen. Herzl Halevi in opposizione a questo pericoloso sentimento chiaramente non è stata ascoltata. I comandanti e i rabbini militari che si sono comportati da canaglie non sono stati rimossi. Il comando militare deve rinsavire prima di perdere il controllo.

Il problema è che i venti di vendetta e i sogni di un ritorno degli ebrei a Gaza soffiano anche nel governo. Invece di preoccuparsi del futuro della sua base e del suo governo, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu deve chiarire che queste fantasie e voglie non hanno nulla a che fare con le aspirazioni di Israele.

https://www.haaretz.com/opinion/editorial/2023-11-16/ty-article/the-israeli-army-is-not-a-gang/0000018b-d4d9-dffa-adef-f6d9c5820000

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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1 commento

  1. Elisabetta Valento

    Israel Shahak nel suo “Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tre millenni”, pubblicato la prima volta nel 1997, oltre a denunciare Israele come uno stato che praticava apartheid, scriveva che l’esercito israeliano era sotto il dominio dei religiosi e che l’insegnamento da loro propugnato era razzistico e rivolto a infondere nei soldati la disumanizzazione dell’altro, del nemico da colpire quindi con ferocia.

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