da AFP News Agency,
The National, 6 febbraio 2023.
Il proprietario Jamal Hammou, che ripara anche grammofoni, dice che la musica antica ricorda alla gente cosa significa essere arabi.
Dalla sgangherata bottega di Jamal Hemmou nella Città Vecchia di Nablus, nella Cisgiordania occupata, le canzoni arabe classiche risuonano nelle strade acciottolate circostanti.
Hemmou, 58 anni, è l’ultimo del suo genere in città: gestisce l’unico negozio di Nablus che ripara e vende dischi e lettori di vinile.
Come in gran parte del mondo, a Nablus è in gran voga la musica digitale, ma Hemmou ha detto che lavorare con il vinile significa preservare il patrimonio palestinese.
Alla fine della giornata passano regolarmente persone anziane che, “quando accendo il giradischi, si mettono a piangere”, racconta.
A 17 anni Hemmou ha imparato a riparare i giradischi, ascoltando mentre lavorava i grandi artisti arabi dell’epoca.
“Ho più esperienza di quanta ne hanno quelli con tanto di certificato”, scherza, aggiungendo di essere completamente autodidatta e di aver acquisito la passione per la musica da suo padre.
“Mio padre era un cantante, cantava perché amava quei vecchi cantanti… quasi tutti nella mia famiglia sono musicisti”, dice.
Dice che gli piace il libanese Fairouz e la superstar egiziana Abdel Halim Hafez, ma la sua preferita è Shadia, una diva egiziana che ha pubblicato una serie di successi tra gli anni Quaranta e gli anni Ottanta.
“Cantava con il cuore, cantava con emozione, raccontava una storia”, dice.
Nel suo laboratorio sono disseminati, in varie fasi di riparazione, giradischi degli anni Sessanta e Settanta. Ci sono anche diversi grammofoni degli anni Quaranta.
Secondo le sue stime, vende circa cinque giradischi al mese.
Israele occupa la Cisgiordania dalla guerra arabo-israeliana del 1967. L’impennata di violenza dell’anno scorso ha reso il 2022 l’anno più letale in Cisgiordania dal 2005, quando le Nazioni Unite cominciarono a contare i morti; e Nablus è in prima linea quanto a spargimenti di sangue.
Ma Hemmou sostiene che non sono i raid militari a ostacolare gli affari, bensì gli scioperi regolarmente indetti dalle autorità locali in risposta alle operazioni israeliane.
“Chiudiamo tutti i negozi quando i raid israeliani uccidono qualcuno a Nablus, soprattutto nella Città Vecchia”, dice.
Per Hemmou, i giradischi e la musica che suonano sono più che semplici canzoni, sono una parte essenziale del patrimonio palestinese e arabo.
“Quando si suona un disco, si può esser trasportati indietro di 50 anni”, dice.
“Ascoltando questa musica, ci si ricorda di cosa significhi essere arabi o palestinesi”, aggiunge.
Hemmou afferma che gli artisti di oggi non provocano l’emozione dei grandi cantanti arabi del XX secolo.
“I cantanti moderni non sanno cosa cantano. I vecchi cantanti, invece, evocano ciò che c’è nel profondo di noi e fanno rivivere il nostro patrimonio”, spiega.
Conosciuto in tutta la città vecchia come Abu Shaadi, ha sviluppato una reputazione che va oltre Nablus. Gli appassionati di musica vengono da lontano per acquistare da lui.
“I miei clienti provengono da tutta la Cisgiordania, da Gerusalemme, Nazareth, Betlemme, Jenin, Qalqiliya”, ha detto.
“Vengono da tutta la Palestina per comprare da me”.
Hemmou spiega di aver cercato di coinvolgere nell’attività i suoi due figli, di 26 e 27 anni.
“Non sono interessati”, dice. “Mi dicono di spegnere, non vogliono ascoltare”.
La strada in cui si trova il suo negozio è stata teatro di feroci scontri nell’ultimo anno, quando le forze israeliane hanno condotto incursioni contro un nascente gruppo militante chiamato Tana dei Leoni, che ha il suo centro nella Città Vecchia di Nablus.
Il negozio porta con sé i ricordi del conflitto: sulle sue saracinesche sono affisse le immagini dei combattenti palestinesi uccisi negli ultimi mesi.
“Quando ci sono scontri dobbiamo chiudere il negozio, ovviamente, ma che dire, sono ancora vivo, grazie a Dio”, dice.
“Suono alcune canzoni nazionali, questo è il mio modo di resistere”.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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