15 maggio: Giornata della Nakba

da Shiri Ourian,

American Friends of the Parents Circle, 13 maggio 2022. 

Il 15 maggio i palestinesi celebrano la Giornata della Nakba (catastrofe in arabo). Questo giorno si ricorda la distruzione, lo sfollamento forzato e la perdita di vite umane avvenuti nel 1948 in seguito alla creazione dello Stato di Israele. E la devastazione che continua a verificarsi ancora oggi a causa dell’occupazione. In occasione di questa giornata, abbiamo chiesto a tre palestinesi in lutto cosa significa per loro la Nakba.

Yousra Mahfouz, madre palestinese in lutto, originaria del villaggio palestinese di Yazer, oggi chiamato Holon in Israele. Oggi vive nel campo profughi di al-Arroub, in Cisgiordania.

“La Nakba, per me, significa la fine della mia esistenza nella mia patria. Essere un’esule, una rifugiata in una casa lontana da quella in cui sono cresciuta. Ed essere ancora oggi una rifugiata.

Le persone devono trasmettere alla generazione successiva il loro legame e il loro amore per la patria, ma devono anche piantare nel cuore dei loro figli i semi dell’amore e della speranza di tornare a casa.

Come disse il poeta al-Shabi, ‘la notte deve passare; un giorno la catena sarà spezzata”.

Ahmed Al-Jaafari, nipote palestinese in lutto. Vive nel campo profughi di Deheisha, in Cisgiordania.

“La Nakba ha distrutto la mia famiglia, come altre famiglie di rifugiati. Ci ha trasformati da contadini e proprietari terrieri in abitanti delle tende che vivono con gli aiuti dell’UNRWA.

La Nakba ha lo stesso significato oggi come nel 1948. Continua anche oggi, anche se avviene a un ritmo più lento o con mezzi diversi. È la storia di un dolore continuo. E il mondo deve ascoltare la voce di chi soffre”.

Osama Abuayyash, co-direttore palestinese del Parents Circle. Osama ha perso 4 familiari a causa del conflitto.

“Durante la Nakba, la mia famiglia ha perso un’enorme parte delle nostre terre tra Beersheba e ad-Dhahiriya. Il nostro quartiere è stato occupato e su di esso è stato costruito il kibbutz Lehvim.

Nel 1948, ho perso mio nonno a Kofor Etzion, oggi chiamato Gush Etzion.

Tutto questo continua ancora oggi. Ci sono demolizioni di case, confische di terre, uccisioni e arresti ogni giorno.

Voglio che la gente e il mondo intero sappiano che ci sono persone che vivono ancora sotto occupazione e che la loro Nakba continua ogni giorno”.

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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