Il ramo giudiziario silenzioso: come la Corte Suprema di Israele schiaccia i diritti dei palestinesi

di Hagai El-Ad,

Dawn, 26 gennaio 2023. 

Esther Hayut durante la cerimonia di giuramento come presidente della Corte Suprema Israeliana, presso la residenza presidenziale israeliana a Gerusalemme, 26 ottobre 2017. (Thomas Coex/AFP via Getty Images)

La presidente della Corte Suprema israeliana, giudice Esther Hayut, ha tenuto un appassionato e storico discorso questo mese, criticando la radicale revisione del sistema giudiziario proposta dal nuovo governo di estrema destra del Primo Ministro Benjamin Netanyahu che ha definito un “piano per distruggere il sistema giudiziario israeliano”.

“Si tratta di un attacco sfrenato al sistema giudiziario, come se fosse un nemico che deve essere attaccato e sottomesso”, ha detto a proposito del piano che, a suo parere, avrebbe indebolito in modo significativo l’autorità della Corte Suprema. Ha avvertito che il piano infliggerebbe “un colpo mortale” all'”identità democratica” di Israele, trasformando il ramo giudiziario del governo “in un ramo silenziato”.

Per spiegare il suo punto di vista, Hayut ha citato otto esempi di importanti sentenze della Corte Suprema che, come ogni parola del discorso attentamente curato, sono stati selezionati con cura. Secondo la presidente della Corte, queste sentenze esemplificano “uno dei ruoli principali di un tribunale in un Paese democratico: la difesa efficace dei diritti umani e dei diritti civili”. Proteggere i diritti dei soldati e delle persone LGBT; difendere i diritti religiosi; salvaguardare i diritti dei bambini con esigenze speciali; installare rifugi nelle scuole delle comunità israeliane meridionali vicino a Gaza; sostenere la libertà di espressione e i diritti sociali: la giudice Hayut è stata certamente accorta nella scelta delle sentenze da citare. È stata altrettanto attenta a ciò che ha scelto di tralasciare.

La presidente della Corte Suprema non ha fatto alcun riferimento ai diritti umani dei palestinesi. Questa omissione non può essere casuale. Dopo tutto, i palestinesi sono una rilevante minoranza all’interno di Israele e costituiscono la metà della popolazione dell’intera area tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Eppure, proprio mentre elogiava “l’efficace difesa dei diritti umani e dei diritti civili nel Paese”, Hayut ha trascurato la metà delle persone che vivono sotto il controllo di Israele, nonostante siano il gruppo che subisce le più ampie e gravi violazioni dei loro diritti, violazioni che sono in corso. Come si può parlare onestamente di protezione dei diritti umani in Israele senza nemmeno menzionare questi esseri umani?

Hayut ha scelto con cura. Per compiacere il suo pubblico ebraico, non ha menzionato alcuna sentenza riguardante i palestinesi, da entrambi i lati della Linea Verde (il suo riferimento al caso Hassan che riguardava la Legge sul Sostegno al Reddito che è stata dichiarata incostituzionale, non sminuisce questa generale omissione).

La verità è che aveva una grande quantità di esempi tra cui scegliere. Avrebbe potuto citare le sentenze che hanno autorizzato l’espulsione di intere comunità palestinesi in Cisgiordania, come Khan al-Ahmar o le comunità di Masafer Yatta. Avrebbe potuto parlare della regolare applicazione, in centinaia di crudeli sentenze, della punizione collettiva sotto forma di demolizione delle case delle famiglie palestinesi i cui parenti hanno attaccato gli israeliani. Avrebbe potuto citare le sentenze che hanno promosso l’acquisizione di terre palestinesi o approvato la politica di Israele a Gaza. Avrebbe potuto notare che la Corte Suprema ha confermato la “Legge sui Comitati di Ammissione”, che di fatto bandisce i palestinesi da centinaia di comunità in Israele; la “Legge sulla Nakba”, che impone limitazioni alla commemorazione della Nakba; la “Legge sulla Cittadinanza”, che impedisce ai coniugi palestinesi di ottenere uno status legale in Israele; e la “Legge sullo Stato-Nazione”, che definisce lo Stato come esclusivamente destinato all’etnia ebraica.

Tuttavia, la presidente della Corte Suprema ha scelto di non ricordare nulla di tutto ciò, svolgendo così esattamente il ruolo da cui lei stessa ci metteva in guardia: quello di “ramo silenzioso” del governo.

Perché la giudice Hayut ha scelto il silenzio? Naturalmente, voleva difendere l’immagine liberale della Corte Suprema e dello Stato ebraico. Ecco perché non poteva sbandierare il ruolo della Corte, sotto la guida sua e dei suoi predecessori, nell’approvare legalmente il calpestamento sistematico dei diritti umani dei palestinesi sotto il regime israeliano. I conti non tornano: una ricca storia di approvazione di danni sistematici ai palestinesi non si concilia con un’orgogliosa difesa dei diritti umani. L’unica scelta che aveva era quella di rimanere silenziosa, in un discorso drammatico ed epocale che pretendeva di parlare a favore dei diritti umani.

Inoltre, l’attuale dibattito in Israele non riguarda l’effettiva oppressione dei palestinesi –una cosa su cui i più sono d’accordo– ma come e fino a che punto i loro diritti debbano essere calpestati. Come in passato, la Corte Suprema continua a svolgere fedelmente il suo ruolo in questo regime di supremazia ebraica. Eppure, un numero crescente di ebrei in Israele ha fatto propri “i principi fondamentali del sistema” e ora ne vuole di più, più veloci e più forti. Distruggere intere comunità palestinesi: ottimo, ma perché metterci così tanto? Demolire le case delle famiglie: certo, ma come mai hanno il diritto (anche se formale e inefficace) di appellarsi? Sparare ai manifestanti a Gaza: ovviamente la Corte Suprema non interverrà, ma perché discuterne? Legalizzare i Comitati di Ammissione: meraviglioso, ma perché limitarli geograficamente? La legge sulla cittadinanza: bellissima, ma perché renderla solo un Ordine Temporaneo (temporaneo per 20 anni e oltre)? La Legge Fondamentale sullo Stato-nazione: grazie per il timbro di approvazione, ma vergognatevi di aver preso in considerazione una petizione contraria.

Stiamo assistendo al totale collasso intellettuale della politica ipocrita che la Corte Suprema ha cercato di condurre. Se Hayut fosse stata disposta a rinunciare a questa immagine liberale e a citare alcune delle centinaia di sentenze al servizio della supremazia ebraica, non sarebbe riuscita ad accattivarsi l’opinione pubblica: il suo tentativo di cavalcare la tigre, di tenerla sotto controllo e di regolarne il passo sta andando a rotoli sotto i nostri occhi. È il destino naturale di un regime la cui logica interna promuove la supremazia di un gruppo su un altro.

Hayut non è stata sincera nel parlare di difesa dei diritti umani dall’essere “schiacciati”, perché ciò che sta cercando di proteggere è il ruolo della Corte Suprema nell’ulteriore schiacciamento dei diritti umani dei palestinesi. Tuttavia, è stata completamente onesta nel cercare di difendere i “principi fondamentali del sistema” – un sistema che si dà il caso sia un aspetto fondamentale del regime israeliano che deve essere completamente rivisto.

Il silenzio assordante al centro del discorso della giudice Hayut ha lasciato intendere ciò che di solito viene tenuto nascosto: che la Corte Suprema di Israele è una roccaforte della giustizia solo per gli ebrei. Non difende i diritti umani universali, ma i diritti umani degli ebrei, in uno Stato ebraico.

Hagai El-Ad è il direttore esecutivo di B’Tselem, il centro di informazione israeliano per i diritti umani nei territori occupati.

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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