I palestinesi sono stufi dell’occupazione israeliana e della loro stessa leadership

Ott 19, 2022 | Notizie, Riflessioni

di Ramzy Baroud,

Arab News, 17 ottobre 2022. 

Palestininesi armati al funerale del Dr. Abdullah Abu Al-Teen. Jenin, Cisgiordania occupata, 14 ottobre 2022. (AFP)

Il titolo del quotidiano The Jerusalem Post racconta solo una parte della storia: “La Fossa dei Leoni e altri gruppi palestinesi sono un grattacapo infinito per Israele e l’AP”.

È vero che il governo israeliano e l’Autorità Palestinese sono parimenti preoccupati dalla prospettiva che la rivolta armata in corso in Cisgiordania si diffonda sempre più e ambedue riconoscono che la brigata Fossa dei Leoni, recentemente formatasi a Nablus, è al centro di questo movimento giovanile.

Tuttavia, la crescente resistenza armata in Cisgiordania è ben più di un semplice “grattacapo” per Tel Aviv e Ramallah. Se questo fenomeno continua a crescere, potrebbe minacciare l’esistenza stessa dell’AP, mentre Israele si troverebbe di fronte alla scelta più difficile dall’invasione, nel 2002, delle principali città palestinesi in Cisgiordania.

Benché i comandanti militari israeliani continuino a minare il potere del nuovo gruppo, sembrano non avere un’idea chiara sulle sue radici, influenza o impatto futuro.

In una recente intervista al quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, il ministro della difesa Benny Gantz ha affermato che la Fossa dei Leoni è un “gruppo composto da 30 membri” che infine sarà raggiunto ed eliminato. “Metteremo le mani sui terroristi”, ha dichiarato.

La Fossa dei Leoni non è tuttavia un caso isolato ma parte di un fenomeno più grande che include le Brigate di Nablus, le Brigate di Jenin e altri gruppi che per lo più sono situati nella Cisgiordania settentrionale. 

Il gruppo, insieme con altre unità armate palestinesi, è energico nel rispondere alle uccisioni di palestinesi, che riguardano bambini, anziani e persino un medico, Abdullah Abu Al-Teen, morto la scorsa settimana a Jenin a seguito delle ferite riportate. Secondo il Ministero della Sanità palestinese più di 170 palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania e Gaza dall’inizio dell’anno.

La risposta palestinese include l’uccisione di due soldati israeliani, uno a Shuafat l’8 ottobre scorso e l’altro vicino a Nablus, l’11 ottobre. A seguito del primo attacco, Israele ha completamente isolato il campo profughi Shuafat come forma di punizione collettiva, simile ai recenti assedi di Jenin e altre città palestinesi. 

Citando i media ebraici israeliani, il quotidiano arabo palestinese Al-Quds riportava che l’esercito israeliano concentrerà le sue operazioni nelle prossime settimane per colpire la Fossa dei Leoni. Probabilmente diverse migliaia di soldati dell’occupazione israeliana saranno dislocate in Cisgiordana per la prossima battaglia.

È improbabile immaginare che Israele mobiliti in misura così massiva il suo esercito per affrontare 30 combattenti palestinesi a Nablus. Comunque, non è solo Israele a essere seriamente preoccupato, ma anche l’AP.

L’AP ha tentato, fallendo, di allettare i combattenti offrendo loro un accordo di resa secondo il quale, deponendo le armi, si sarebbero uniti alle forze ufficiali dell’Autorità. Tali accordi sono stati in passato offerti anche ai combattenti delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa di Fatah, con più o meno successo.

Questa volta la strategia non ha funzionato. Il gruppo ha rifiutato l’apertura dell’AP, così il governatore di Nablus, Ibrahim Ramadan, di Fatah, ha attaccato le madri dei combattenti, chiamandole “devianti” per “aver mandato i figli a suicidarsi”. Il linguaggio di Ramadan, simile a quello usato dagli israeliani e dai filo-israeliani, evidenzia, nello spaccato della società palestinese, l’enorme divario tra il discorso politico dell’AP e quello dei semplici palestinesi.

Non solo l’AP sta perdendo il polso della situazione, ma anche qualsiasi residuo di controllo in Cisgiordania, specialmente a Nablus e Jenin. Un alto funzionario palestinese ha dichiarato a Media Line che “i palestinesi della strada non si fidano più di noi” poiché “veniamo visti come un’estensione di Israele”. Vero, ma questa mancanza di fiducia è in atto da anni.

La cosiddetta Intifada dell’Unità del maggio 2021 è stata un importante punto di svolta nella relazione tra l’AP e i palestinesi. L’ascesa della Fossa dei Leoni e di altri gruppi armati palestinesi è solo una manifestazione dei drammatici cambiamenti in corso in Cisgiordania.

La Cisgiordania sta cambiando. C’è una nuova generazione che ha poca o nessuna memoria della Seconda Intifada del 2000-2005 e non ha esperienza dell’invasione israeliana all’epoca, ma è cresciuta sotto l’occupazione e l’apartheid, nutrendosi dei ricordi della resistenza a Jenin, Nablus e Hebron.

A giudicare dai loro discorsi politici, dai canti e simboli, questa generazione non ne può più delle paralizzanti e spesso superficiali divisioni dei palestinesi tra fazioni, ideologie e regioni. Infatti, le brigate di recente formazione, compresa la Fossa dei Leoni, sono ritenute gruppi appartenenti a più fazioni che, per la prima volta, tengono insieme combattenti di Hamas, Fatah e altri su una singola piattaforma. Questo spiega l’entusiasmo popolare e la mancanza di sospetto verso i nuovi combattenti tra i palestinesi comuni.

Per esempio, Sa’ed Al-Kuni, un combattente palestinese ucciso recentemente dai soldati israeliani in un’imboscata nella periferia di Nablus, era un membro della Fossa dei Leoni. Alcuni hanno dichiarato che Al-Kuni era un leader delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa mentre altri dicono che è un noto combattente di Hamas. Questa mancanza di certezza relativamente all’identità politica del combattente ucciso è pressoché unica nella società palestinese, almeno sin dalla fondazione dell’AP nel 1994.

Come da copione, Israele farà quel che ha sempre fatto: ammassare più truppe d’occupazione, aggredire, assassinare, reprimere le proteste e porre l’assedio alle città ribelli e ai campi profughi. Quel che non riesce a capire, almeno per ora, è che la crescente ribellione in Cisgiordania non è generata da pochi combattenti a Nablus e qualche altro a Jenin, ma è il risultato di un sincero sentimento popolare.

In un’intervista a Yedioth Ahronoth, tradotta da Al-Quds, un comandante israeliano ha descritto ciò di cui è stato testimone durante un’incursione a Jenin: “Quando entriamo (in Jenin), combattenti armati e lanciatori di pietre ci attendono a ogni angolo. Tutti vi prendono parte. Guardi un vecchio… e ti domandi, tirerà pietre? E sì, lo fa. Una volta ho visto una persona che non aveva nulla da lanciare. Si è precipitato alla sua auto, ha preso un cartone del latte e ce l’ha tirato addosso”.

I palestinesi sono semplicemente stufi dell’occupazione israeliana e della loro leadership collaborazionista. Sono pronti a mettere tutto in gioco; di fatto, a Jenin e Nablus, lo hanno già fatto. Le settimane e i mesi a venire sono cruciali per il futuro della Cisgiordania e di tutti i palestinesi.

Ramzy Baroud scrive di Medio Oriente da più di 20 anni. Editorialista di fama internazionale, consulente dei media, autore di diversi libri e fondatore di PalestineChronicle.com. Twitter: @RamzyBaroud

https://arab.news/bqhxu

Traduzione di Elisabetta Valento

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