di Akiva Eldar,
Haaretz, 22 novembre 2022.
In una lettera aperta pubblicata qualche giorno fa, 126 membri della facoltà di legge hanno avvertito che permettere a 61 dei 120 deputati della Knesset di scavalcare le sentenze della Corte Suprema [come propone il partito di Smotrich, NdT] sarebbe un duro colpo per la tutela dei diritti umani in Israele e una tragedia che si farebbe sentire per generazioni. Secondo questi giuristi, alcuni dei quali molto anziani, gli israeliani smetterebbero di essere cittadini con diritti protetti dalla Corte e diventerebbero invece soggetti alla clemenza della maggioranza politica di turno.
Per essere chiari, si tratta di cittadini israeliani, non di milioni di palestinesi – esseri umani privi di diritti fondamentali che sono sempre soggetti alla clemenza di Israele. Per i palestinesi, sarebbe davvero un’ottima cosa se la nuova Knesset promulgasse rapidamente una legge di sostanziale annullamento della Corte. Preferibilmente una legge che richieda solo una maggioranza di 61 deputati e anzi, se possibile, sarebbe ancora meglio chiudere completamente le porte della Corte. Dal loro punto di vista, l’Alta Corte è il giubbotto antiproiettile dell’occupazione israeliana, la foglia di fico che copre la nudità morale e legale di chi governa.
Non è un caso che il Presidente Isaac Herzog abbia detto alla sessione di apertura della Knesset che “le istituzioni diplomatiche e legali di Israele, compresa la nostra Corte Suprema, continueranno ad essere per noi uno scudo diplomatico e legale di difesa sul fronte internazionale”. All’inizio del suo discorso, ha anche parlato di “azioni disperate nell’arena internazionale”, una sottile allusione alla decisione del Comitato Speciale dell’ONU sulla Decolonizzazione di chiedere un parere alla Corte Internazionale di Giustizia sul significato legale dell’occupazione in corso da parte di Israele. È mancato solo che strappasse una copia della nuova risoluzione, riecheggiando il gesto di suo padre che strappò la risoluzione dell’ONU intitolata “Il sionismo è razzismo”.
Herzog non è il primo a coinvolgere il “fronte internazionale” per perpetuare l’occupazione “temporanea”, che ha ormai 55 anni. In un discorso tenuto nel gennaio 2019 a una conferenza organizzata dall’Istituto per gli Studi sulla Sicurezza Nazionale, la presidente della Corte Suprema Esther Hayut ha affermato che “uno degli importanti effetti collaterali del controllo giudiziario [esercitato dalla Corte] è il suo contributo alla legittimazione internazionale di Israele”. Inoltre, ha detto, il suo intervento aiuta a “rafforzare la pretesa di ‘complementarità’ di Israele quando il Paese ha a che fare con procedimenti penali in tribunali stranieri, sia internazionali che di altri Paesi”.
Hayut aveva ragione. L’ultima volta che Israele ha avuto a che fare con lo stesso tribunale straniero, la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) dell’Aia, il governo si è nascosto dietro il grembiule dell’Alta Corte israeliana. Poco prima che la CIG si pronunciasse su un procedimento avviato nel 2004 contro il tracciato del Muro di Separazione, il Ministero degli Esteri ha sostenuto che le sentenze dell’Alta Corte (che ha ordinato allo Stato di modificare il tracciato in alcuni punti) dimostrano la capacità di Israele di controllare se stesso.
Poi, in risposta alla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia secondo cui il Muro di Separazione è una forma di annessione ed è quindi illegale, il governo guidato dal Likud di Ariel Sharon ha dichiarato che “Israele continuerà ad agire in conformità con le decisioni dell’Alta Corte, che ha l’autorità esclusiva di discutere questo problema”. Ci si chiede come suonerebbe oggi una frase del genere pronunciata dai deputati Yariv Levin, Itamar Ben-Gvir o Bezalel Smotrich.
La castrazione dell’Alta Corte distruggerebbe l’edificio giuridico contorto creato dal giudice Meir Shamgar quando era avvocato generale militare. Egli inventò il termine “territori amministrati” in sostituzione di “territori occupati” e propose di spalancare le porte dell’Alta Corte ai residenti palestinesi dei territori, anche se non sono cittadini israeliani.
Nel corso degli anni, la Corte è diventata il dipartimento kashrut [che certifica la legalità] dell’impresa di insediamento e il mattatoio dove vengono mandate a morire le petizioni contro le ingiustizie dell’occupazione. La nostra suprema istituzione legale sostiene il furto di terra, appoggia le demolizioni di case come misura punitiva, autorizza le detenzioni senza processo, permette il blocco prolungato di due milioni di persone nella Striscia di Gaza e non ha impedito che intere comunità fossero sfrattate dalle loro case.
Sarà interessante osservare gli eroi della legge di svilimento della Corte che avvolgono Israele nel giubbotto antiproiettile della Corte stessa durante la prossima apparizione del Paese sul banco degli imputati all’Aia.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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Diritti umani in Israele è un ossimoro. Israele nasce da una espropriazione coloniale che continua ancora oggi. E tutti gli israeliani ne sono complici, anche se può esserci dissenso sui metodi usati per realizzarla.