La Società per gli studi sul Medio Oriente (SeSaMO) esprime preoccupazione per le limitazioni al discorso sulla Palestina in ambito accademico

3 Novembre 2023

Dichiarazione pubblica della Società per gli studi sul Medio Oriente (SeSaMO) e del suo Comitato per la libertà accademica sulle crescenti violazioni della libera espressione di opinioni e di ricerca

Manifestazione per la Palestina all’Università di Harvard. 14 ottobre 2023. REUTERS/Brian Snyder

Il Comitato per la libertà accademica della Società per gli studi sul Medio Oriente (SeSaMO) e la Società tutta esprimono enorme sgomento per gli eventi in corso in Palestina/Israele e fortemente e irrevocabilmente condannano antisemitismo, islamofobia e ogni giustificazione della violenza contro popolazioni civili inermi. Sin dalla sua nascita nel 1995, SeSaMO si adopera affinché le condizioni necessarie alla conduzione di una ricerca rigorosa e libera siano garantite. Per questa ragione, registriamo e denunciamo con forza un crescente numero di casi di censura e indebita pressione su docenti, ricercatrici, ricercatori, studentesse e studenti che si stanno verificando in diverse parti del mondo. Con profonda preoccupazione osserviamo che analisi empiricamente rigorose ma critiche della condotta del governo israeliano – basate su fonti solide quali le relazioni di quattro Inviati Speciali dell’ONU sulla condizione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati nonché di organizzazioni quali Human Rights Watch, Amnesty International o B’Tselem, che da decenni si occupano di diritti umani in Israele/Palestina – vengono spesso censurate, represse, o accusate di costituire sostegno al terrorismo.

Si tratta di distorsioni non giustificabili che impediscono di esercitare il nostro diritto/dovere di condurre ricerca e che minano la credibilità professionale e intellettuale di colleghe e colleghi in diverse parti del mondo che agiscono secondo la deontologia professionale e in maniera indipendente e rigorosa.

In Israele, è il caso di Nadera Shalhoub-Kevorkian (Università ebraica di Gerusalemme), di cui sono state chieste le dimissioni per aver firmato una petizione di docenti specializzati negli studi sull’infanzia che chiedeva un’immediata cessazione delle ostilità a Gaza; di Uri Horesh (Achva Academic College), che è stato sospeso per aver espresso solidarietà alla popolazione palestinese e per questo accusato di sostenere Hamas; di Varda Saada (Kay College of Education), licenziata per essersi espressa sui social media a favore della pace e contro l’occupazione; nonché di Nurit Peled Elhanan (David Yellin Academic College for Education), sospesa per aver criticato l’associazione tra Hamas e il nazismo in una conversazione privata su WhatsApp, e per questo accusata di giustificare le azioni di Hamas. Denunciamo anche la preoccupante criminalizzazione di oltre 70 studenti palestinesi con cittadinanza israeliana puniti con varie misure disciplinari per aver espresso solidarietà alla popolazione civile di Gaza o per aver condiviso versetti del Corano sui social media. Ci uniamo alla Società britannica per gli studi sul Medio Oriente (BRISMES) che il 24 ottobre ha indirizzato una lettera aperta ai rettori delle università israeliane esprimendo profonda preoccupazione per il crescente numero di casi di sospensione, espulsione o indagini nei confronti di palestinesi con cittadinanza israeliana che studiano o lavorano in atenei israeliani.

Nei Territori Palestinesi Occupati, le incursioni dell’esercito israeliano contro le università palestinesi, accusate dalle forze di difesa israeliane di essere centri di reclutamento per differenti organizzazioni militanti, sono ricorrenti, come segnalava già quattro anni fa il sito israeliano di informazione +972. Il 9 ottobre scorso, gli edifici e le strutture di due università di Gaza, considerate vicine a Hamas per via del loro orientamento religioso, sono state oggetto, insieme alle aree civili circostanti, di pesanti bombardamenti. Apprendiamo in queste ore da colleghi a Gaza che nei giorni scorsi il co-fondatore del Dipartimento di inglese dell’Università di Al-Aqsa, Adbul Rahmand Elhour, è rimasto vittima con la sua famiglia dei bombardamenti israeliani. In Cisgiordania, il sistema universitario è stato costretto ad adottare la didattica a distanza e, negli ultimi giorni, ogni attività accademica è stata sostanzialmente congelata a causa dei blocchi alla libertà di movimento imposti alla popolazione palestinese.

Gli attacchi alla libertà personale di espressione e di ricerca giungono anche da esponenti politici, e costituiscono una pericolosa interferenza e contribuiscono a generare un preoccupante clima di intimidazione per la comunità accademica che, per sua missione fondativa, punta a una comprensione critica e ad una discussione aperta dei fenomeni storici, politici, culturali e sociali. Gli episodi sono stati numerosi nelle ultime settimane. A titolo esemplificativo delle modalità e delle accuse mosse a colleghe e colleghi ne riportiamo solo alcuni di seguito. In Gran Bretagna, la Segretaria di Stato per la scienza, l’innovazione e la tecnologia, Michelle Donelan, ha recentemente inviato una lettera alla presidente dell’agenzia governativa UK Research and Innovation (UKRI) definendo due membri dell’esecutivo “estremisti” e “sostenitori di Hamas” a causa della solidarietà espressa verso la popolazione palestinese. Negli Stati Uniti, la governatrice dello stato dell’Arkansas si è schierata a fianco dell’Università e della sua prassi di richiedere agli invitati esterni un impegno a non aderire alla campagna nonviolenta di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS). In Italia, quando alcuni collettivi studenteschi sono stati accusati di sostenere Hamas laddove invece esprimevano sostegno alla popolazione civile palestinese, il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha dichiarato che “queste persone devono essere perseguite dalla Procura della Repubblica e spero finiscano in prigione”. Questo Comitato riceve inoltre segnalazioni di pressioni indirette, indagini e interventi delle forze dell’ordine nei confronti di assemblee, seminari ed eventi su argomenti legati a Israele e Palestina organizzati all’interno di spazi universitari. Il clima generale che ne risulta, nel contesto dei molti articoli a mezzo stampa in cui la solidarietà verso la popolazione palestinese viene stigmatizzata come condotta “pro-Hamas” o “anti-semita”, è intimidatorio.

Sottolineiamo con forza che i princìpi della libertà accademica e di ricerca, e della libertà di espressione garantiti dalla Costituzione, dalla legge e dai trattati internazionali a partire dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani vanno protetti con ancora maggior vigore nei momenti più delicati e difficili, anche e soprattutto includendo il diritto di esprimere punti di vista minoritari.

Nel ribadire l’estrema complessità della fase che stiamo vivendo e del senso di responsabilità che essa dovrebbe suscitare, il Comitato chiede che gli organi di governo, il Ministero dell’Università e della Ricerca e le istituzioni universitarie italiane garantiscano il diritto a un confronto aperto e civile, che dibatta e informi circa le complesse vicende in corso alla luce del loro contesto storico e politico, garantendo spazi liberi da manipolazioni, censure o interferenze esterne.

http://www.sesamoitalia.it/2023/11/

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