I cittadini palestinesi vogliono un posto nelle proteste antigovernative di Israele?

Mar 20, 2023 | Notizie

Pur essendo pienamente consapevoli del pericolo che incombe, i palestinesi in Israele sono in conflitto su come rispondere a un movimento che ha nostalgia del sionismo di una volta.

di Samah Salaime,

+972 Magazine, 13 marzo 2023. 

Attivisti di sinistra protestano contro l’attacco dei coloni a Huwara. Haifa, 27 febbraio 2023. (Shir Torem/Flash90)

L’opinione pubblica araba palestinese in Israele ha provato sentimenti molto contrastanti e complessi riguardo alle proteste di massa contro i piani del governo di estrema destra di rivedere il sistema giudiziario. Da un lato, le centinaia di migliaia di ebrei israeliani che ogni settimana riempiono le piazze e le strade della città sono stati sorprendentemente persistenti, suscitando apprezzamento, riflessione e persino un po’ di gelosia.

D’altra parte, non è facile per i palestinesi assistere a quella che sembra una Marcia della Bandiera nazionalista che attraversa il Paese. È vero, questo movimento non è uguale alla marcia volgare e violenta che si svolge ogni anno nel Giorno di Gerusalemme e, fortunatamente, nessuno nelle attuali proteste sta ballando e cantando “che il tuo villaggio bruci” o “morte agli arabi”. Eppure, lo tsunami sionista che ha nostalgia dei giorni israeliani di un tempo rende estremamente difficile l’adesione dei cittadini palestinesi. Difficile, ma non impossibile.

Ogni cittadino palestinese è pienamente consapevole e terrorizzato dal pericolo molto reale rappresentato dalle “riforme giudiziarie” di questo governo fascista. Il fatto che non ci stiamo unendo alle proteste non riflette indifferenza o compiacenza da parte nostra. In realtà, gli attivisti e gli intellettuali palestinesi hanno avuto discussioni profonde e continue nelle loro reti sociali e nei media a proposito del movimento e su quale dovrebbe essere il nostro posto in esso. E le proteste di massa, nonostante la nostra assenza, ricevono la simpatia di gran parte della società araba.

Tuttavia, questo governo ci spaventa per ragioni che hanno poco a che fare con il sistema giudiziario, ma che non sono certo nella mente della maggior parte degli ebrei israeliani che scendono in piazza. Per prima cosa, la persona incaricata di gestire la preoccupazione più dolorosa dei cittadini palestinesi – la criminalità e la violenza delle armi – è il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir, secondo il quale infliggere ulteriori danni alla comunità araba è la più importante priorità. Dagli ordini di demolizione e dalle multe per le costruzioni illegali, all’incoraggiamento di milizie ebraiche armate nelle cosiddette città e regioni “miste”, il ministro ha dimostrato che sta preparando il Paese a una ripresa dei violenti eventi del maggio 2021. Il fetore di questo governo ostile incombe sulle nostre teste in ogni aspetto della nostra vita.

Questo non vuol dire che la lotta per il sistema giudiziario non sia importante; la probabile ondata di leggi discriminatorie e razziste che seguiranno alle “riforme”, privando i cittadini palestinesi di uno strumento legale per contestarle, è nella mente di molti. Eppure il sistema giudiziario israeliano non è mai stato buono per i palestinesi. Più volte, i tribunali hanno ceduto, se non promosso attivamente, i dettami della filosofia sionista in tutto ciò che tocca il cuore del conflitto.

La presidente della Corte Suprema Esther Hayut e altri giudici della Corte Suprema in una udienza a Gerusalemme, il 5 gennaio 2023. (Yonatan Sindel/Flash90)

In innumerevoli e contorte sentenze, la stessa Corte Suprema ha costantemente sancito la legittimità di calpestare i diritti umani dei palestinesi, soprattutto di quelli che vivono sotto occupazione, e ha confermato numerose leggi che colpiscono i palestinesi che vivono all’interno della Linea Verde. Alla luce di questa realtà, molti palestinesi considerano la lotta per il destino del sistema giudiziario come una lotta intrinsecamente inter-ebraica, con il movimento di opposizione che cerca semplicemente di mantenere l’idea fittizia che Israele sia uno Stato “ebraico e democratico”, una lotta in cui noi palestinesi non abbiamo alcun posto.

Tre campi

Alla luce di tutto ciò, tra i cittadini palestinesi sono emersi tre principali campi di pensiero su come rispondere alle proteste antigovernative. Il primo campo ritiene che l’attuale crisi politica contribuisca a mostrare il vero volto di Israele, che noi cittadini palestinesi conosciamo bene da 75 anni. Essi sostengono che questo momento rivelerà al mondo la brutta faccia della democrazia israeliana, indebolendo così la sua economia e il suo status in un mondo che ha a lungo ignorato l’occupazione e i suoi crimini. Questo, sperano, potrebbe essere un passo verso la scomparsa del sostegno internazionale al progetto sionista, mentre l’instabilità interna potrebbe portare al collasso dello Stato.

Molti palestinesi che criticano questo approccio, tuttavia, temono che, in assenza di un vero movimento che ci unisca e ci organizzi, saranno i palestinesi stessi a pagare il prezzo più alto di questa crisi. Mentre il governo fascista di Israele diventa sempre più aggressivo, i palestinesi probabilmente soffriranno ancora di più per le sfacciate invasioni dell’esercito come quelle a Nablus, Jenin e Gerusalemme, e per il rapido consolidamento da parte dello Stato di altri aspetti dell’occupazione a nostre spese. Inoltre, molti sono diventati cinici all’idea che il governo israeliano possa essere scoraggiato dalla gogna internazionale e da un movimento di boicottaggio rafforzato; al di là delle parole di condanna e di preoccupazione, con un linguaggio un po’ più tagliente che in passato, non dovremmo aspettarci alcun intervento reale da parte del mondo.

Un secondo campo è costituito da cittadini palestinesi che sono giunti alla conclusione che un’esistenza condivisa con gli ebrei israeliani è il nostro destino, anche se non completamente alle nostre condizioni. Dicono che siamo nati in questo Stato, con tutte le sue deviazioni e le distruzioni che ha portato su di noi come popolo, e che per ora, essendo questa l’entità che amministra le nostre vite, dobbiamo lavorare con quello che abbiamo.

Molte persone in questo campo credono che dobbiamo combattere per evitare che le cose peggiorino ulteriormente. Dopo tutto, la destra di coloni che guida questo governo non vuole la calma, vuole la guerra. Pur riconoscendo la natura profondamente problematica delle manifestazioni in corso, questi palestinesi credono che il razzismo del governo sia di gran lunga superiore a quello dei manifestanti. Pertanto, vedono che la cosa migliore sia cercare di ritagliarsi un posto nelle manifestazioni, sperando in qualche bandiera palestinese e in qualche oratore palestinese in più.

Manifestanti israeliani contro l’occupazione partecipano a proteste di massa contro il governo a Tel Aviv, 4 febbraio 2023. (Oren Ziv/Activestills)

Il terzo campo di cittadini palestinesi vede questo movimento come un fatto storico nel conflitto e, come la sinistra radicale israeliana, vuole approfittarne per parlare di tutto: del legame tra corruzione e insediamenti, tra dittatura e occupazione, tra la Legge sullo Stato-Nazione ebraico e altre leggi antidemocratiche, e così via. Questo gruppo vuole protestare a favore della democrazia per tutti, uno Stato non definito dal giudaismo o dal sionismo, ma uno Stato per tutti. E credono che questo sia il momento giusto, perché sempre più ebrei cominciano a capire il legame tra l’occupazione e la palese supremazia ebraica del governo.

Uno dei problemi maggiori per questo campo, tuttavia, è che la leadership palestinese all’interno di Israele è completamente neutralizzata e divisa, priva della capacità organizzativa di mobilitare la società e di creare una propria opposizione di massa contro il governo e i suoi apparati oppressivi. Questo campo vede la necessità di una nuova leadership coraggiosa, che organizzi un movimento di protesta parallelo e trovi il coraggio di unire le forze con i cittadini ebrei che capiscono chi sono i loro veri partner nella lotta per la democrazia e l’uguaglianza.

Samah Salaime è un’attivista e scrittrice palestinese femminista.

In collaborazione con LOCAL CALL

https://www.972mag.com/palestinian-citizens-anti-government-protests/?utm_source=972+Magazine+Newsletter&utm_campaign=36d6de50f0-EMAIL_CAMPAIGN_9_12_2022_11_20_COPY_01&utm_medium=email&utm_term=0_f1fe821d25-36d6de50f0-318855705

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

.

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Archivi

Fai una donazione

Fai una donazione tramite Paypal alla nostra associazione:

Fai una donazione ad Asso Pace Palestina

Oppure versate il vostro contributo ad
AssoPace Palestina
Banca BPER Banca S.p.A
IBAN: IT 93M0538774610000035162686

il 5X1000 ad Assopace Palestina

Il prossimo viaggio