Il “donatore attivista” Haim Saban traccia la linea rossa per i Democratici americani: non “minare” le relazioni con Israele

Apr 29, 2022 | Riflessioni

di Philip Weiss,  

Mondoweiss, 27 aprile 2022. 

Aiutata dal mega-donatore Haim Saban, l’AIPAC ha raccolto quasi 16 milioni di dollari in tre mesi per mettere in riga quei candidati democratici che potrebbero “minare” le relazioni con Israele. Questa è una battaglia tra l’establishment democratico e la sua base.

Jared Kushner e Haim Saban al Saban Forum, Brookings Institution, 3 dicembre 2017.

Ieri l’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee) ha rilasciato una dichiarazione sul suo grande investimento finanziario nelle primarie del Partito Democratico e ha stabilito le regole politiche per i Democratici che parlano di Israele. Criticare Israele è al di là di una linea rossa: non oltrepassarla mai. Haim Saban, uno dei maggiori donatori del partito, è lì per far rispettare la linea, in un processo che va dall’alto verso il basso. Perché in realtà è tutta una questione della solita cosa, i soldi.

Ecco la dichiarazione che il capo dell’UDP (United Democracy Project, il comitato finanziamenti dell’AIPAC) ha rilasciato a Jewish Insider:

“Intendiamo essere attivi in ​​un numero significativo di competizioni elettorali in cui ci sia una chiara differenza tra un candidato che sostiene un forte rapporto tra USA e Israele e un candidato che non lo fa, o che potrebbe cercare di minare quel rapporto”, ha detto il portavoce dell’UDP Patrick Dorton a Jewish Insider. “Il nostro obiettivo è aiutare a costruire la più ampia coalizione bipartisan di candidati che sostengano le relazioni USA-Israele… I nostri donatori attivisti, che includono uno dei maggiori donatori del Partito Democratico, fanno di tutto per garantire che il Congresso degli Stati Uniti sostenga, come fa il presidente Biden, una intensa e solida relazione con il nostro alleato democratico, Israele”.

Il più grande donatore attivista è Haim Saban, che ha donato 1 milione di dollari al comitato finanziamenti dell’AIPAC e ha detto: “Io mi occupo di un unico problema e il mio problema è Israele”.

Saban ha stabilito già da molto tempo le regole nell’establishment del Partito Democratico. Ha tenuto Barack Obama allineato con Israele e ha raccolto molti soldi per lui. Successivamente, nel 2015 ha negoziato le posizioni di Hillary Clinton su Israele in modo che lei non perdesse i “donatori ebrei”; la Clinton si è dichiarata favorevole all’accordo di Obama con l’Iran, ma ha anche rilasciato una dichiarazione contro il BDS, la campagna di boicottaggio contro Israele. Saban ha avvertito lo staff della campagna elettorale della Clinton (lasciando trapelare alcune e-mail), che “migliaia” di sostenitori di Israele avevano bisogno di segnali chiari sulla posizione israeliana della candidata.

L’allora senatrice Hillary Rodham Clinton e Haim Saban al Saban Forum 2006. (Foto: Marshall H. Cohen, Centro Saban at Brookings)

Si possono vedere i nomi di qualche dozzina di grandi donatori nel rapporto di raccolta fondi dell’AIPAC negli ultimi 3 mesi: quasi 16 milioni di dollari! Sono un sacco di soldi, raccolti in poco tempo. Ecco perché il New York Times ha definito i “donatori ebrei” che danno la priorità a Israele come “l’elefante nella stanza” della nostra politica estera. O perché una commissione di J Street ha affermato che il peso dei donatori ebrei nel Partito Democratico è “gigantesco” e “scioccante”.

Ecco perché Nancy Pelosi (che raccoglie un sacco di soldi da Saban) ha detto che il Campidoglio crollerà e andrà in rovina prima che il Congresso si allontani da Israele. E perché nel 2016 e anche nel 2020 il Partito Democratico ha rimosso ogni riferimento all’occupazione israeliana, con Joe Biden che è intervenuto personalmente per rimuovere l’imbarazzante parola dalla sua piattaforma. Così come Barack Obama era intervenuto personalmente per inserire le parole, “Gerusalemme è e rimarrà la capitale di Israele”, nella piattaforma del partito nel 2012, facendo infuriare la base democratica.

La base democratica non pensa che le relazioni con Israele siano così importanti. Gli elettori democratici mettono Israele al 9° posto nella lista dei paesi alleati.

Ma questa è una battaglia tra l’establishment democratico e la base. Haim Saban ha lavorato a stretto contatto con il defunto Sheldon Adelson, il più grande donatore di Trump, quando si è trattato di Israele, ed è molto amico di Jared Kushner, genero di Trump e principale inviato in Medio Oriente. Ma tutto ciò viene facilmente perdonato quando si parla di un donatore chiave del Partito Democratico.

Per quanto riguarda quei candidati al Congresso che “potrebbero cercare di minare” le relazioni con Israele, l’AIPAC teme che la cosiddetta Squad (Squadra) dei Democratici progressisti al Congresso possa crescere.

L’AIPAC condivide la paura della Squad con la Maggioranza Democratica per Israele (DMFI), un’organizzazione nata solo tre anni fa, quando i primi membri della Squad sono stati eletti al Congresso. Il marchio di fabbrica di DMFI è quello di investire soldi in quelle elezioni locali in cui ci sia un candidato progressista di colore che è critico nei confronti di Israele, in modo da sostenere i candidati favorevoli a Israele. Il loro tipico esempio è Ritchie Torres, il politico del Bronx che di recente ha detto: “Cerco di affrontare la questione [Iran] non dal punto di vista di un americano, ma dal punto di vista di un israeliano”.

L’anno scorso DMFI ha contribuito a sconfiggere Nina Turner alle primarie di Cleveland per un posto rimasto vacante; ora la Turner sta correndo di nuovo e viene ripetutamente attaccata dall’AIPAC come “anti-israeliana” perché è una democratica di Sanders che ha espresso lievi critiche a Israele. Lottando ora per riabilitare il suo nome, contro un avversario che ha il sostegno dell’AIPAC, la Turner dice di avere “il cuore spezzato dall’accusa infamante” di essere antisemita: “Alcuni di quegli attacchi sono stati finanziati da interessi repubblicani e persino da donatori di Trump”.

La Turner afferma che quegli attacchi stanno cercando di creare un cuneo tra comunità ebraiche e comunità nere, che hanno entrambe combattuto la supremazia bianca negli Stati Uniti

Insomma, nel Partito Democratico va bene criticare la supremazia bianca negli Stati Uniti, ma vieni preso di mira se parli della supremazia ebraica in Israele. Diversi rapporti sull’apartheid di importanti organizzazioni per i diritti umani hanno documentato questa supremazia ebraica, ma se li menzioni sei subito bollato come antisemita da qualche collega democratico alla Camera, perché hai “infangato” Israele.

L’ala sinistra della lobby israeliana (ad esempio J Street) non aiuta molto quando si tratta di politica israeliana. J Street sta combattendo una buona battaglia contro l’AIPAC per il suo sostegno ai repubblicani trumpisti, ma J Street sta rafforzando alcune delle stesse linee rosse da non oltrepassare quando si tratta di Israele. Dice che sostenere il BDS è antisemita e rifiuta la conclusione di innumerevoli gruppi per i diritti umani secondo i quali Israele è uno stato di apartheid.

Questa è una battaglia tra l’establishment democratico e la sua base. Secondo l’Università del Maryland, gli elettori democratici che vorrebbero gli USA schierati dalla parte palestinese sono il doppio di quelli che li vorrebbero schierati dalla parte di Israele (il 17,9% contro il 9,5%). Ma le loro opinioni non vengono prese in considerazione, perché il denaro è il latte materno della politica.

Ringraziamenti a Michael Arria, Adam Horowitz e James North.

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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