L’impegno saudita per la statualità palestinese non è chiaro dopo l’intervista al principe ereditario Mohammed bin Salman

di Rayhan Uddin,

Middle East Eye, 22 settembre 2023.  

La mancata menzione di concessioni specifiche da parte di Mohammed bin Salman rispetto all’accordo di normalizzazione con Israele suscita sospetto nei palestinesi.

Il seggio di Israele alla 45a sessione allargata del Comitato del Patrimonio Mondiale dell’Unesco a Riyadh, l’11 settembre 2023 (AFP)

L’Arabia Saudita ha a lungo sostenuto che non avrebbe ripristinato i legami con Israele finché i palestinesi non avessero ottenuto un proprio stato, ma questa settimana la sua posizione sembra essere diventata meno chiara.

Il principe ereditario Mohammed bin Salman ha rilasciato mercoledì la sua prima ampia intervista in lingua inglese a Fox News e ha parlato a lungo dei negoziati sauditi con Israele per un accordo di normalizzazione.

Ma durante la discussione non è stato fatto alcun accenno alla creazione di uno stato palestinese, ai diritti civili e umani o ad altri aspetti specifici riguardanti i palestinesi.

“Per noi la questione palestinese è molto importante. Dobbiamo risolvere questo aspetto della situazione”, ha dichiarato il leader de facto dell’Arabia Saudita a Fox News. “Speriamo che si arrivi a un punto di accordo, che si faciliti la vita dei palestinesi e che Israele torni a essere un attore del Medio Oriente”.

Alla domanda su che tipo di cose vorrebbe vedere realizzate per i palestinesi, non si è pronunciato.

“Questo fa parte dei negoziati”, ha risposto. “Voglio che i palestinesi vivano davvero bene”, ha aggiunto vagamente, senza approfondire.

Pur non indicando quali sarebbero le concessioni di Riyadh, ha definito il potenziale accordo di normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita “il più grande accordo storico dalla fine della Guerra Fredda”.

Per alcuni analisti palestinesi, questi commenti sono stati significativi soprattutto per ciò che è stato omesso.

“L’intervista di Bin Salman a Fox News [è stata] molto inquietante”, ha dichiarato a Middle East Eye Hani al-Masri, direttore generale di Masarat, il Centro Palestinese di Ricerca Politica e Studi Strategici.

“Non ha detto una parola sull’iniziativa di pace, sulla fine dell’occupazione, sullo Stato palestinese, sul diritto all’autodeterminazione e sul diritto al ritorno dei rifugiati.”

“Ciò significa che non vuole impegnarsi in nulla, e questo riflette una grande volontà di estrema flessibilità per una contrattazione illegale”.

La causa palestinese “foglia di fico per gli autocrati”.

Dal 2002, l’Arabia Saudita si è trattenuta dal normalizzare i legami con Israele, rispettando il Piano di Pace Arabo, che chiede uno Stato palestinese indipendente nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza, con Gerusalemme Est come capitale.

Negli ultimi mesi, però, Washington ha coordinato gli sforzi per trovare un accordo tra il regno del Golfo e Israele.

In cambio della normalizzazione dei rapporti, l’Arabia Saudita avrebbe chiesto agli Stati Uniti garanzie di sicurezza, aiuto nello sviluppo di un programma nucleare civile e minori restrizioni sulla vendita di armi da parte degli USA.

Le sue condizioni sui diritti dei palestinesi sono molto meno pronunciate.

“Di solito, il negoziatore avanza… il massimo delle richieste e cambia la sua posizione se la controparte offre [qualcosa] per cui valga la pena negoziare”, ha detto Masri.

“Tuttavia, iniziare con richieste molto basse porterà a fare rilevanti concessioni senza alcun ritorno significativo da parte dello stato occupante”.

Masri ha citato i membri del governo Netanyahu che rifiutano qualsiasi seria concessione, compresa quella di congelare la costruzione di insediamenti illegali sulla terra palestinese occupata, per dimostrare quanto basse siano le concessioni di cui si parla.

“La causa palestinese è sempre stata una foglia di fico per gli autocrati arabi”, ha twittato Marwa Fatafta, analista politica palestinese. “A Mohamemd bin Salman non importa nulla dei palestinesi o delle nostre vite. Sta aspettando che il momento sia maturo per concludere l’accordo di normalizzazione con Israele”.

Gli accordi di Abramo non sono riusciti a “risolvere la questione palestinese”.

Giovedì il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha dichiarato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che non ci sarà pace nella regione senza i pieni diritti e uno Stato palestinese.

“Chi pensa che la pace possa prevalere in Medio Oriente senza che il popolo palestinese goda dei suoi pieni diritti nazionali legittimi si sbaglia”, ha detto, riferendosi agli accordi di normalizzazione.

Nel 2020, Israele ha stabilito relazioni diplomatiche con gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein, il Marocco e il Sudan nell’ambito dei cosiddetti Accordi di Abramo, mediati dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Sebbene molti osservatori abbiano affermato che la questione palestinese non fosse un elemento centrale per la normalizzazione, gli Emirati Arabi Uniti hanno comunque pubblicizzato l’instaurazione di legami con Israele nel contesto del conflitto con la Palestina.

Yousef Al Otaiba, ambasciatore degli Emirati Arabi negli Stati Uniti, ha affermato all’epoca che i palestinesi dovrebbero essere grati per l’accordo di normalizzazione con Israele, sostenendo che l’accordo avrebbe impedito l’annessione su larga scala della Cisgiordania – nonostante i funzionari israeliani avessero dichiarato di essere ancora impegnati in tale azione.

A distanza di tre anni, la posizione degli Emirati circa l’impatto della normalizzazione sui palestinesi sembra essersi raffreddata.

Alla domanda di questa settimana, a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, se gli accordi fossero destinati a “risolvere la questione palestinese”, il consigliere per gli affari esteri degli Emirati Arabi Uniti Anwar Gargash ha risposto che non lo erano.

Ha invece affermato che i palestinesi hanno ricevuto un assegno in bianco dai Paesi Arabi, ma “non hanno fatto nulla” con tale sostegno.

Da quando sono stati firmati questi accordi di normalizzazione, tuttavia, la situazione per molti palestinesi è peggiorata.

Quest’anno si preannuncia come uno dei più sanguinosi nella Cisgiordania occupata: almeno 222 palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane quest’anno, tra cui 38 minori, secondo un conteggio di Middle East Eye.

“I palestinesi e gli arabi possono ancora fare qualcosa per impedire la normalizzazione saudita”, ha dichiarato Masri. “Il primo passo è non essere disposti a parteciparvi o a coprirla”.

Ha aggiunto che l’estremismo della destra all’interno della coalizione di governo israeliana “offre un’opportunità d’oro per impedire qualsiasi normalizzazione con questo Paese”.

https://www.middleeasteye.net/news/saudi-arabia-palestine-statehood-unclear-crown-prince-interview

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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