‘I palestinesi non esistono’: Il bigottismo ignorante dei propagandisti pro-Israele

di Seraj Assi e Zachary Foster,

Haaretz, 21 marzo 2023. 

I politici israeliani come il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich continuano a negare l’esistenza di un popolo palestinese, ma i dati storici parlano da soli. Smotrich e i conservatori statunitensi pro-Israele dovrebbero ascoltarli.

Un manifestante alza una bandiera palestinese durante una protesta a Tel Aviv, a gennaio. Ohad Zwigenberg

Il Ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich ha tenuto un discorso a Parigi questa settimana, negando l’esistenza dei Palestinesi come popolo, e affermando: “Non esiste una nazione palestinese. Non esiste una storia palestinese. Non esiste una lingua palestinese”.

Smotrich ha parlato dietro a un leggio drappeggiato con un’immagine che mostrava una mappa di Israele che includeva la Cisgiordania occupata, Gaza e la Giordania. Non si può certo trascurare l’ironia del ministro ultranazionalista che ha sostenuto la nozione dei Palestinesi come popolo artificiale, mentre mostrava una mappa artificiale di Israele.

Smotrich non è stato il primo alto funzionario israeliano a negare l’esistenza del popolo palestinese. Stava chiaramente riecheggiando il famoso detto di Golda Meir: “I palestinesi non esistevano”, e le più recenti osservazioni della deputata del Likud Anat Berko, secondo la quale i palestinesi non esistono “perché non sanno pronunciare la lettera P“, un’affermazione che potrebbe essere un titolo di The Onion [sito satirico USA, NdT].

Negli ultimi anni, la negazione dell’esistenza nazionale dei palestinesi è diventata un popolare tropo bigotto tra i politici pro-Israele, anche in Occidente. I politici conservatori degli Stati Uniti hanno ripetutamente negato l’esistenza dei Palestinesi per opportunismo politico. Per Mike Huckabee: “I palestinesi non esistono proprio”. Per l’ex Presidente della Camera Newt Gingrich: “Non c’era una Palestina come Stato, penso che abbiamo avuto un popolo palestinese inventato”.

Ancora una volta, i palestinesi si trovano a dover difendere la loro stessa esistenza come popolo. Fortunatamente, i dati storici sono inequivocabili e parlano da soli: I palestinesi sono conosciuti come palestinesi fin dal XIX secolo.

L’edizione del 18 agosto 1931 del giornale Filastin. Falastin archive

I riferimenti ai palestinesi come popolo risalgono già agli anni ’70 del XIX secolo, quando i viaggiatori e i diplomatici americani ed europei in Palestina iniziarono a chiamare gli abitanti arabi della Palestina con il nome di “palestinesi”. Tra questi, il Console britannico a Gerusalemme, James Finn; il missionario protestante tedesco Ludwig Schneller; e la viaggiatrice irlandese-americana Adela E. Orpen, che chiamarono “palestinesi” tutti gli abitanti arabi musulmani o cristiani della Palestina.

Con lo scrittore palestinese Khalil Baydas (1874-1949), l’appellativo “palestinese” si sarebbe diffuso in arabo. Baydas è stato il primo arabo a usare il termine “palestinese” nel senso moderno e nazionale della parola. Nel 1898, pubblicò una traduzione in arabo di un popolare trattato russo, “Descrizione della Terra Santa”. Il suo scopo era evidentemente patriottico. “I libri di geografia arabi sull’argomento erano insufficienti”, scrisse nell’introduzione. “Il popolo della Palestina aveva bisogno di un libro di geografia sul suo Paese”. Il resto del libro è pieno di riferimenti ai palestinesi come popolo.

Nel 20° secolo, dopo che nel 1908 la Rivoluzione Costituzionale Ottomana aveva alleggerito le leggi sulla censura della stampa, apparvero decine di periodici in Palestina e, di conseguenza, il termine “palestinese” aumentò di popolarità. Tra il 1908 e il 1914, il termine appare circa 170 volte in più di 110 articoli in libri e giornali arabi.

Nel 1911, Isa al-Isa e Yusif al-Isa, cugini palestinesi di Giaffa, fondarono quello che sarebbe diventato il giornale più popolare in Palestina, per il quale scelsero il nome Filastin. In realtà, anni prima della fondazione di Filastin, molti altri palestinesi, tra cui Ilyas Bawwad a Safed e Yusuf Siddiqi a Hebron, avevano cercato di fondare un giornale chiamato Palestina, o Filastin, ma nessuno dei due tentativi si era concretizzato.

Un senso di identità palestinese stava crescendo in Palestina e oltre, e i palestinesi da Est a Ovest avrebbero rapidamente abbracciato questa identità. Tra il 1908 e il 1914, furono fondate numerose associazioni “palestinesi” a Chicago, Beirut e Istanbul.

L’occupazione britannica della Palestina durante la Prima Guerra Mondiale contribuì ad accelerare il ritmo di adozione dell’identità nazionale palestinese. Nel 1919, temendo l’ascesa del sionismo e dell’immigrazione ebraica in Palestina, si tenne a Gerusalemme il primo Congresso Arabo Palestinese. Il 3 settembre 1921, il giornale Filastin dichiarò: “Noi siamo prima palestinesi e poi arabi”.

L’identità palestinese si sarebbe presto diffusa nelle città e nei villaggi di tutta la Palestina. Nel 1925, l’importante educatore palestinese Khalil Sakakini viaggiò attraverso le zone rurali palestinesi come rappresentante della delegazione del Sesto Congresso Arabo Palestinese. In seguito fece questa riflessione: “La nazione palestinese stava vivendo una fase di luna di miele del nazionalismo.”

Sesto Congresso Nazionale Palestinese, Jaffa, ottobre 1925. Institute of Palestine Studies

Persino i leader sionisti furono costretti a riconoscere l’esistenza di un’identità nazionale palestinese. Nel 1923, Ze’ev Jabotinsky scrisse che “il popolo arabo della Palestina nel suo complesso non venderà mai quel fervente patriottismo che custodisce così gelosamente”. Nel 1929, David Ben-Gurion avvertì che un movimento nazionale arabo palestinese stava sorgendo.

Grazie alla Grande Rivolta Palestinese, che durò dal 1936 al 1939, alla fine degli anni ’30 il termine ‘palestinese’ era davvero ovunque nella stampa. Molti scrittori palestinesi, ad esempio, tenevano a sottolineare che le famiglie “non palestinesi”, in particolare i Sarsuq, avevano venduto “terra palestinese” ai sionisti. Gli scrittori arabi hanno anche invocato il termine per elogiare quei “palestinesi” che avevano svolto un ruolo chiave nel movimento letterario arabo prebellico, o coloro che si erano uniti alla Grande Rivolta Araba, guidata dall’Emiro Faysal I durante la Prima Guerra Mondiale.

Tutto questo dimostra che gli arabi della Palestina erano conosciuti come ‘palestinesi’ fin dal XIX secolo, e da allora si sono identificati come palestinesi.

Allora perché i propagandisti razzisti come Smotrich sentono costantemente l’esigenza di negare l’esistenza dei palestinesi? Perché la nozione stessa di popolo palestinese ricorda costantemente che l’impresa sionista è stata fondata sulla cancellazione dell’identità nazionale dei palestinesi. Ma la storia ci insegna che il popolo palestinese esisteva molto prima della creazione dello Stato di Israele e, anzi, anche prima del movimento sionista moderno.

Seraj Assi è l’autore di ‘Storia e politica dei beduini.’

Zachary Foster è uno storico della Palestina e creatore di Palestine Nexus. Twitter: @_ZachFoster

https://www.haaretz.com/israel-news/2023-03-21/ty-article-opinion/.premium/theres-no-such-thing-as-palestinians-the-ignorant-bigotry-of-pro-israel-propagandists/00000187-03b9-dde5-ab8f-23bd95600000

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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