“Israele è uno stato di apartheid”, ma continuiamo a mandare aiuti statunitensi, dice Rothkopf

Gen 27, 2023 | Notizie

di Philip Weiss,

Mondoweiss, 25 gennaio 2023.   

La “morte” della soluzione dei due stati ha reso impossibile non parlare dell’apartheid israeliano, anche all’interno dell’establishment di Washington.

David Rothkopf (ds) parla con Edward Luce del Financial Times del suo libro su come lo stato profondo ha salvato gli Stati Uniti da Trump, alla libreria Politics and Prose, novembre 2022 Screenshot.

L’uso della parola apartheid per descrivere il trattamento riservato da Israele ai palestinesi continua a diffondersi. David Rothkopf, ex redattore di Foreign Policy, afferma apertamente che Israele è uno stato di apartheid in un articolo pubblicato da Haaretz lo scorso fine settimana.

“Un tempo gli americani si vantavano che il loro alleato Israele fosse l’unica democrazia del Medio Oriente. Ora è uno stato di apartheid con un governo che fa di tutto per ridurre i diritti e le protezioni democratiche basilari. Valori americani come la tolleranza e l’elogio della diversità sono rifiutati dall’attuale governo israeliano…”.

Sono due anni che Rothkopf descrive Israele come uno stato di apartheid. Questa volta lo fa in un appello a “Bibi” –come Rothkopf chiama Netanyahu– pubblicato sul principale quotidiano israeliano, in cui gli chiede di evitare una rottura con gli Stati Uniti. Se il governo di destra continuerà a reprimere i diritti civili dei suoi sudditi palestinesi, avverte Rothkopf, ciò potrebbe “avere conseguenze dirette, immediate e negative per le relazioni tra Stati Uniti e Israele, compresa la fornitura di aiuti”.

Quindi Israele è uno stato di apartheid, che commette un crimine contro l’umanità, ma noi dovremmo continuare a dargli aiuti, perché gli Stati Uniti hanno un “forte rapporto di lavoro” con Israele. Questa è la meraviglia della lobby di Israele. I sostenitori americani di Israele hanno una visione così straordinaria dell’importanza dello stato ebraico che ormai pensano che le normali regole dei diritti umani non gli si debbano applicare.

Rothkopf è una figura di spicco della politica estera: ex sottosegretario al Commercio e studioso del Carnegie Institute for International Peace, in passato ha attaccato la “teoria” della lobby di Israele e ha apertamente criticato l’apartheid israeliano.

Ma Rothkopf deve essere considerato una voce progressista anche nei circoli ufficiali. Anni fa, disse al suo compagno di università Michael Oren che il sionismo è “esattamente la risposta sbagliata” alla storia moderna; e quando usa la parola “apartheid”, Rothkopf si schiera coraggiosamente da una parte precisa in una feroce battaglia che c’è all’interno di Washington. Il New York Times evita il termine apartheid. Ted Deutch ha ottenuto il suo nuovo lavoro come capo dell’American Jewish Committee quando, da deputato, nel settembre 2021, ha attaccato Rashida Tlaib alla Camera perché aveva osato accusare Israele di apartheid. “Dico alla mia collega che ha appena gettato fango sul nostro alleato…: questo è antisemitismo”.

Il crimine di Tlaib è stato quello di aver sostenuto il rapporto di Human Rights Watch del 2021 che accusa Israele di apartheid. Proprio la scorsa settimana l’uomo che ha coordinato quel rapporto, Ken Roth, ha spiegato ad Americans for Peace Now che Human Rights Watch si era opposto per anni alla definizione di “apartheid”, usando la scusa del processo di pace.

Si noti la descrizione viscerale che Roth fa dell’apartheid e della “morte” della soluzione dei due Stati.

È stata la morte definitiva del processo di pace che, a mio avviso, ha portato la comunità dei diritti umani a dire che questo tipo di discriminazione radicale e oppressiva che vediamo in Cisgiordania –dove ci sono insediamenti ben sviluppati per gli israeliani che vivono secondo il diritto civile con tutti i diritti di un cittadino israeliano, e proprio accanto, nell’Area C della Cisgiordania, ci sono palestinesi che non possono nemmeno aggiungere una camera da letto alla loro casa senza che venga demolita e che devono percorrere strade speciali e passare attraverso i posti di blocco– ha in sé tutti gli elementi di discriminazione oppressiva che costituiscono l’apartheid. E l’unico motivo per cui, secondo me, la gente non l’ha chiamata così fino ad ora, o fino a poco tempo fa, è la difesa del processo di pace. La gente diceva: “Beh, sì, è brutto. Ma non preoccupatevi, c’è il processo di pace. E quando ci sarà la pace, tutto andrà meglio”.

La soluzione dei due stati è defunta. L’unica vera opzione sembra essere quella di un solo Stato. Roth:

E quello che abbiamo capito è che il processo di pace non sta andando da nessuna parte. Questo governo, in particolare, è determinato a fare tutto il possibile per minare qualsiasi prospettiva di soluzione a due stati. L’unica vera opzione di pace in questa fase sembra essere una soluzione a uno stato, o forse una sorta di confederazione. Ma ci stiamo allontanando dall’opzione dei due stati. E in questa situazione, se si guarda a quello che c’è oggi, c’è l’apartheid, non si può chiamare in altro modo. E questo non vale solo per il nuovo governo Netanyahu, ma anche per il vecchio governo Netanyahu. E anche prima, voglio dire, questa è stata una tendenza per molto tempo in Israele. Ma ora si sta rafforzando. Certamente non è stata invertita.

Sì, i palestinesi e gli attivisti hanno detto che Israele è uno Stato di apartheid molto tempo fa. Al Haq ha fatto questa affermazione anni fa, così come la Campagna Statunitense per i Diritti dei Palestinesi. Jimmy Carter è stato punito per aver usato questa parola nel 2006. Il Tribunale Russell ha affermato che si trattava di apartheid già nel 2012. La deputata Betty McCollum lo ha fatto nel 2018.

Nel 2021, Human Rights Watch ha coordinato il suo rapporto sull’apartheid con B’Tselem, che ha presentato per primo la dichiarazione, ha dichiarato Roth ad Americans for Peace Now. “Il gruppo che ha veramente guidato lo sforzo è stato B’Tselem… Ognuno di noi parlava a suo modo. Poi c’è stata una fase in cui abbiamo pensato di provare a farlo insieme”.

Così questi due gruppi per i diritti umani hanno cercato di ottenere una copertura politica l’uno dall’altro. E David Rothkopf si è sicuramente sentito autorizzato a usare la parola apartheid nel 2021, dopo la pubblicazione di questi rapporti.

Human Rights Watch ha pubblicato il rapporto perché aveva perso la sua foglia di fico: il “fallimento” della soluzione dei due stati ha reso insostenibile non parlare di apartheid. Roth:

“Non potevamo giustificare il fatto di non chiamarlo apartheid, visti i fatti sul terreno, visti gli standard legali dell’apartheid; non potevamo dire: ‘Oh, non preoccupatevi, c’è il processo di pace’. Non era più credibile. E tutti noi siamo arrivati a questa conclusione, più o meno nello stesso periodo.

Eppure, Ned Price del Dipartimento di Stato ha dichiarato la scorsa settimana che la soluzione dei due stati può essere salvata se si fa sin da ora una “giusta scelta”.

“Esiste oggi una possibilità realistica di una soluzione a due Stati?”. Matt Galloway della CBC lo ha chiesto la settimana scorsa all’avvocata palestinese Diana Buttu. Lei è stata precisa e categorica:

“Assolutamente no. Quella nave è salpata molti, molti, molti anni fa. E la ragione per cui è salpata molti, molti anni fa, è che c’è stata una continua politica governativa per costruire ed espandere gli insediamenti anche di fronte alla condanna internazionale… Questo ci fa temere che il domani sarà peggiore di oggi e ci fa capire che qui non c’è davvero un futuro per i nostri figli”.

L’articolo di Rothkopf su Haaretz è un altro della serie di avvertimenti al governo Netanyahu da parte degli ebrei americani amici di Israele, secondo cui il primo ministro ha frainteso la politica degli Stati Uniti, sta rischiando un confronto con il governo americano e la comunità ebraica si spaccherà per le violazioni dei diritti umani fatte da Israele.

Biden deve stabilire invalicabili linee rosse per il sostegno degli Stati Uniti, escludendo ad esempio “l’effettiva annessione delle parti della Cisgiordania che Israele non ha già sequestrato illegalmente”, consiglia Rothkopf. E dice che Netanyahu sta sopravvalutando il suo potere:

“Netanyahu continua a credere erroneamente di avere la politica americana dalla sua parte. La sua formula vincente è il sostegno del Partito Repubblicano più quello degli ebrei americani…”.

Ma gli ebrei stanno lasciando il campo, soprattutto gli ebrei americani laici.

[Se Netanyahu dice:] “Non vi vogliamo qui in Israele, ma continuate a fare assegni e a fare lobby per noi” non è una formula che può funzionare. Anzi, credetemi, farà arrabbiare molte persone.

A proposito di lobby, Rothkopf afferma che ‘la coda ha scodinzolato il cane’ sull’accordo con l’Iran.

“Israele ha cercato in tutti i modi di minare gli sforzi dell’America per raggiungere un accordo nucleare con l’Iran – azioni che anche molti alti funzionari della sicurezza nazionale israeliana ora riconoscono come un errore”.

Questo dovrebbe essere uno scandalo: Israele e la sua lobby sono il motivo per cui non abbiamo un accordo con l’Iran.

E gli ebrei americani sono stati reclutati per difendere l’apartheid:

Gli ebrei americani sono stati costretti a difendere gli abusi israeliani sui palestinesi… [Sono stati] gli ebrei a garantire negli anni passati la continuità delle buone relazioni tra Stati Uniti e Israele.

Molti ebrei si sono rifiutati di impegnarsi in quel compito. “Verrà un giorno in cui ci vergogneremo di noi stessi”, scrive IfNotNow a proposito dell’ultimo assassinio di un palestinese. Anche se, a dire il vero, nell’ultima generazione sionismo ed ebraismo sono stati fusi insieme dall’establishment ebraico.

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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