Ridurre la Cisgiordania come Gaza

Nov 11, 2023 | Notizie

di Isaac Chotiner,

The New Yorker, 1 novembre 2023. 

Con l’intensificarsi della guerra a Gaza, è aumentato anche lo sfollamento forzato dei palestinesi in Cisgiordania. C‘è un collegamento nell’azione di Israele nelle due regioni?

“Esistono meccanismi legali che lo Stato ha utilizzato per sottrarre terre ai palestinesi e insediarvi invece comunità ebraiche”, afferma Hagai El-Ad. Foto di Hazem Bader / AFP / Getty

Poco più di tre settimane fa, i combattenti di Hamas hanno assassinato 1400 persone dopo essere entrati in Israele dalla Striscia di Gaza. Da allora, gran parte dell’attenzione del mondo si è concentrata sull’incessante campagna di bombardamenti di Israele su Gaza, che ha già ucciso migliaia di palestinesi. Ma anche in Cisgiordania, dove attualmente vivono milioni di palestinesi, si è assistito a un aumento della violenza, con più di 100 palestinesi uccisi in incursioni condotte dall’esercito israeliano e scontri tra israeliani e palestinesi. I coloni israeliani, spesso con il sostegno dell’esercito, hanno anche cacciato decine di famiglie palestinesi dalle loro terre.

Ho recentemente parlato al telefono con Hagai El-Ad, attivista israeliano ed ex direttore esecutivo dell’organizzazione no-profit B’Tselem, che si occupa di diritti umani nei territori occupati. Durante la nostra conversazione, che è stata modificata per ragioni di lunghezza e chiarezza, abbiamo discusso di ciò che il 7 ottobre ha cambiato o non ha cambiato in Cisgiordania, di come avviene il processo di rimozione delle famiglie dalla loro terra e dei piani a lungo termine di Israele per la Cisgiordania.

Cosa è successo in Cisgiordania dopo gli attacchi del 7 ottobre?

L’obiettivo israeliano di ripulire il più possibile l’Area C dalle comunità palestinesi non è nuovo. L’Area C è poco più del sessanta per cento della Cisgiordania – in pratica, tutta la Cisgiordania al di fuori dei principali centri abitati e città palestinesi. Tutti gli insediamenti ebraici in Cisgiordania si trovano nell’Area C. I principali centri abitati palestinesi sono come buchi nel formaggio svizzero, mentre il formaggio stesso è l’Area C, che ingloba tutto: la Valle del Giordano, le Colline a Sud di Hebron, parte della Cisgiordania settentrionale.

Queste comunità palestinesi sono già da anni sotto la minaccia e la pressione della violenza militare, della violenza dei coloni e cose del genere. L’espressione legale che descrive tutto questo è: creare un “ambiente coercitivo” in modo che i palestinesi se ne vadano di loro spontanea volontà, che alla fine, un giorno, crollino sotto questa continua pressione. Fin qui, niente di nuovo.

Ciò che è accaduto dal 7 ottobre in poi è un’escalation di questo processo. Lo Stato israeliano, attraverso i suoi coloni, sta cercando di approfittare del fatto che tutti gli occhi sono puntati su Gaza e sta intensificando drasticamente la pressione sulle comunità palestinesi. Dal punto di vista israeliano, direi che è stato un successo. Nelle tre settimane trascorse dal 7 ottobre, tredici comunità palestinesi sono fuggite in preda al terrore.

Quando parli di “comunità palestinesi”, so che questo può indicare gruppi di diverse dimensioni. Cosa si intende per comunità?

A volte può essere la casa di poche famiglie, forse una cinquantina di individui che vivono in un luogo, e a volte comunità più grandi. Pensate a un piccolo villaggio: circa cento o duecento persone che vivono su quella terra da decenni, cercando di guadagnarsi da vivere. Alcune comunità delle Colline a Sud di Hebron stanno davvero facendo fiorire il deserto. Lavorano, cercando di guadagnarsi da vivere con l’agricoltura, in condizioni ambientali molto difficili. E Israele li priva sistematicamente di tutto. Non solo di tutto ciò che viene distrutto, ma anche, ad esempio, dell’acqua corrente, dell’allacciamento alla rete elettrica e dei servizi di base.

Inoltre, a dire il vero, tutto ciò che ho descritto, tutti questi vari meccanismi che lo Stato ha utilizzato, sono supportati da tribunali israeliani e dal sistema legale israeliano. Non si tratta di un fenomeno casuale che si verifica solo in una singola comunità sfortunata e lontana dagli occhi dello Stato. Al contrario, questo fa parte di un progetto statale israeliano in corso che cerca di spingere via, di ripulire, il maggior numero di palestinesi dall’Area C, utilizzando tutti i meccanismi statali disponibili per raggiungere questo obiettivo. Non si concedono permessi di costruzione ai palestinesi. E si dovrebbe pensare ciò che ora sta facendo notizia – la violenza dei coloni – come uno di quegli strumenti che sono stati utilizzati dallo Stato quando altri strumenti, sempre dal punto di vista di Israele, non si sono dimostrati abbastanza efficaci.

È stato riferito che l’esercito israeliano ha aiutato, o è rimasto a guardare, mentre questi coloni espellevano le comunità palestinesi. Quando leggiamo che i coloni stanno cacciando i palestinesi da un’area, cosa succede in pratica? Come funziona e qual è il ruolo specifico dello Stato?

Innanzitutto prova a immaginare una realtà in cui già da anni vivi in una situazione in cui non puoi ottenere un permesso di costruzione perché Israele non ne concede molti alle comunità palestinesi. Quindi sei sotto la costante minaccia di demolizione della casa, e a volte non solo la minaccia. A volte compaiono i bulldozer. Non ti è permesso avere acqua corrente o elettricità; forse hai elettricità da pannelli solari che ti sono stati donati da un’agenzia umanitaria europea. E anche quei pannelli solari a volte vengono confiscati dall’esercito con la scusa che non sono legali. A volte l’esercito viene a fare esercitazioni nel tuo campo. A volte i coloni si presentano e maltrattano alcune persone, le picchiano, le minacciano. A volte arrivano i soldati e fanno altrettanto.

Ci sono posti di blocco. Ci sono minacce. E tutto questo va avanti per anni. Eppure, in qualche modo, sei riuscito a rimanere sulla tua terra, a guadagnarti da vivere e a cercare di crescere una famiglia in queste condizioni. E questo di per sé è orribile, criminale e spaventoso, e accade anche in pieno giorno. Tutto ciò di cui sto parlando e descrivendo è stato documentato già da anni da organizzazioni per i diritti umani palestinesi, israeliane e internazionali. Ma Israele non ha mai ceduto e non si è mai fermato perché, come ho detto, è parte dell’obiettivo dello Stato raggiungere questo obiettivo. L’escalation delle ultime settimane ha visto ripetute segnalazioni di uomini mascherati che si presentano nel cuore della notte. Uomini armati e mascherati.

Forse sono coloni, forse sono soldati, forse sono un mix. E minacciano apertamente gli abitanti della comunità dicendo loro che hanno ventiquattr’ore per andarsene, e se non siete d’accordo vi spazzeremo via. Mi hai chiesto specificamente del coinvolgimento dei soldati, se qualcuno ora si scandalizza che i soldati israeliani siano coinvolti in questo. Avremmo dovuto scandalizzarci cinque anni fa. Avremmo dovuto scandalizzarci vent’anni fa. Perché il coinvolgimento dei soldati è stato documentato per anni, non solo con testimonianze orali ma anche con filmati.

Un gruppo di coloni armati arriva alla periferia di una comunità palestinese e la attacca. Con loro ci sono soldati che quasi sempre proteggono i coloni e a volte si uniscono a loro nell’attaccare i palestinesi. E naturalmente, se i palestinesi cercano di agire per autodifesa, questo sarà quasi sempre usato come scusa per definirli terroristi e per usare la forza letale contro di loro. Non si dice mai abbastanza quanto sia esposta la vita dei palestinesi in Cisgiordania in queste condizioni. Questa è la realtà che le comunità palestinesi di tutta la Cisgiordania devono affrontare continuamente.

Come valuti ciò che il governo israeliano sta facendo qui? Non intendo fare necessariamente una distinzione morale, ma sto solo cercando di capire come funziona. È il governo israeliano, l’esercito israeliano, a perseguire una politica attiva per aiutare i coloni a sradicare le comunità palestinesi? Oppure hai l’impressione che i soldati israeliani vogliano far giustizia da soli e che al governo israeliano vada bene che questo succeda?

Alcuni lettori potrebbero pensare che ci sia una distinzione tra i potenziali “cattivi coloni” e lo Stato israeliano. Se fosse così, la domanda sarebbe: fino a che punto lo Stato è efficace nel gestire questi “cattivi coloni”? Questo è un modo sbagliato di veder la cosa. Sradicare le comunità palestinesi da tutta la Cisgiordania non è un progetto dei coloni, quelli cattivi, quelli buoni o gli altri. È un progetto dello Stato. E questa politica è stata attuata in vari modi. Ci sono meccanismi legali che lo Stato ha utilizzato per sottrarre terre ai palestinesi e insediarvi invece comunità ebraiche. È una cosa cinica, davvero incredibile. Ma questo è il modo in cui le cose si sono svolte in Cisgiordania già da più di mezzo secolo. Ci sono annunci della creazione di nuove terre statali. Chi è lo Stato in Cisgiordania? È lo Stato israeliano. Quindi la terra annunciata come terra di Stato è terra pubblica e non può essere utilizzata a beneficio della popolazione palestinese. Viene utilizzata dallo Stato per lo scopo che vuole perseguire, cioè l’insediamento ebraico, giusto? Il regime rilascia permessi di costruzione per gli insediamenti ebraici ed emette ordini di demolizione per le comunità palestinesi.

Tutte queste cose che ho descritto sono meccanismi burocratici ufficiali sostenuti dai ministeri del governo, dall’esercito, dai tribunali israeliani, tutte entità che lavorano congiuntamente per raggiungere lo stesso obiettivo: cacciare i palestinesi, appropriarsi della loro terra. Quando questi meccanismi ufficiali falliscono e le comunità palestinesi mostrano perseveranza nel rimanere sulla terra, si verifica un altro meccanismo, quello che tende a fare più notizia. Può capitare allora di vedere un colono violento che dà fuoco a un campo palestinese o che usa armi fornite ai coloni dall’esercito.

Ma realizzare un ambiente coercitivo piuttosto che un trasferimento forzato è più vantaggioso per lo Stato israeliano. Tutti questi meccanismi noiosi, burocratici e complicati che ho descritto, intanto richiedono pazienza, perché rendono la vita delle persone un incubo per un lungo periodo di tempo. Ma il lato positivo è che forse dopo cinque anni, forse dopo dieci anni, i residenti si arrenderanno. E, se si arrendono, non ci si ritrova con filmati televisivi sensazionali che potrebbero creare allarme a livello internazionale.

Quello a cui stiamo assistendo dal 7 ottobre, dopo tutti questi anni di sofferenza e di violenza burocratica orchestrata, sono ora minacce dirette e azioni dirette contro queste comunità. Questo è un procedimento molto rapido, ma crea attriti a livello internazionale, e questo è l’equilibrio con cui Israele ha giocato, cercando di ottenere il maggior numero possibile di sfollati palestinesi pagando il minimo prezzo internazionale.

Nell’approccio del governo Netanyahu ai palestinesi prima del 7 ottobre mi sembrava che Gaza, almeno retoricamente, fosse ampiamente ignorata, ma che molti funzionari estremisti parlassero apertamente della necessità di espandere gli insediamenti in Cisgiordania. La situazione è cambiata? Quanto questo fatto che gli israeliani prendano più terra in Cisgiordania sta avvenendo alla luce del sole e quanto invece stanno approfittando silenziosamente di una situazione in cui l’attenzione di tutti è concentrata su Gaza?

Lo sfollamento dei palestinesi e la crescita degli insediamenti sono due processi che vanno di pari passo. Non si tratta di questo governo, non si tratta di Netanyahu o dei suoi ministri. Si tratta di un progetto israeliano che si è sviluppato sotto governi di sinistra, di destra e di centro. Ognuno di loro ha fatto esattamente questo dal 1967. Non siamo antistorici. Questa è una parte fondamentale per capire ciò che si sta svolgendo qui. Perché se si pensa che in qualche modo si tratti, come ho detto prima, di “coloni cattivi” o che si tratti in qualche modo di un individuo specifico che è stato Primo Ministro per molto tempo, allora ci sfugge il quadro generale.

Ho chiesto dell’attuale governo perché mi interessa sapere come ha gestito nei suoi discorsi quello che è successo in Cisgiordania nelle ultime tre settimane.

In Israele la copertura mediatica in lingua ebraica di questo tema è quasi nulla. Uno dei pochi organi di informazione che se ne occupa professionalmente è Haaretz. Quasi nessun altro ne parla. E nella misura in cui se ne parla in altri organi di informazione, è in un contesto molto specifico, non si parla della brutalità e degli sforzi disgustosi per cercare di approfittare della situazione attuale al fine di distruggere le comunità palestinesi. Se ne parla solo nel contesto di quello che viene percepito come l’interesse israeliano di cercare di limitare il conflitto militare a Gaza, in modo da non aprire un altro fronte in Cisgiordania. Così i commentatori in TV dicono: “Questo è un male per noi, perché se continua così forse rischiamo una rivolta dei palestinesi in Cisgiordania”. Il trasferimento forzato è un crimine di guerra, chiaro e semplice. È una brutalità contro civili innocenti che cercano di avere una vita nella loro terra. Non se ne parla in questo modo.

Mi rendo conto di ciò che dici. Ma abbiamo sentito ripetere più volte che questo è il governo più di destra nella storia di Israele. Nei primi nove mesi di esistenza di questo governo, prima dell’attuale guerra, la situazione in Cisgiordania era diversa?

Penso che sia indiscutibile che la situazione sta degenerando, assolutamente. Ma la situazione non era nuova. Questi processi che ho descritto si sono svolti già da anni e le differenze da un decennio all’altro, da un governo all’altro, hanno riguardato il ritmo, ma non la traiettoria complessiva. Persino i governi di destra, quando sentono le pressioni internazionali, fanno un passo indietro per un mese o due, finché l’attenzione non si sposta altrove.

Poi riprendono il ritmo. In questo senso, si va sempre nella stessa direzione. È così che Israele è riuscito a portare più di 250 insediamenti e più di 750 coloni in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est. Un passo alla volta, cercando sempre di volare al di sotto del livello di indignazione internazionale che potrebbe scatenare una vera reazione. Pensate a un momento memorabile di questo governo, il pogrom dei coloni israeliani a Huwara. Molte decine di coloni sono stati coinvolti nel pogrom. Ciò ha suscitato grande indignazione a causa della dichiarazione di Bezalel Smotrich, il ministro delle Finanze, che ha parlato di spazzare via Huwara e così via. Si è trattato di un pogrom su larga scala. Non direi che non sia mai successo prima, ma non era un evento frequente. Quindi è stato sicuramente un momento di escalation sotto questo governo.

Come mai così tanti coloni hanno pensato di poter partecipare a questo pogrom e di farla franca? Che non ci sarebbero state conseguenze? Hanno goduto di questo tipo di impunità per decenni. Non solo negli ultimi mesi, ma anche sotto i governi precedenti che erano più digeribili a livello internazionale.

Cosa succede a queste comunità palestinesi che vengono cacciate dalla loro terra? Esiste qualche tipo di infrastruttura per aiutarli? Qual è il viaggio tipico di una famiglia palestinese costretta a trasferirsi?

Ci sono agenzie internazionali, che ovviamente stanno facendo del loro meglio, ma ciò che non avviene è la ricostruzione di queste comunità sulla loro terra. La gente è in genere costretta a trasferirsi in altri villaggi, in altre comunità palestinesi, esattamente come desiderano gli israeliani. E ai palestinesi verrà detto apertamente dai funzionari israeliani e dai coloni, che il loro futuro è nell’Area A, non nell’Area C. L’Area A è il 20% della Cisgiordania, i grandi centri abitati palestinesi.

Quindi l’obiettivo sembra essere quello di assicurare che sempre più persone dall’Area C si trasferiscano nell’Area A, in modo che le comunità palestinesi in Cisgiordania siano concentrate in diverse grandi aree più densamente popolate?

Sì. E si può pensare a questo processo come alla “Gazaificazione” della Cisgiordania. Un passo alla volta, Israele sta spingendo i palestinesi in quella direzione. Ci sarà una serie di bantustan palestinesi, in stile Gaza, in tutta la Cisgiordania. Ognuna di queste enclave palestinesi è già circondata e lo sarà ancora di più per un mix di misure: infrastrutture israeliane come strade o basi militari o muri o recinzioni o insediamenti e così via. E se si visita una qualsiasi delle grandi città palestinesi come Hebron, Jenin o Ramallah, si può vedere che questo processo si sta gradualmente realizzando.

https://www.newyorker.com/news/q-and-a/the-gaza-ification-of-the-west-bank

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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