di Marwan Bishara,
Al-Jazeera, 21 luglio 2022.
Le alleanze iper-strategiche che hanno caratterizzato la regione durante la Guerra Fredda sembrano ora diventare ibride, fluide, pragmatiche e imprevedibili.
Mentre è arrivato un nuovo tipo di Guerra Fredda a dominare le relazioni tra America e Russia, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di quest’ultima, i principali attori mediorientali si mantengono a distanza, rifiutando di schierarsi.
È segno che le alleanze iper-strategiche che hanno polarizzato la regione e il mondo durante la vecchia Guerra Fredda stanno diventando ibride, fluide, pragmatiche e imprevedibili.
Durante la vecchia Guerra Fredda, il Medio Oriente è stato caratterizzato da un maggiore intervento straniero e da conflitti ad alta intensità relativamente più frequenti.
Il post-Guerra Fredda è stato ancora peggiore per lo sfortunato Medio Oriente: negli ultimi 20 anni, esso è stato protagonista della maggior parte dei conflitti più letali del mondo. Ma mentre le guerre in Siria, Yemen e Libia si esauriscono; mentre i conflitti regionali finiscono in vicoli ciechi e le potenze regionali e globali mostrano segni di debolezza e stanchezza, un nuovo atteggiamento geopolitico sta prendendo forma.
Questa nuova dinamica è apparsa chiaramente durante il recente vertice arabo-americano a Gedda e il vertice trilaterale tra Russia, Iran e Turchia a Teheran.
Il vertice della scorsa settimana a Gedda ha messo in luce la divergenza e la sfiducia tra gli Stati Uniti e i suoi partner/clienti in Medio Oriente. Il Presidente Joe Biden ha cercato di convincerli ad aumentare la produzione di petrolio e a cessare ogni cooperazione con Mosca, ma senza successo. Nonostante le suppliche e le pressioni di Washington, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e l’Egitto non hanno dato alcun segno di voler interrompere i rapporti con Mosca in materia di energia e commercio. Questo è ben diverso dagli anni ’80, quando l’Arabia Saudita si schierò dalla parte di Washington nella Guerra Fredda, aiutando a sloggiare i sovietici dall’Afghanistan e abbassando il prezzo del petrolio dietro le pressioni americane.
Durante il suo primo viaggio nella regione in qualità di Presidente, Biden, che solo di recente aveva inveito contro i regimi ‘paria’ che governano in Medio Oriente, si è ringoiato le sue parole e il suo orgoglio al servizio ‘dell’interesse nazionale’. Tuttavia, Riyadh e il Cairo hanno rifiutato i dettami degli Stati Uniti, di cui hanno persino messo in dubbio la competenza strategica e la capacità di resistenza, visto l’umiliante ritiro USA dall’Iraq e dall’Afghanistan e il suo comportamento erratico negli ultimi due decenni.
Il relativo declino americano rispetto all’ascesa della Cina e alla ripresa della Russia ha spinto i suoi alleati a stabilire relazioni estere ibride, non-esclusive, basate solo sui loro interessi nazionali e di regime. È come se la chutzpah [faccia tosta] di Israele avesse alla fine contagiato i suoi vicini, amici e nemici. Come fa Tel Aviv, così altri importanti attori medio-orientali vogliono le armi americane e l’aiuto americano, ma non i consigli dell’America.
Nonostante sia il più stretto alleato regionale di Washington e la prima tappa del viaggio in Medio Oriente del presidente Biden, Israele ha rifiutato di assecondare i desideri degli Stati Uniti non solo riguardo alla Russia, ma anche riguardo all’Iran e alla Palestina. In effetti, Israele, che ha portato la dinamica invertita della “coda che scodinzola il cane” a un livello completamente nuovo, ha trattato ancora una volta l’America come se fosse solo uno stupido cucciolo.
Così come Israele, l’Arabia Saudita e i suoi alleati regionali, anche la Turchia, che si trova a cavallo tra est e ovest, geograficamente e geopoliticamente, è diventata ibrida da qualche tempo.
Nel vertice trilaterale di questa settimana a Teheran, questo importante membro della NATO ha raggiunto nuovi accordi con i nemici strategici di Washington, l’Iran e la Russia, proponendo persino una vendita di armi agli ayatollah.
Dopo che gli alleati della NATO si sono rifiutati di venderle sistemi di difesa aerea a condizioni accettabili, la Turchia si è rivolta al nemico della NATO, la Russia, per acquistare il suo sofisticato sistema S-400, con grande disappunto di Washington. A questo punto, anche l’Arabia Saudita ha mostrato un analogo atteggiamento di sfida, intavolando trattative con Mosca per acquistare il sistema di difesa russo.
E come la Turchia, Israele e l’Arabia Saudita, anche l’Iran sta cercando di intraprendere relazioni ibride, alleandosi con la Cina e la Russia, pur rimanendo aperto alla collaborazione con l’Europa e insistendo nel negoziare un ritorno all’accordo nucleare con gli Stati Uniti. E dopo l’invasione dell’Ucraina, la Russia è diventata più dipendente dall’Iran per controbilanciare le influenze americane e turche in Siria.
Nel frattempo, questi attori centrali in Medio Oriente stanno intraprendendo relazioni ibride sia all’interno che all’esterno della regione. L’Iran e l’Arabia Saudita possono essere acerrimi nemici, bloccati in una sorta di logica da Guerra Fredda, ma sono anche coinvolti in colloqui diplomatici diretti per ridurre le tensioni nel Golfo e trovare un accordo sui punti caldi della regione, come Yemen, Iraq, Siria, Libano, ecc.
Dinamiche simili sono emerse tra gli Emirati Arabi Uniti e l’Iran, in quanto gli EAU hanno normalizzato le relazioni con il regime di Assad in Siria e si sono in un certo senso tirati fuori dalla guerra in Yemen, stabilendo al contempo relazioni diplomatiche, di sicurezza e strategiche con l’acerrimo nemico dell’Iran, Israele.
In sostanza, le nuove dinamiche geopolitiche ‘ibride’ sono ben diverse dal rigido bipolarismo che ha diviso e dominato il mondo per decenni. Poiché il mondo combatte le guerre nello stesso modo in cui fa affari e fa politica, utilizzando strumenti e metodi simili, questo cambiamento probabilmente si rivelerà duraturo e globale. In altre parole, malgrado il rischio di un’eccessiva semplificazione, c’è da aspettarsi che un numero sempre maggiore di governi persegua politiche ibride in un ambiente sempre più ibrido, caratterizzato da lavoro ibrido, auto ibride e guerra ibrida. Questo complicherà ulteriormente le dinamiche globali e regionali, producendo una realtà in vertiginoso cambiamento, rendendo sempre più difficile prevedere cosa potrà accadere in seguito, dove potrà verificarsi una nuova esplosione, o se alcuni Paesi potranno raggiungere un accordo il giorno dopo.
Tutto questo solleva una domanda: il passaggio da relazioni rigide a relazioni ibride porterà stabilità o addirittura pace in Medio Oriente? Potrebbe effettivamente ridurre l’instabilità inter- e intra-nazionale per qualche tempo, ma a meno che e fino a quando gli attori regionali non utilizzeranno questa strategia per affrontare le questioni urgenti della giustizia e dei diritti umani, aspettatevi ancora la stessa instabilità e la stessa violenza.
Marwan Bishara, analista politico senior presso Al Jazeera.È un autore che scrive molto sulla politica globale ed è considerato come un’autorità di primo piano sulla politica estera degli Stati Uniti, sul Medio Oriente e sugli affari strategici internazionali. In precedenza è stato professore di Relazioni Internazionali presso l’Università Americana di Parigi.
https://www.aljazeera.com/opinions/2022/7/21/the-middle-east-from-hyper-to-hybrid/
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
.