Assetati: La politica israeliana di privazione dell’acqua in Cisgiordania

Mag 5, 2023 | Notizie

di Eyal Hareuveni,

B’Tselem, 4 maggio 2023. 

Serbatoi d’acqua sui tetti degli edifici residenziali nella città di Nablus. Foto di Salma a-Deb’i, B’Tselem, 19 aprile 2023

L’acqua non è un lusso. Senza di essa, non c’è vita. Questo fatto non impedisce a Israele di utilizzare questa risorsa essenziale per rafforzare il suo controllo sulla Cisgiordania e portare avanti i principi del regime di apartheid: rafforzare e radicare la supremazia ebraica in tutta l’area tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo.

Israeliani e palestinesi vivono in un’area arida e secca, dove gli effetti del cambiamento climatico si fanno già sentire. Tuttavia, non c’è carenza d’acqua tra il Mar Mediterraneo e il fiume Giordano. Una pianificazione intelligente e a lungo termine da parte delle autorità israeliane, che include l’uso di impianti di desalinizzazione e di acqua recuperata per l’agricoltura, garantisce agli israeliani l’accesso a un’abbondante fornitura di acqua. Il risultato è che per gli israeliani – su entrambi i lati della Linea Verde – sarebbe inconcepibile vivere senza avere accesso all’acqua corrente a volontà ogni giorno dell’anno.

I palestinesi che vivono in Cisgiordania, tuttavia, non beneficiano di questa abbondanza e soffrono invece di una carenza idrica cronica. Nella maggior parte delle città palestinesi, l’acqua viene fornita ai residenti solo per pochi giorni alla volta, una volta alla settimana o una volta al mese. Solo poco più di un terzo dei residenti palestinesi della Cisgiordania ha accesso all’acqua corrente quotidianamente, mentre molte comunità di pastori non sono collegate alla rete idrica e si affidano all’acqua acquistata a caro prezzo dai venditori.

Questa disuguaglianza nell’accesso porta a sconcertanti disparità nel consumo di acqua tra israeliani (su entrambi i lati della Linea Verde) e palestinesi in Cisgiordania. Gli israeliani consumano tre volte più acqua dei palestinesi, con una media di 247 litri per persona al giorno, rispetto al consumo medio dei palestinesi di 82,4 litri per persona al giorno, che è inferiore al minimo raccomandato dall’OMS di 100 litri al giorno. Nelle comunità palestinesi non collegate alla rete idrica, il consumo medio di acqua è ancora più basso: 26 litri a persona al giorno, una cifra simile alle medie di consumo nelle zone disastrate. Nel 2020, il consumo totale di acqua da parte degli israeliani era dieci volte superiore a quello dei palestinesi della Cisgiordania, sebbene la popolazione israeliana sia solo tre volte più grande.

Israele, da parte sua, finge di essere innocente, e giustifica le sue politiche idriche sostenendo che sta rispettando l’accordo firmato con l’OLP quasi 30 anni fa. Ma questo accordo, che in ogni caso doveva rimanere in vigore solo per cinque anni, era intrinsecamente discriminatorio nei confronti dei palestinesi, in quanto sanciva il principio che gli israeliani hanno accesso all’acqua quando vogliono, mentre i palestinesi ricevono l’acqua in base ad assegnazioni predeterminate. Le assegnazioni di acqua erano tristemente inadeguate già al momento della firma degli accordi e, sebbene la popolazione palestinese sia cresciuta da allora di circa il 75%, le quantità di acqua che Israele permette ai Palestinesi di pompare rimangono le stesse.

Ancora più importante, l’accordo non prevedeva la trasformazione di Israele in una superpotenza idrica, non più dipendente dalle risorse idriche naturali che condivide con i palestinesi. Dato questo sviluppo, Israele potrebbe permettere ai Palestinesi di pompare quantità d’acqua molto più grandi, senza avere alcun impatto sul copioso consumo d’acqua dei suoi cittadini.

Un nuovo rapporto di B’Tselem, Parched, mostra che la situazione idrica dei Palestinesi non è il risultato del destino o di un disastro naturale irrisolvibile, ma il risultato della politica discriminatoria di Israele che crea deliberatamente una crisi idrica cronica e artificiale per milioni di persone. Contrariamente ai principi fondamentali di equità e moralità, Israele utilizza l’acqua per perseguire obiettivi politici, scegliendo consapevolmente di attuare una politica di privazione che include non solo restrizioni draconiane sul pompaggio dell’acqua, ma anche la distruzione delle cisterne e la confisca delle autocisterne che trasportano l’acqua alle comunità più remote, che sono tra le più povere della Cisgiordania.

Eyal Hareuveni, Ricercatore di B’Tselem

https://mail.google.com/mail/u/0/#inbox/WhctKKXwvqXQzgXdlTxqjxHTMgwMGpLHVxpnRDdDHZPZDDJFWXwmHnspVxkHhFCHBXwtTqQ

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

.

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Archivi

Fai una donazione

Fai una donazione tramite Paypal alla nostra associazione:

Fai una donazione ad Asso Pace Palestina

Oppure versate il vostro contributo ad
AssoPace Palestina
Banca BPER Banca S.p.A
IBAN: IT 93M0538774610000035162686

il 5X1000 ad Assopace Palestina

Il prossimo viaggio