Come l’esperimento di “sicurezza” che Israele fa in Palestina è diventato globale

di Ramzy Baroud,

Arab News, 15 novembre 2021. 

Dimostranti palestinesi fuggono per i gas lacrimogeni sparati dalle forze di sicurezza israeliane, durante una protesta contro la costruzione di avamposti su terre palestinesi a Beit Dajan, a est di Nablus nella Cisgiordania occupata. 12 novembre 2021. (AFP)

La rivelazione, qualche anno fa, che la National Security Agency statunitense stava conducendo una sorveglianza di massa su milioni di americani ha riacceso il discorso sulla cattiva condotta dei governi e sulle loro violazioni dei diritti umani e delle leggi sulla privacy.

Fino a poco tempo fa, tuttavia, a Israele erano state risparmiate le critiche che meritava non solo per i suoi metodi di spionaggio illegali sui palestinesi, ma anche per essere stato l’ideatore di molte delle tecnologie che ora vengono pesantemente criticate dai gruppi per i diritti umani in tutto il mondo.

Anche al culmine delle varie controversie che hanno coinvolto la sorveglianza del governo nel 2013, Israele è rimasto ai margini, nonostante il fatto che Tel Aviv, più di ogni altro governo al mondo, utilizzi il profiling razziale, la sorveglianza di massa e numerose tecniche di spionaggio per sostenere la sua occupazione militare della Palestina.

A Gaza, 2 milioni di palestinesi vivono sotto il blocco israeliano. Sono circondati da muri, recinzioni elettriche, barriere sotterranee, navi della marina e cecchini. Dall’alto, i droni senza pilota osservano e registrano tutto. A volte, questi droni armati vengono usati per distruggere qualsiasi cosa ritenuta sospetta dal punto di vista della “sicurezza” israeliana.

Allo stesso tempo, ogni palestinese che desideri lasciare o tornare a Gaza –e solo a pochi è concesso tale privilegio– è sottoposto alle più severe misure di sicurezza, che coinvolgono varie agenzie governative di intelligence e infiniti controlli militari. Questo vale tanto per un bambino palestinese quanto per una donna malata terminale.

In Cisgiordania, “l’esperimento” di sicurezza di Israele ha molte altre manifestazioni. Mentre l’obiettivo israeliano è quello di rinchiudere la gente a Gaza, il suo scopo è anche quello di controllare la vita quotidiana dei palestinesi in Cisgiordania e Gerusalemme Est. Oltre al muro dell’apartheid di 1.660 km in Cisgiordania, ci sono molti altri muri, recinzioni, trincee e barriere che mirano a frammentare le comunità palestinesi in Cisgiordania. Queste comunità isolate sono collegate solo da un elaborato sistema di posti di blocco militari israeliani, molti dei quali sono permanenti, mentre molti altri vengono eretti o smantellati a seconda degli obiettivi di sicurezza di ogni giorno.

Gran parte della sorveglianza avviene quotidianamente in questi checkpoint israeliani. Mentre Israele usa il comodo termine “sicurezza” per giustificare le sue pratiche contro i palestinesi, la sicurezza reale ha molto poco a che fare con ciò che avviene in questi posti di blocco. Molti palestinesi sono morti, e molte madri hanno partorito o perso i loro neonati mentre aspettavano le autorizzazioni di sicurezza israeliane. È un tormento quotidiano e i palestinesi vi sono sottoposti perché sono i partecipanti inconsapevoli di un esperimento israeliano altamente redditizio.

Per fortuna, le notizie sulle pratiche antidemocratiche di Israele stanno diventando sempre più diffuse. Il Washington Post la settimana scorsa ha rivelato un’operazione di sorveglianza di massa israeliana che sta usando una tecnologia conosciuta come Blue Wolf per creare un database di tutti i palestinesi. Questo permette alle truppe israeliane di fotografare il maggior numero possibile di palestinesi e abbinarli a un database di immagini così ampio che un ex soldato lo ha descritto come il segreto “Facebook per i palestinesi” dell’esercito.

Sappiamo molto poco di questo database, a parte ciò che è stato rivelato dai media. Tuttavia, sappiamo che i soldati israeliani fanno a gara per scattare il maggior numero possibile di foto di palestinesi, poiché quelli con il maggior numero ricevono determinate ricompense, la cui natura rimane poco chiara.

Mentre la storia di Blue Wolf sta attirando l’attenzione dei media internazionali, non offre nulla di nuovo per i palestinesi. Essere un palestinese che vive sotto l’occupazione significa portare con sé molteplici permessi e carte magnetiche, superare vari controlli, farsi fotografare regolarmente, avere i propri movimenti monitorati ed essere pronti a rispondere a qualsiasi domanda sui propri amici, familiari, colleghi e conoscenti in qualsiasi momento. Quando questo è impraticabile perché, ad esempio, si vive sotto assedio a Gaza, allora il lavoro è affidato a droni senza pilota che scrutano cielo, terra e mare.

Il motivo per cui Blue Wolf sta guadagnando terreno nei media è che Israele è stato recentemente coinvolto in una delle più grandi operazioni di spionaggio del mondo.

Pegasus è un tipo di malware che spia gli iPhone e i dispositivi Android al fine di estrarre foto, messaggi ed e-mail, oltre a registrare le chiamate. Decine di migliaia di persone in tutto il mondo, tra cui attivisti di spicco, giornalisti, funzionari e leader aziendali, sono caduti vittima di questa operazione.

Non sorprende che Pegasus sia prodotto dall’azienda tecnologica israeliana NSO Group, i cui prodotti sono pesantemente coinvolti nel monitoraggio e nello spionaggio dei palestinesi, come confermato dal Front Line Defenders di Dublino e come riportato dal New York Times la scorsa settimana.

Purtroppo, le pratiche illegali e antidemocratiche di Israele sono diventate oggetto di condanna internazionale solo quando le vittime erano personalità di alto livello, tra cui il presidente francese Emmanuel Macron. Quando i palestinesi erano l’oggetto dello spionaggio, della sorveglianza e del profiling razziale di Israele, la storia non sembrava degna di essere riportata.

Peggio ancora, per molti anni, Israele ha promosso nel resto del mondo la sua sinistra “tecnologia di sicurezza” come “provata sul campo”, il che significa che è stata usata contro i palestinesi sotto occupazione. Anche se questa dichiarazione ha sollevato qualche perplessità, il marchio collaudato ha permesso a Israele di diventare l’ottavo esportatore di armi al mondo. Le esportazioni di sicurezza israeliane sono ora utilizzate in molte parti del mondo. Si possono trovare negli aeroporti nordamericani ed europei, al confine tra Messico e Stati Uniti, nelle mani di varie agenzie di intelligence, nelle acque territoriali dell’UE, in gran parte per intercettare rifugiati e richiedenti asilo.

Coprire le pratiche illegali e disumane di Israele contro i palestinesi si è rivelato sempre più difficile anche per chi aveva giustificato le azioni israeliane in nome della sicurezza, compreso Washington. L’amministrazione Biden questo mese ha deciso di mettere nella lista nera il gruppo NSO per aver agito “contro la sicurezza nazionale o gli interessi di politica estera degli Stati Uniti”. Questa è una misura corretta, naturalmente, ma non affronta le violazioni israeliane contro il popolo palestinese.

La verità è che, finché Israele manterrà la sua occupazione militare della Palestina, e finché l’esercito israeliano continuerà a vedere i palestinesi come l’oggetto di un esperimento di sicurezza di massa, il Medio Oriente –di fatto, il mondo intero– continuerà a pagarne il prezzo.

Ramzy Baroud scrive di Medio Oriente da più di 20 anni. È un editorialista di fama internazionale, un consulente dei media, autore di diversi libri e fondatore di PalestineChronicle.com.

https://www.arabnews.com/node/1968566

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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