Editoriale di Haaretz,
Haaretz, 4 agosto 2022.
Per capire il modus operandi del progetto di insediamento israeliano non c’è niente di meglio
che dare un’occhiata all’agenda della sessione di giovedì del Consiglio di Amministrazione
del Fondo Nazionale Ebraico (JNF).
Il Consiglio di Amministrazione deve votare su uno stanziamento di 61 milioni di shekel per
l’acquisto di terreni palestinesi nella Valle del Giordano. Questo fa parte di un accordo che il
Ministero della Difesa sta cercando di completare (come ha riferito Hagar Shezaf). Perché il
Ministero della Difesa dovrebbe essere coinvolto nelle transazioni immobiliari del JNF?
Perché il ministero incaricato di salvaguardare la sicurezza nazionale dovrebbe far pressioni
su un’istituzione nazionale per l’acquisto di terreni in Cisgiordania? E perché il JNF è
coinvolto nel “riscatto” di territori occupati come se lo Stato di Israele non fosse mai stato
fondato?
Il terreno in questione è una terra privata palestinese che Israele ha reso inaccessibile con
un’ingiunzione militare nel 1969 e che è stata poi data da coltivare ai coloni negli anni ’80,
secondo il vecchio e iniquo sistema. Da allora, è stata utilizzata per la coltivazione di datteri
da esportazione. Nel 2018, alcuni dei proprietari palestinesi hanno presentato una petizione
all’Alta Corte di Giustizia, chiedendo che l’ingiunzione militare venga annullata e i coloni
vengano rimossi. Ed è così che il Ministero della Difesa si è trovato in un intrico giudiziario.
“Non lo sapevo”, ha affermato lo Stato in sua difesa nelle udienze sulla petizione. Non sapeva
come i coloni avessero iniziato a lavorare la terra privata palestinese, o come lo Stato o il
dipartimento per gli insediamenti l’avessero assegnata. Il presidente della Corte Suprema,
Esther Hayut, si è giustamente chiesto: “Dato il fatto che non si è in grado di spiegare come la
terra sia stata data a chi è stata data, questo dà forse loro il diritto di rimanere lì per sempre?”.
A quanto pare, il Ministero della Difesa la pensa così. Piuttosto che cancellare l’ingiunzione
militare e rimuovere i coloni, il ministero ha deciso di far acquistare al JNF la terra dai
palestinesi. E infatti il JNF, attraverso la sua controllata Himnuta, ha firmato un contratto per
l’acquisto di un centinaio di ettari, in più riprese.
Ma dopo il completamento dell’acquisto di 41 ettari, l’affare è stato interrotto a causa di
critiche interne, poiché l’acquisto di terreni in Cisgiordania è una questione controversa per il
JNF, il cui consiglio di amministrazione comprende rappresentanti di sinistra.
Secondo fonti del JNF, il Ministero della Difesa ha recentemente contattato di nuovo l’organizzazione,
chiedendo di portare a termine l’accordo. Il voto del consiglio di amministrazione di giovedì è legato anche a un misterioso compromesso di cui non è possibile riferire a causa di un ordine
di segretezza. Così, le varie articolazioni del movimento di insediamento e le operazioni di
acquisizione di terre nei Territori Occupati continuano sotto la copertura dell’oscurità.
Se Israele vuole vivere e prosperare, è necessario un cambiamento radicale, incluso lo
smantellamento di istituzioni nazionali come il JNF. Nel frattempo, si può solo sperare che il
Consiglio di Amministrazione non abbia una maggioranza a favore di questo accordo che
servirebbe a coprire il furto. Ci auguriamo anche che la Corte ordini al ministero di revocare
l’ordine di chiusura militare, di rimuovere i coloni dalla terra e di restituirla ai proprietari
palestinesi.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina