di Mustafa Fetouri,
Middle East Monitor, 5 ottobre 2023.
Le zone di tiro israeliane sono solitamente aree militari chiuse, riservate esclusivamente a scopi di addestramento militare. Sono sparse in tutta la Cisgiordania occupata e comprendono molti piccoli e sparsi villaggi palestinesi di comunità per lo più beduine.
L’idea di creare delle “zone di tiro” fu di Ariel Sharon quando era ministro dell’Agricoltura nel 1979. Nonostante le avesse designate come zone di tiro, Sharon, essenzialmente un militare, aveva in mente un altro scopo devastante.
In un documento recentemente declassificato (in ebraico), Sharon dichiarava, durante un incontro segreto con la Divisione Insediamenti dell’Organizzazione Sionista Mondiale, di volere che tali zone “fornissero un’opportunità per gli insediamenti ebraici nell’area”. Spiegava la sua intenzione di creare le zone dicendo che “le zone di tiro sono state create per uno scopo: essere riserve di terra per gli insediamenti”. In altre parole, per aiutare i coloni ad accaparrarsi altra terra palestinese.
Le zone di tiro non sono la stessa cosa delle “aree militari chiuse” annunciate regolarmente dall’esercito israeliano. Le aree militari chiuse sono solitamente temporanee, di estensione limitata e destinate a un determinato scopo. Di solito, la loro designazione come aree chiuse viene revocata una volta raggiunto lo scopo alla base della creazione. Ad esempio, quando l’esercito e le forze di sicurezza israeliane assediano una qualsiasi città, paese o villaggio palestinese alla ricerca di combattenti della resistenza o per uccidere o arrestare un individuo, designano tale area come “area militare chiusa”. Una volta raggiunto lo scopo, la designazione viene revocata.
Le zone di tiro, invece, tendono ad essere permanenti o a rimanere tali più a lungo. Tutti i civili – e sono migliaia – che vivono in queste zone o nelle loro vicinanze diventano meno sicuri e rischiano l’espulsione e la demolizione delle loro abitazioni. Israele di solito giustifica queste misure con la definizione di “costruzione senza permesso” o perché l’edificio si trova in una “zona militare”, ma di solito evita di usare l’etichetta “zona di tiro”.
La Zona di tiro 918, dichiarata negli anni ’80, è un buon esempio. Essa comprende un’ampia porzione di territorio nella regione a Sud di Hebron, che circonda in particolare l’area di Masafer Yatta. Migliaia di beduini palestinesi che vivono nell’area rischiano l’espulsione. Il loro caso si è arenato nei tribunali negli ultimi 40 anni. Quando ha raggiunto l’Alta Corte dell’occupazione israeliana, nel maggio 2022, il tribunale ha semplicemente respinto tutte le petizioni dei residenti, confermando l’iniziale espulsione di migliaia di loro. Nella motivazione della sentenza, il tribunale ha affermato che quei palestinesi non vivevano nell’area prima che fosse designata come zona di tiro. Tuttavia, le fonti storiche israeliane dimostrano che i palestinesi si trovavano lì almeno dalla fine del XIX secolo, molto prima dell’esistenza di Israele.
Secondo il diritto internazionale, le zone di tiro sono illegali in quanto si trovano in terra occupata. Secondo il rapporto 2022 delle Nazioni Unite, le zone di tiro occupano il 18% del territorio della Cisgiordania, che corrisponde all’incirca, come estensione, all’area totale sotto il controllo dell’Autorità Palestinese in base agli accordi di Oslo (circa il 17,7% dell’area della Cisgiordania dovrebbe essere controllata dall’AP) quando, in realtà, l’AP gode solo di un’autorità limitata e occasionale su quest’area ed è sempre soggetta alle incursioni delle forze israeliane. Inoltre, come previsto dagli accordi di Oslo, circa il 30% dell’area C della Cisgiordania è stato designato come zona di tiro. L’area C è completamente controllata da Israele e dovrebbe essere trasferita al pieno controllo dell’AP dopo i negoziati sullo status finale, che finora non hanno mai avuto luogo. L’area C rappresenta circa il 60% dell’intera Cisgiordania occupata.
Lo stesso rapporto delle Nazioni Unite stima che quasi 5.000 civili palestinesi in 38 comunità sono sparsi all’interno di queste zone di tiro. Il rapporto afferma che solo il 20% delle zone di tiro designate viene utilizzato attivamente per scopi di addestramento militare, mentre il resto è per lo più inattivo. Intorno a queste aree, i coloni, sotto la protezione dell’esercito israeliano, di solito erigono i loro avamposti coloniali su terreni palestinesi e successivamente li espandono in veri e propri insediamenti.
Le zone di tiro sono chiuse al pubblico e l’esercito israeliano le utilizza ogni volta che vuole senza alcun preavviso, mettendo così in pericolo la vita della popolazione civile che vive all’interno o nei dintorni di queste aree, portando infine al loro obbligato trasloco. Esse rappresentano gravi pericoli, tra cui: sfollamento, danni alle proprietà, rischi per la sicurezza e restrizioni di accesso.
Lo scorso marzo, Cassandra Dixon, un’attivista pacifista di 64 anni del Wisconsin, negli Stati Uniti, si è unita ad altri manifestanti nel tentativo di impedire l’espulsione dei residenti del villaggio di Tuba. Tuba è uno dei 15 villaggi che compongono Masafer Yatta.
Nonostante la sua età e nonostante che stesse protestando pacificamente, è stata aggredita da un colono che l’ha colpita sulla testa con quello che lei ha descritto come un “grosso bastone”, causandole una frattura al cranio e un’emorragia nel “cervello”, come ha detto lei.
Essendo cittadina statunitense, è riuscita ad andare in tribunale con l’aiuto del Dipartimento di Stato americano. Grazie alle pressioni esercitate da un senatore statunitense, le autorità israeliane hanno arrestato il colono e il caso è stato portato in tribunale.
La signora Dixon, in un messaggio di posta elettronica, mi ha scritto: “Il tribunale ha fissato un’altra udienza per il 2 novembre”. In una precedente seduta, il 6 settembre, ha detto che l’intero procedimento si è svolto “in ebraico”, senza interprete. Lei non capisce quella lingua. Come se non bastasse, il giudice che presiedeva il processo ha ordinato all’avvocato per i diritti umani che l’accompagnava di uscire dall’aula, lasciandola sola.
Il colono aggressore, di nome Dovid Weinstock, è stato rilasciato e messo agli arresti domiciliari, in attesa della sentenza del tribunale.
La signora Dixon mi ha detto che è decisa a tornare durante la raccolta delle olive del prossimo anno per contribuire a evitare che il villaggio venga “sequestrato” da Israele. Nel frattempo, mentre è in Wisconsin, insieme a un gruppo di abitanti del luogo, sta sponsorizzando la posa di nuovi alberi di ulivo per “sostituire” quelli distrutti dai coloni.
La signora Dixon è riuscita ad arrivare in tribunale perché cittadina statunitense. Immaginate come vadano le cose per i palestinesi, che Israele non riconosce come cittadini del proprio Stato o di altri Stati, compresa la Palestina, e come le loro sofferenze siano semplicemente ignorate da Israele e dalla sua magistratura.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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2 commenti su “Cos’è la “Zona di tiro 918” e come Israele la usa per accaparrarsi altra terra palestinese”