L’UE nasconde la testa nella sabbia sull’apartheid di Israele

di Claudio Francavilla,

Euobserver, 8 febbraio 2023. 

Pratiche abusive e discriminatorie da parte delle autorità israeliane non sono una novità: favoriscono una politica volta a mantenere il dominio degli ebrei israeliani sui palestinesi e avvengono nel contesto di una oppressione sistematica di questi ultimi. (Foto: Northern Lights 119)

Il recente picco di attacchi mortali e di repressione nella Cisgiordania occupata non dovrebbe sorprendere nessuno. L’anno scorso, le forze israeliane hanno ucciso più palestinesi in Cisgiordania che in qualsiasi altro anno dal 2005, quando le Nazioni Unite hanno iniziato a registrare sistematicamente le vittime: 151, tra cui 35 minori. A poco più di un mese dall’inizio del nuovo anno e di un altro governo guidato da Netanyahu, la situazione non fa che peggiorare.

Il governo, che ha identificato come suo principio guida l’appartenenza “esclusivamente” al popolo ebraico di tutto il territorio compreso tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo, sta già attuando misure per portare avanti questa agenda.

Le misure intraprese includono l’accelerazione delle demolizioni delle case dei Palestinesi e l’espansione degli insediamenti in Cisgiordania, che sono illegali secondo il diritto internazionale. Il governo ha anche risposto agli attacchi palestinesi contro gli israeliani con punizioni collettive, un crimine di guerra nei territori occupati, compreso l’abbattimento delle case dei familiari degli aggressori.

Queste pratiche abusive e discriminatorie da parte delle autorità israeliane non sono una novità; favoriscono una politica volta a mantenere il dominio degli ebrei israeliani sui palestinesi e avvengono nel contesto di un’oppressione sistematica di questi ultimi. Nel loro insieme, queste pratiche equivalgono ai crimini contro l’umanità di apartheid e persecuzione.

Questa conclusione, raggiunta da Human Rights Watch, da altri gruppi internazionali, israeliani e palestinesi per i diritti umani e da esperti legali e delle Nazioni Unite – tra i tanti – dovrebbe rendere impossibile per l’Unione Europea continuare a fingere che la repressione dei palestinesi sia un fenomeno temporaneo da affrontare nel contesto del “processo di pace”.

Eppure, questo è esattamente ciò che l’UE continua a fare, riciclando vecchi e vuoti slogan sulla “soluzione a due-stati” e sulla necessità di ripristinare la calma, la moderazione e lo status quo. Mentre ogni diplomatico europeo sa che un ritorno allo ‘status quo’ significa mantenere l’oppressione, l’umiliazione e l’angoscia quotidiana che derivano dal vivere sotto apartheid, l’UE continua ad assecondare una situazione che peggiora di giorno in giorno.

Il capo della politica estera dell’UE Josep Borrell: ‘la Commissione UE ritiene che non sia appropriato associare il termine apartheid allo Stato di Israele’ (Foto: Commissione Europea)

Nel maggio 2021, a seguito di una serie di ostilità a Gaza, il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (HRC) ha adottato una risoluzione che istituisce una Commissione d’Inchiesta per esaminare le cause profonde del conflitto. Ma nessuno degli stati membri dell’Unione Europea ha votato a favore della risoluzione, in netto contrasto con il loro sostegno di principio – se non addirittura la loro leadership – alla creazione di meccanismi di monitoraggio o di responsabilità sulla maggior parte delle situazioni di altri Paesi in seno al Consiglio per i Diritti Umani.

Arriviamo allo scorso dicembre, quando tutti gli Stati dell’Unione Europea, ad eccezione di Belgio, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Polonia, Portogallo e Slovenia, si sono rifiutati di appoggiare una risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU che richiedeva un parere consultivo da parte della Corte Internazionale di Giustizia su –tra le altre questioni– le conseguenze legali dell’occupazione prolungata di Israele e la sua adozione di leggi e misure discriminatorie.

Mentre i governi dell’Unione Europea hanno continuato a mostrare evidenti doppi standard all’ONU, la Commissione UE ha risposto a una serie di interrogazioni parlamentari sulla definizione di stato di apartheid. Le risposte, nominalmente firmate dal capo della politica estera dell’UE Josep Borrell a nome della Commissione, dicono tutte: “La Commissione ritiene che non sia appropriato associare il termine ‘apartheid’ allo Stato di Israele”.

La formulazione ambigua, ovviamente, crea un’entità fittizia. Non esiste uno Stato di apartheid, per quanto riguarda il diritto internazionale, così come non esiste uno Stato di tortura o di crimini di guerra. L’apartheid e la persecuzione sono crimini internazionali contro l’umanità ben definiti – crimini che le autorità israeliane stanno commettendo.

Inoltre, la Commissione UE ha parlato a nome proprio: non ha espresso e non può esprimere la posizione di politica estera dell’intera UE sulla questione, perché questo richiederebbe una decisione unanime da parte dei 27 Stati membri dell’UE. Tuttavia, per qualcuno, questa situazione equivoca potrebbe essere sufficiente per affermare in modo scorretto che c’è un “rifiuto dell’UE” alla definizione di apartheid – cosa che metterebbe il blocco europeo in contrasto con il crescente consenso nei movimenti dei diritti umani e nell’opinione generale. In definitiva, le risposte sibilline non fanno altro che fornire una sottile copertura al nuovo governo israeliano, che raddoppia l’apartheid e intensifica la sua brutale repressione dei palestinesi.

È ancora più irritante che l’UE compia questi passi nello stesso momento in cui, giustamente, chiama a raccolta il mondo in difesa dell’ordine internazionale basato sulle regole e sui diritti umani quando si tratta di Russia e Ucraina. La stessa UE e gli Stati membri hanno messo in atto sforzi senza precedenti per assicurarsi il sostegno globale prima delle votazioni dell’ONU che condannano l’invasione della Russia in Ucraina. Hanno adottato un’enorme serie di sanzioni, hanno sistematicamente denunciato i crimini di guerra e altri abusi e hanno sostenuto seri sforzi per documentarli, al fine di attribuire debitamente le responsabilità.

Il contrasto con il loro vergognoso silenzio, inazione e negazionismo nei confronti delle vittime dei crimini di apartheid e di persecuzione delle autorità israeliane è stridente e impossibile da negare. Questa posizione non solo alimenta la spirale di violenza e repressione in Israele e Palestina, ma mina anche la credibilità dell’UE e dei suoi Stati membri come attori di una politica estera basata sui  principi.

L’UE deve alzare la testa dalla sabbia, riconoscere la realtà dell’apartheid e adottare il tipo di misure per i diritti umani che una situazione di questa gravità giustifica, compreso il sostegno agli sforzi per garantire l’attribuzione di responsabilità e la fine di ogni forma di complicità in così gravi abusi.

https://euobserver.com/opinion/156689

Traduzione a cura di AssoPacePalestina 

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1 commento su “L’UE nasconde la testa nella sabbia sull’apartheid di Israele”

  1. Una volta Nelson Mandela aveva detto che quella palestinese è la questione morale del nostro tempo. Penso che con queste parole volesse ricordare che dopo la fine del regime razzista di Johannesburg, c’era un’altro regime, quello israeliano, con caratteristiche analoghe di sopraffazione razziale e di violenza coloniale, da affrontare e sconfiggere con le stesse armi usate per il Sudafrica. Questione morale e non, come pretendeva la narrativa israeliana, la vicenda di un piccolo popolo perseguitato, circondato da un miliardo di nemici sanguinari e perciò obbligato a difendersi con ogni mezzo. Da allora sono passati vent’anni, la narrativa sionista ha perso ogni credibilità, Israele ha dimostrato di essere un paese che conosce solo il diritto della forza mentre nega e calpesta i più elementari diritti della popolazione occupata e dominata con la violenza.
    Allora il problema è risolto, il mondo applicherà a Israele le stesse sanzioni che sono valse a piegare il regime di Botha? Purtroppo non è così. L’Europa non fa e non farà nulla per costringere Israele a rispettare il diritto internazionale e i diritti umani dentro e fuori dai suoi (indefinibili) confini, anzi, manterrà con Israele stretti e
    amichevoli rapporti di collaborazione in ogni campo. E allora bisogna concludere che la questione vera di oggi non è più quella palestinese, i cui termini sono chiari e definiti, ma quelli di una Europa che ha perso ogni bussola morale.

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