di Akiva Eldar,
Haaretz, 9 agosto 2022.
Per favore leggere attentamente quanto segue: “L’Unione Europea segue con grande preoccupazione gli ultimi sviluppi a Gaza e dintorni. … L’UE chiede la massima moderazione a tutte le parti per evitare un’ulteriore escalation e ulteriori vittime. Sebbene Israele abbia il diritto di proteggere la sua popolazione civile, è necessario fare tutto il possibile per evitare un conflitto più ampio, che colpirebbe innanzitutto le popolazioni civili di entrambe le parti e provocherebbe ulteriori vittime e sofferenze. Questi ultimi eventi evidenziano ancora una volta la necessità di ripristinare un orizzonte politico e di garantire una situazione sostenibile a Gaza”.
Questa la risposta pubblicata sabato dall’Unione. Una lezione perfetta per i cadetti della divisione Israele-Palestina della sede centrale dell’UE a Bruxelles su come non dire nulla in 50-60 parole. Iniziare con “segue con preoccupazione”, poi continuare con “tutte le parti” prima di finire con la battuta finale: “orizzonte politico”. Non una parola sull’occupazione israeliana, nessuna traccia del fatto che la Striscia di Gaza sia la più grande prigione del mondo, e nemmeno una parola sulla decisione di Israele di calare il sipario sull’orizzonte politico. Sembra che dopo aver detto goodbye al sogno della Pax Americana, possiamo dire au revoir anche all’Europa.
Alla vigilia dell’operazione, il ministro degli Esteri dell’UE Josep Borrell ha annunciato il rinnovo del Consiglio di Associazione israelo-europeo. Inutile dire che Yair Lapid ha salutato la decisione, per la quale gli è stato dato credito anche da Israel Hayom. Il primo ministro ha affermato che il rinnovo del dialogo con l’UE è la prova del potere diplomatico di Israele. In realtà, si tratta di un’altra dimostrazione dell’ipocrisia dell’UE.
Dieci giorni prima che Bruxelles suonasse il suo gradevole squillo di tromba, la capitale dell’UE aveva rilasciato una dichiarazione insolitamente dura di condanna di Israele. Il delegato dell’UE in Israele, Sven Kühn von Burgsdorff, aveva avvertito che le misure adottate dalle forze di sicurezza israeliane contro i residenti di Masafer Yatta “potevano portare al più grande trasferimento forzato commesso negli ultimi decenni nei territori palestinesi occupati”. L’annuncio, pubblicato a seguito della visita dell’alto diplomatico, insieme ad altri delegati dell’UE, nell’area tormentata delle colline a Sud di Hebron, proseguiva affermando che le azioni di Israele nell’area costituiscono una chiara violazione del diritto internazionale e dei diritti umani fondamentali.
E cosa è successo da allora? Gli europei hanno fatto un cenno e il convoglio di bulldozer dell’Amministrazione Civile ha calpestato decine di case e rifugi per animali a Masafer Yatta. Altri trenta ordini di demolizione e un ordine di sequestro che consente la pavimentazione di una strada di ricognizione sono in attesa di essere eseguiti. Per la prima volta in molti anni, in quella zona sono riprese la esercitazioni militari, mettendo in pericolo la distribuzione di aiuti umanitari alle famiglie bisognose, compresi gli aiuti forniti dagli stati membri dell’Unione Europea.
Il più grande contributo dell’UE alla lotta contro l’occupazione israeliana è stata la decisione, nel luglio 2013, di proibire agli Stati membri di cooperare e finanziare le attività che avvengono negli insediamenti in Cisgiordania, a Gerusalemme Est e sulle Alture del Golan, anche sotto forma di borse di studio e fondi di ricerca. Inoltre, è stato deciso che qualsiasi accordo futuro con Israele dovrà specificare che non si applica agli insediamenti. In risposta a questa “drammatica” decisione, il primo ministro israeliano, fortemente di destra, ha annunciato il boicottaggio del Consiglio di Associazione. Questo è il forte premier di destra che fa per voi. L’allora ministro delle Finanze Yair Lapid definì la decisione “deplorevole” e sostenne che rappresentava “un pessimo tempismo, che ostacolava gli sforzi del Segretario di Stato americano per rinnovare i negoziati israelo-palestinesi”.
E cosa è successo negli ultimi nove anni quanto ai negoziati con i palestinesi? Il governo Netanyahu è stato sostituito da un “governo del cambiamento” che ha annunciato la sua contrarietà non solo alla soluzione dei due Stati, ma al concetto stesso di negoziati. E come ha influito la decisione europea sulla politica degli insediamenti? Il numero di coloni in Cisgiordania è cresciuto da 365.000 a quasi 500.000. Inoltre, il governo ha annunciato progetti di costruzione nel Golan e a Gerusalemme Est, l’Università di Ariel [che si trova in un insediamento, NdT] è stata aggiunta al Consiglio per l’istruzione Superiore e al Comitato per la Pianificazione e il Bilancio. Come ciliegina sulla torta, il Ministero della Difesa intende stanziare decine di milioni di shekel per l’acquisto di proprietà palestinesi nella Valle del Giordano.
Nella sua protesta contro la decisione dell’UE di escludere gli insediamenti, Lapid ha anche fatto la seguente importante osservazione: “Ogni giorno che passa, senza che Israele sia in trattative con i palestinesi, è un giorno in cui la sua posizione internazionale è ulteriormente compromessa”. Lapid si sbagliava, e di grosso. La posizione internazionale di Israele non è stata compromessa. Ne sono testimonianza la nascita degli Accordi di Abramo e la ripresa delle riunioni del Consiglio di Associazione. Tutto questo mentre Israele persiste nel suo rifiuto di rinnovare i negoziati, promuove gli insediamenti e ignora gli abusi criminali perpetrati dai coloni ai danni dei palestinesi.
Il prezzo minimo da pagare a Bruxelles dovrebbe essere l’ordine immediato di fermare le ruspe a Masafer Yatta. Un’entità politica seria non può accontentarsi di “seguire con preoccupazione”, “tutte le parti” per un “sostenibile” futuro a Gaza.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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