di Oren Ziv,
+972 Magazine, 12 ottobre 2022.
Dopo giorni di blocco quasi totale imposto da Israele, i residenti palestinesi del campo di Gerusalemme Est hanno inscenato uno sciopero di massa e una protesta, per poi essere attaccati dalle forze di sicurezza.

Il campo profughi di Shuafat, nella Gerusalemme Est occupata, è in isolamento quasi totale da sabato sera, dopo che un palestinese, Udai Tamimi, ha aperto il fuoco contro un posto di blocco nel campo e ha ucciso un soldato israeliano.

Il campo profughi ospita circa 100.000 palestinesi residenti di Gerusalemme che, dal completamento del muro di separazione nell’area nel 2006, sono stati tagliati fuori dal resto della città e collegati alla Cisgiordania. Anche se i residenti del campo pagano le tasse alla città, non ricevono quasi nessun servizio municipale e l’area è diventata un territorio senza legge in cui all’Autorità Palestinese è vietato operare e in cui Israele non entra se non per incursioni militari e di polizia.

La sparatoria di sabato e le rappresaglie israeliane si inseriscono in un periodo ormai di mesi di aumentati disordini nella Cisgiordania occupata, in cui ripetuti raid militari israeliani – inscenati con il pretesto di operazioni antiterrorismo – hanno ucciso decine di palestinesi, compresa una serie di minori palestinesi nell’ultima settimana. Nello stesso periodo, diversi soldati israeliani sono stati uccisi in attacchi palestinesi.

Da quando Israele ha imposto il blocco, i residenti hanno potuto lasciare il campo solo in alcuni giorni, in auto o a piedi, e ciò ha comportato lunghe soste al checkpoint che conduce al resto di Gerusalemme, dove è avvenuta la sparatoria, creando code di ore e ingorghi. Anche all’altro checkpoint del campo, che conduce in Cisgiordania, l’esercito ha eretto ulteriori barriere.

I residenti del campo profughi di Shuafat, la maggior parte dei quali lavora o studia a Gerusalemme, riferiscono di carenza di cibo e medicinali, mentre i malati cronici non riescono ad arrivare in tempo alle visite mediche a Gerusalemme.

Il lockdown e la vasta caccia all’uomo che ha sparato (che secondo le autorità si nasconde nel campo profughi di Shuafat), hanno provocato scontri tra giovani palestinesi e forze di sicurezza israeliane, che sono entrate nel campo a tutte le ore del giorno e della notte.

Martedì, i leader palestinesi del campo hanno annunciato piani per uno sciopero generale, in cui nessuna delle decine di migliaia di residenti del campo profughi di Shuafat che lavorano a Gerusalemme o in tutto il territorio israeliano andrebbe a lavorare, mentre scuole e negozi verrebbero chiusi completamente.

Mercoledì mattina, centinaia di residenti – molti dei quali giovani e studenti – hanno tenuto una protesta silenziosa all’ingresso del checkpoint. Di fronte a loro si è radunata una grande forza di polizia. All’approssimarsi delle preghiere pomeridiane e mentre i manifestanti si preparavano a pregare in strada, la polizia ha insistito affinché il traffico fosse lasciato passare, forse per evitare critiche sul fatto che le autorità stessero chiudendo il checkpoint.

Sebbene non ci siano stati lanci di pietre, la polizia ha iniziato a sparare granate assordanti e proiettili con punta di spugna; i manifestanti hanno risposto alla repressione della protesta lanciando pietre e bruciando bidoni della spazzatura. Nel pomeriggio, anche se le forze di sicurezza hanno dichiarato che il checkpoint era aperto, solo i palestinesi registrati come residenti del campo hanno potuto entrare da Gerusalemme, mentre l’uscita è stata chiusa a intermittenza.


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Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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