20 luglio 2022.
Dal giugno 2007, i governi israeliani che si sono succeduti hanno imposto un severo regime di chiusura e blocco alla popolazione civile di Gaza. Questo è stato un capitolo devastante della frammentazione decennale imposta al popolo palestinese, con il continuo logoramento dei suoi diritti fondamentali. L’effetto punitivo di questa politica è stato quello di isolare ulteriormente i suoi 2,1 milioni di abitanti, la maggior parte dei quali sono rifugiati, ai quali è stato negato il diritto di ritornare alle loro case in seguito alla ‘Nakba’ (‘catastrofe’) del 1948.
Nel 2010, l’allora Primo Ministro britannico David Cameron definì Gaza un ‘campo di prigionia‘ e chiese la fine del blocco. Undici anni dopo, il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres ha dichiarato: “Se esiste un inferno sulla terra, è la vita dei bambini a Gaza”. Questi commenti sono in accordo con il fatto che la chiusura di Gaza sia stata ritenuta illegale secondo il diritto internazionale, anche dal Comitato Internazionale della Croce Rossa e dagli esperti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, sulla base del fatto che essa costituisce una “punizione collettiva”.
Con le sue indiscriminate restrizioni all’ingresso e all’uscita di persone e merci, la politica di deliberata chiusura ha portato al de-sviluppo dell’economia di Gaza, a ripetute crisi umanitarie e a condizioni socio-economiche che continuano a deteriorarsi di anno in anno. Le infrastrutture essenziali civili e assistenziali di Gaza, già gravemente inadeguate alle esigenze di una popolazione in crescita, faticano a funzionare. Nel 2021, le cicliche interruzioni di corrente elettrica sono state in media di 11 ore al giorno, mentre il 78% dell’acqua corrente non è adatta al consumo umano. Le risorse naturali sono state rovinate, con agricoltori, pescatori e altri settori commerciali che non sono in grado di provvedere alle loro famiglie e comunità. Oggi il 62% dei palestinesi di Gaza ha bisogno di assistenza alimentare e il 59% vive in povertà.
La carenza di attrezzature essenziali, di elettricità, di personale specializzato e di forniture mediche significa che il sistema sanitario non è in grado di soddisfare le esigenze della popolazione. I permessi per uscire da Gaza per sottoporsi a cure mediche vitali nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est, oppure all’estero, vengono regolarmente rifiutati o ritardati. Molti pazienti sono morti in seguito al rifiuto o al ritardato accoglimento della loro richiesta. Allo stesso tempo, la precarietà dell’economia e delle infrastrutture civili di Gaza è stata esacerbata dai ripetuti attacchi militari di Israele a partire dal 2008. Le infrastrutture essenziali necessarie per il benessere dei palestinesi, comprese le strutture sanitarie, le scuole e le università, sono state distrutte o danneggiate. Gli attacchi ricorrenti contro obiettivi civili sono sostenuti dalla sistematica impunità che fa seguito alle evidenti gravi violazioni del diritto internazionale.
Gli ultimi quindici anni della chiusura imposta a Gaza, con le sue gravi conseguenze umanitarie, di diritti umani e politiche per i palestinesi di Gaza e per il popolo palestinese nel suo complesso, sono stati consentiti e sostenuti dalle inadempienze della comunità internazionale. È ora che il governo britannico dimostri il suo costante sostegno alla legalità e ai diritti dei popoli sotto occupazione militare e che assolva ai suoi doveri legali e morali verso il popolo palestinese.
Chiediamo al Governo britannico di agire con urgenza, in collaborazione con la comunità internazionale, per ottenere la fine immediata e completa del blocco di Gaza; per garantire un flusso sostenuto e regolare di persone e merci in entrata e in uscita dalla Striscia; e per sostenere indagini autentiche e conseguenze legali per le violazioni della legge internazionale umanitaria e dei diritti umani commesse da tutte le parti interessate. Chiediamo inoltre al Governo di ripristinare immediatamente l’assistenza britannica ai palestinesi, che è stata tagliata in un momento di impellente necessità. Come priorità, il Governo britannico deve invertire i suoi tagli all’UNRWA e lavorare a livello internazionale per garantire che l’Agenzia riceva finanziamenti sostenibili e che i diritti e la dignità dei rifugiati palestinesi siano rispettati.
Amos Trust
ABCD Bethlehem
CAFOD
Christian Aid
Council for Arab-British Understanding (Caabu)
Embrace the Middle East
Friends of Birzeit University (Fobzu)
Friends of Nablus and Surrounding Areas (FONSA)
Interpal
Islamic Relief
Lawyers for Palestinian Human Rights (LPHR)
Medical Aid for Palestinians (MAP)
Quakers in Britain
Sabeel-Kairos UK
War On Want
Welfare Association
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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