di Amira Hass,
Haaretz, 9 agosto 2021.
Smettiamola di dire “i soldati hanno sparato senza motivo” o “un ragazzo palestinese è stato ucciso senza motivo”. Primo, perché un motivo c’è, e secondo, perché questo tipo di discorsi non fanno altro che radicare la rappresentazione della realtà che il governo vuole.
Cominciamo dal secondo punto. Quando si dice che “i soldati hanno sparato senza motivo” all’auto su cui viaggiavano Muayad al-Alami e i suoi figli Mohammed, Anan e Ahmed, è come dire che tutto è normale e che non c’è niente di strano se dei soldati stranieri armati sono stazionati h24, 7 giorni su 7 nel cuore di una popolazione civile.
Questo è ciò che l’IDF e il governo vogliono farci pensare, questo è ciò che ci dicono le squadre di coloni e ciò che finiscono per pensare gli ebrei israeliani che fanno una rapida visita a Yesha-stan. La frase “hanno sparato/è stato ucciso senza motivo” contiene al suo interno la premessa che è il comportamento di un certo palestinese o della popolazione palestinese nel suo insieme che deve essere esaminato, perché devono essere certamente loro quelli che hanno deviato dalle regole che i soldati si aspettano che vengano rispettate. E per ogni nuovo plotone di soldati che arriva in Cisgiordania, i palestinesi sono come nuove reclute che sono trovate in una struttura militare israeliana e hanno bisogno di imparare le sue regole.
Questa premessa significa che se Mohammed, non ancora di 12 anni, non ha dato ai soldati un motivo per ucciderlo, suo padre Muayad deve aver dato un motivo per uccidere suo figlio. Come ha avuto l’audacia di guidare in retromarcia mentre i soldati guardavano? E quando anche si scoprisse che la guida in retromarcia non è una ragione sufficiente per uccidere un bambino, ci sono ancora tutte le altre persone uccise con tutte le ragioni che hanno dato ai soldati per ucciderle, e che consentono al popolo israeliano di sostenere l’uccisione: i residenti di Beita che protestavano contro il furto della loro terra; i residenti di Gaza che protestavano contro l’ergastolo loro inflitto; i contadini che hanno il coraggio di vivere per decenni accanto a nuovissimi avamposti e resistere alla violenza dei teppisti che vi abitano.
Ma non c’è niente di normale in una forza di occupazione militare che controlla una popolazione civile per 54 anni e oltre. Quindi è un peccato che senza nemmeno accorgersene, B’Tselem e il sito di notizie Siha Mekomit abbiano normalizzato la presenza dell’esercito scrivendo che i filmati delle telecamere di sorveglianza dimostrano che “non c’era motivo per gli spari” che hanno ucciso Mohammed al-Alami. Le parole riflettono una percezione della realtà e modellano anche il modo in cui le persone vedono la realtà. La sinistra profondamente radicata e coerente non dovrebbe usare parole e frasi che partecipano alla distorsione.
E ora torniamo al primo punto. I soldati e la polizia in Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est) hanno una ragione continua per sparare e uccidere palestinesi, che deriva dal loro ruolo di protettori del benessere degli insediamenti. Questo è il primo (e unico) comandamento che è stato dato loro al momento dell’arruolamento. Il minimo movimento che desta la preoccupazione che qualcosa possa interrompere la continua cattura e acquisizione delle fonti di terra e d’acqua: questo è un motivo per sparare. Ogni uomo e donna palestinese che vivono la propria vita nella propria terra e nella propria casa viene quindi giudicato colpevole fin dall’inizio, fino a quando non viene dimostrato che non intendeva fare del male a un colono. O al soldato che lo protegge.
Il motivo per cui i soldati hanno sparato ai tre bambini di Al-Alami e al loro padre è che il compito immediato dei soldati è difendere l’insediamento di Karmei Tzur a sud e l’insediamento di Beit Bracha a nord, e assicurarsi che continuino a prosperare a spese di Beit Umar e Al-Arub. La missione dei soldati è quella di proteggere i sobborghi di lusso e le strade che li collegano, che incarnano il successo della politica israeliana di dividere in due e distruggere la geografia palestinese.
Nel proteggere gli insediamenti e i coloni, in armonia con il primo e unico comandamento, l’IDF sta assicurando che ancor più ebrei si trasferiranno in Cisgiordania, in violazione del diritto internazionale, e quindi amplieranno il numero di persone direttamente coinvolte nell’organizzazione di furto sia governativa che privatizzata. Più grande è il numero di ladri, più forte è la legittimità, secondo loro, di continuare a stipare i palestinesi in anguste enclavi nascoste e disperate per la mancanza di terra e di acqua.
I soldati hanno sparato su un’auto che trasportava un padre e tre figli diretti a un picnic perché i loro comandanti, insegnanti e genitori li avevano addestrati a considerare la vita dei palestinesi come una nota a piè di pagina nella storia di successo del colonialismo ebraico.
https://www.haaretz.com/opinion/.premium-the-israeli-army-s-first-commandment-1.10102377
Traduzione di Donato Cioli – AssopacePalestina
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