Netanyahu riscrive la storia, un’altra volta

di Natasha Roth-Rowland,

+972 Magazine, 24 dicembre 2022. 

Il primo ministro Benjamin Netanyahu visita una scuola nella città di Harish, 1 settembre 2017. (Avi Ohayon/GPO)

Il prossimo primo ministro Benjamin Netanyahu continua a portare avanti la sua missione di riconfigurare la storia ebraica, un secolo alla volta. I suoi ultimi sforzi sono stati, come al solito, volti a dipingere i palestinesi, e gli arabi più in generale, come responsabili dei peggiori episodi di oppressione antiebraica nel corso dei millenni, nel tentativo di riqualificare gli abusi israeliani come atti di liberazione.

In due recenti interviste, una in ebraico e l’altra in inglese, Netanyahu propone la sua personale interpretazione di un’analisi decoloniale di Israele-Palestina: anziché essere i Palestinesi le vittime della dominazione israeliana negli ultimi 75 anni, in realtà sono stati gli Ebrei ad essere storicamente vittime della colonizzazione araba. Parlando con la casa editrice israeliana di destra Sella Meir (che ha pubblicato il suo nuovo libro di memorie), Netanyahu sottolinea che gli ebrei erano indigeni nella Terra d’Israele così come gli “indiani… gli africani prima che arrivassero i belgi… gli indonesiani prima che arrivassero gli olandesi”. Questo, automaticamente, nega in perpetuo qualsiasi rivendicazione palestinese su quella terra che Netanyahu insiste appartenere agli ebrei e solo agli ebrei. “Noi eravamo i nativi”, dice, dopo aver dovuto chiedere al suo intervistatore la parola ebraica per “nativi”.

Netanyahu si spinge ancora più in là nella sua intervista in lingua inglese con Jordan Peterson, lo psicologo canadese conservatore, scrittore e autoproclamato difensore della mascolinità occidentale. Non solo, sostiene Netanyahu, gli Arabi hanno sottomesso gli Ebrei nella loro patria, ma hanno addirittura fatto peggio dei Romani e dei Bizantini, che avevano precedentemente governato la Terra Santa. Certo, ammette, gli imperi precedenti “ci hanno fatto molte brutte cose “, ma “non ci hanno davvero esiliato, contrariamente a quanto si pensa”. Invece, ha continuato Netanyahu, è stato a causa dei conquistatori arabi che “gli ebrei hanno perso la loro patria”.

In realtà, “gli arabi erano i colonizzatori, gli ebrei erano i nativi”, ha affermato Bibi, prima di utilizzare i classici tropi coloniali sulla terra “arida” e “vuota” in cui gli ebrei sognavano di tornare a casa, e dove hanno “costruito fattorie, fabbriche e posti di lavoro” al loro ritorno. (Ben preparato come sempre, Netanyahu fa anche un ringraziamento ai sionisti cristiani per aver aiutato questo sogno a diventare realtà; tuttavia, non viene menzionato ciò che i crociati europei hanno fatto agli ebrei in Terra Santa e oltre).

Fin qui tutte balle. A parte l’assurdità di presentare una storia romanzata di eventi di 1.300 anni fa per blandire chi si lamenta e giustificare gli abusi attuali, Netanyahu sta di fatto sminuendo la rovina che i Romani hanno inflitto alla popolazione ebraica della Giudea. La distruzione del Secondo Tempio e la morte, lo sfollamento e la schiavitù causati ovunque dall’assedio e dalla demolizione di Gerusalemme da parte dei Romani, alterarono in modo fondamentale e irrevocabile l’identità e il culto ebraico. La distruzione romana è considerata uno degli episodi più influenti e traumatici della storia ebraica su cui si piange ancora oggi, e un momento spartiacque nell’accrescimento della diaspora.

Netanyahu omette anche il fatto scomodo che fu sulla scia della conquista arabo-musulmana che agli ebrei fu finalmente permesso di vivere nuovamente a Gerusalemme, dopo secoli di esclusione sotto i Romani. Ad ogni modo, anche la più elementare conoscenza della storia palestinese (figuriamoci!) basterebbe per sapere che c’erano agricoltura e industria in abbondanza in Palestina, una terra che non era affatto vuota prima del sionismo.

Ma forse il commento più pericoloso che Netanyahu fa nell’intervista a Peterson riguarda il fatto che, nel contesto della presunta espulsione causata dagli arabi, gli ebrei “sono stati gettati agli angoli più remoti della terra, hanno sofferto le sofferenze più inimmaginabili, perché non avevamo una patria”. In altre parole, Netanyahu sta insinuando che gli arabi hanno la responsabilità generale delle devastazioni che i cristiani, principalmente bianchi, hanno inflitto agli ebrei della diaspora nel corso dei secoli. Se non fosse stato per gli arabi, secondo questa logica, gli ebrei sarebbero rimasti in Medio Oriente – il che significa che i nazisti, i cosacchi, i reali inglesi, francesi e spagnoli nel Medioevo e altri non avrebbero mai avuto l’opportunità di diventare antisemiti e di mettere in atto il loro bigottismo violento.

Non è la prima volta che Netanyahu forgia con il suo martello la storia ebraica a fini revisionisti. Nel 2015 è stato criticato e deriso per aver detto al pubblico del Congresso Sionista Mondiale che fu Hajj Amin al-Husseini, il Gran Muftì di Gerusalemme, a dare a Hitler l’idea di sterminare gli ebrei nel 1941. Fino ad allora, ha sostenuto Netanyahu, l’intento di Hitler era stato solo quello di “espellere gli ebrei”. Nel contesto di un’assai ampia reazione – anche da parte di Yad Vashem, il museo nazionale israeliano dell’Olocausto – la risposta più notevole è arrivata forse dal governo tedesco, che si è sentito in dovere di riaffermare la responsabilità della Germania per la distruzione dell’ebraismo europeo.

Nel frattempo, il primo ministro israeliano entrante ha ritenuto opportuno dare manforte ai negazionisti dell’Olocausto in Europa, sia affermando una storia revisionista delle azioni polacche durante la Seconda Guerra Mondiale, sia lodando gli “sforzi per ricordare l’Olocausto” da parte di un governo lituano che cerca in realtà di sopprimere la memoria dell’entusiastica collaborazione di quel Paese con i nazisti.

Che Netanyahu creda davvero alle sue distorsioni storiche, o a quelle dei suoi alleati antisemiti, è quasi irrilevante. Tutti questi atti di revisionismo sono al servizio di due obiettivi chiave: dare al suo governo carta bianca per opprimere i palestinesi come meglio crede, e garantire che la comunità autoritaria e di destra di Israele rimanga intatta anche sul piano geopolitico

La narrazione è quindi chiara. Gli arabi sono stati i colonizzatori originali, quindi la violenza anti-palestinese fa parte di una missione di decolonizzazione. Gli arabi hanno scatenato i peggiori casi di violenza antiebraica, quindi i palestinesi devono rispondere dell’antisemitismo in generale. Gli arabi non sono mai appartenuti a Israele-Palestina, quindi le espulsioni, gli sfollamenti e le detenzioni dei palestinesi da parte di Israele fanno parte di un grande progetto di riparazione storica. E poiché gli ebrei sono gli eterni nativi, qualsiasi discorso palestinese sull’appartenenza, l’identità nazionale e l’oppressione è la prova di un odio arbitrario, cospirativo e ossessivo nei confronti degli ebrei – proprio il tipo di odio che è stato espresso dai peggiori antisemiti della storia, alcuni dei quali Netanyahu sembra così desideroso di assolvere.

Ed ecco il regalo di Natale di Netanyahu al mondo: un calendario dell’avvento di lacrimosa narrativa storica ebraica, con un arabo in agguato dietro ogni finestra.

Natasha Roth-Rowland è un’editrice e scrittrice di +972 Magazine e una dottoranda in Storia all’Università della Virginia. Si occupa soprattutto dell’estrema destra ebraica in Israele-Palestina e in USA. Natasha ha vissuto per molti anni in Israele-Palestina e lavora ora a New York. Scrive usando il suo vero nome di famiglia, in ricordo di suo nonno Kurt che fu obbligato a cambiare il suo nome in ‘Rowland’ quando si rifugiò nel Regno Unito durante la Seconda Guerra Mondiale.   

https://www.972mag.com/edition/netanyahu-christmas-historical-revisionism/

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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1 commento su “Netanyahu riscrive la storia, un’altra volta”

  1. La vera sopraffazione etnica è quella attuata dagli ebrei ashkenaziti dell’Europa orientale a danno degli ebrei che vivevano in Medio Oriente dai tempi dell’esilio babilonese o dopo l’espulsione dalla Spagna e dal Portogallo, quando sia i paesi arabi che l’impero ottomano li avevano accolti senza problemi. La cultura degli ebrei arabi è stata cancellata. Come scrive nelle sue ‘Riflessioni di un’araba ebrea’ Ella Habiba Shohat, ebrea irakena, ‘per le nostre famiglie, vissute in Mesopotamia almeno dai tempi dell’esilio babilonese, che sono state arabizzate per millenni e che sono state bruscamente spostate in Israele …essere d’un tratto costrette a uniformarsi alla identità degli ebrei europei, basata sulle esperienze della Russia, della Polonia o della Germania, è stato devastante’.

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