L’incursione israeliana a Nablus dimostra che sempre più giovani palestinesi sono disposti a morire in una battaglia che non si può vincere

di Amira Hass,

Haaretz, 23 febbraio 2023. 

L’esercito israeliano fornisce un’immagine distorta di forze militari paritarie, mentre i palestinesi ritengono che i giovani combattenti stiano inviando un messaggio: la morte è preferibile a una vita in prigione o alla resa all’occupante.

Lo scontro tra un veicolo blindato israeliano e i palestinesi. Nablus, mercoledì 22 febbraio. Raneen Sawafta/Reuters

Nablus è ancora una volta sotto shock. Mercoledì pomeriggio questa città della Cisgiordania settentrionale ha seppellito 11 dei suoi figli, mentre altri 100 sono stati feriti, più della metà dei quali da colpi di arma da fuoco, mentre quattro sono ritenuti in condizioni critiche.

Saranno necessarie lunghe indagini da parte di giornalisti e investigatori sul campo per avere il quadro completo dell’incursione militare di Israele a Nablus mercoledì 22 febbraio in pieno giorno, con le strade piene di gente. Fino a quando queste indagini non saranno fatte –se saranno fatte– ciò che ricorderemo sono gli annunci immediati della polizia e dell’esercito di “massicce sparatorie” da parte di palestinesi armati e “scambi di fuoco”.

Ciò che risuona alle nostre orecchie sono le dichiarazioni delle autorità su come “importanti comandanti di questa o quella organizzazione sono stati uccisi” o anche “si sta esaminando la possibilità che i palestinesi morti siano stati colpiti dai terroristi” – come è stato affermato dopo l’uccisione della giornalista Shereen Abu Akleh e come è stato affermato a proposito di Majida Abid, uccisa dopo che l’esercito e la Polizia di Frontiera hanno fatto irruzione nel campo profughi di Jenin alla fine del mese scorso.

La giustificazione standard secondo la quale i morti avevano “pianificato attacchi con sparatorie” è sufficiente a impedire alla maggior parte degli israeliani di chiedersi se tali incursioni erano davvero necessarie. Dopo tutto, gli israeliani sono certi che le agenzie di intelligence come il servizio di sicurezza Shin Bet sanno tutto. Quello che non sanno è quali giovani palestinesi disperati, arrabbiati e non organizzati stiano pianificando una vendetta. Sanno solo che esistono.

Veicoli blindati israeliani a Nablus, mercoledì 22. Majdi Mohammed/AP

Come al solito, il rapporto ufficiale israeliano tralascia molti dettagli e crea un quadro distorto di forze militari equivalenti dalle due parti parlando di “combattimenti”: uno “scambio di fuoco” quasi simmetrico. In realtà, questi raid coinvolgono un’enorme forza militare israeliana, ma i soldati non possono essere visti perché si nascondono nelle loro postazioni di cecchini, mentre altri aspettano molto ben protetti all’interno dei loro veicoli.

Gli uomini armati palestinesi, invece, non hanno (e non possono avere) abbastanza tempo nemmeno per esercitarsi a sparare. Questa generazione TikTok non è brava a operare in clandestinità; sembra che non abbia molta familiarità con le tattiche di guerriglia. Per esempio, i residenti di Nablus hanno raccontato ad Haaretz che il 25 ottobre 2022, durante i funerali dei cinque palestinesi uccisi, gli uomini di Nablus hanno sparato più colpi in aria che durante l’incursione israeliana nella Città Vecchia.

Un uomo che ha visitato la prigione dell’Autorità Palestinese a Gerico –dove i membri della Tana del Leone sono stati imprigionati in detenzione preventiva (per evitare che fossero arrestati o uccisi da Israele)– ha detto ad Haaretz che alcuni membri del gruppo pensano che essere definiti “ricercati” non sia una motivazione così pesante. Sono cioè convinti che gli atti che Israele attribuisce loro avrebbero prodotto una condanna minore in un tribunale militare israeliano.

Uomini armati palestinesi a un funerale dopo gli scontri di mercoledì a Nablus. Majdi Mohammed/AP

Anche mercoledì i palestinesi hanno riferito che l’esercito ha impedito alle ambulanze e alle squadre di soccorso di raggiungere il luogo degli scontri a Nablus, sparando colpi di arma da fuoco o gas lacrimogeni, e hanno detto anche che i soldati hanno sparato verso i giornalisti. Questi spari di avvertimento contro le squadre di soccorso non sono una novità. La novità è che in concomitanza con l’incursione dell’esercito nel campo profughi di Jenin, il mese scorso, l’esercito ha informato in anticipo la Mezzaluna Rossa – tramite il comitato di coordinamento della sicurezza palestinese – che alle ambulanze non sarebbe stato permesso di avvicinarsi troppo alla scena.

Non sappiamo ancora se un annuncio simile sia stato dato mercoledì a Nablus. L’affermazione dell’esercito di aver chiesto solo di coordinare il movimento delle ambulanze è simile alla situazione di Gaza durante le guerre. Il coordinamento richiede così tanto tempo che i feriti possono morire nel frattempo.

È questo il significato delle istruzioni verbali ai palestinesi e degli spari contro le ambulanze senza preavviso? Che l’esercito considera ogni incursione come una situazione di guerra?

Secondo quanto riferito dai palestinesi, l’esercito ha usato i droni mercoledì. I droni per monitorare o sparare gas lacrimogeni sono diventati parte della realtà in Cisgiordania, non solo nella Striscia di Gaza. I palestinesi sanno che l’esercito ha anche droni che sparano proiettili, quindi durante ogni incursione la gente teme non solo i soldati invisibili che sparano, ma anche i possibili spari da oggetti volanti.

Le incursioni israeliane – da parte dell’esercito e della polizia – nelle città, nei paesi e nei campi profughi palestinesi sono una routine. Secondo lo schema abituale, le forze speciali, per lo più della polizia, si infiltrano sotto qualche forma di copertura prima dell’attacco vero e proprio.

Mercoledì, secondo i rapporti preliminari, sono stati utilizzati almeno due camion, camuffati in modo da sembrare appartenenti a un’azienda alimentare palestinese. Come al solito, sono stati riempiti di poliziotti in incognito che sono arrivati nella parte est della Città Vecchia. Dopo di loro, le odiatissime jeep blindate si sono riversate in città, e naturalmente sono state bersaglio di pietre e altri oggetti che i giovani hanno fatto piovere su di loro.

Non sappiamo ancora se le forze speciali si siano schierate in posizioni di tiro negli edifici della città e, in caso affermativo, in quali e quanti edifici.

Anche l’uso da parte dell’esercito e della polizia di veicoli che sembravano veicoli civili palestinesi non è una tattica nuova – e non smette di suscitare rabbia. È impossibile abituarsi. La gente dubita dell’identità dei conducenti di veicoli simili e si interroga sul modo in cui i camion apparentemente palestinesi hanno raggiunto le forze di polizia. La gente sa che in qualsiasi momento l’esercito potrebbe interrompere la loro routine quotidiana, un altro esempio della sfrenata arroganza della forza di occupazione e della sua capacità di umiliare e creare scompiglio.

Un soldato israeliano prende la mira a Hebron, in Cisgiordania, il mese scorso. Mussa Issa Qawasma/Reuters

Ciò che è diverso questa volta è la tempistica. Di solito, le incursioni per effettuare arresti – o uccisioni pianificate – di uomini armati palestinesi avvengono di notte o al mattino presto. È vero, l’incursione del 26 gennaio nel campo profughi di Jenin è iniziata intorno alle 7 del mattino. L’orario ha sorpreso i residenti, ma era abbastanza presto perché i civili rimanessero in casa e non si mettessero in pericolo mentre l’esercito circondava una casa.

A Nablus, invece, la popolazione si è resa conto intorno alle 9:30 che un attacco militare era in corso e non in un luogo dimenticato da Dio, ma vicino all’affollato centro commerciale. Questi fatti non possono essere sfuggiti ai comandanti che hanno ordinato la tempistica. Siamo ora testimoni di un nuovo modello: decine di migliaia di persone provocate in pieno giorno?

In un comunicato, la Tana del Leone ha affermato che sei degli 11 morti erano membri del gruppo o della Jihad islamica. Il gruppo ha inoltre espresso le proprie condoglianze alle famiglie dei quattro civili uccisi, tra cui un uomo di 72 anni e uno di 61, mentre un uomo di 66 anni è morto successivamente per i danni causati dai gas lacrimogeni.

I palestinesi, che hanno annunciato ancora una volta una giornata di lutto, descrivono l’incursione israeliana come un massacro, come avevano fatto per il precedente attacco a Jenin il mese scorso, quando furono uccisi 10 palestinesi.

Palestinesi a Jenin bruciano pneumatici dopo che l’esercito israeliano era entrato in città il mese scorso. Majdi Mohammed/AP

La definizione “massacro” è accurata se implica che l’esercito, quando vuole, sa come arrestare le persone senza ucciderle e senza uccidere civili disarmati e mettere a soqquadro un’intera città. Allo stesso tempo, questa definizione offusca un fatto importante. Un numero sempre maggiore di giovani palestinesi è disposto a farsi uccidere in una battaglia senza possibilità di vittoria, combattendo con soldati invisibili che hanno invaso la loro città. Oppure si rifiutano di lasciare l’edificio in cui sono assediati, con la chiara consapevolezza che sarà bombardato e crollerà sopra di loro.

L’opinione pubblica li vede come eroi coraggiosi perché rinunciano alla loro vita e inviano un messaggio collettivo: i militari invasori non sono degli invitati e la morte è preferibile a una vita in prigione o alla resa all’occupante.

Esiste un legame tra le sanguinose incursioni degli ultimi mesi a Jenin, Gerico e Nablus e il rovesciamento del sistema giudiziario da parte del governo Netanyahu?

C’è un collegamento tra l’incursione a Nablus di mercoledì, in pieno giorno, e l’indebolimento dello shekel a causa del colpo di stato del nuovo governo, che è determinato ad andare avanti nonostante tutto?

È possibile che chi mercoledì ha dato l’ordine all’esercito e alla polizia non sappia che un gran numero di morti palestinesi ci porta ancora più vicini a un altro spargimento di sangue?

Anche queste sono domande che non trovano risposta nei comunicati stampa dell’esercito.

https://www.haaretz.com/israel-news/2023-02-23/ty-article/.premium/israels-raid-on-nablus-proves-palestinians-willingness-to-die-in-an-unwinnable-battle/00000186-7e2f-d119-af8e-ffefa7a70000

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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