L’infanzia rubata ai bambini palestinesi

Lug 3, 2021 | Notizie

di Galia Oz,

Haaretz, 2 luglio 2021. 

Il trauma cranico subito da Sujoud quando aveva sei anni. Haaretz.

Sujoud ha 12 anni e racconta alla telecamera, senza nessuna enfasi, di un uomo che si è avvicinato a lei e ai suoi amici in modo minaccioso mentre andavano a scuola nel villaggio adiacente di A-Tuwani, nelle Colline a sud di Hebron, in Cisgiordania. A 6 anni, ha subito lesioni alla testa quando è stata aggredita da uomini mascherati. Quando le chiedo se pensa ancora a quello che è successo allora, lei risponde: “A volte. Non sempre”.

Il primo ministro incriminato [Netanyahu] è stato estromesso e i manifestanti fuori da casa sua se ne sono andati, ma Sujoud sta ancora aspettando che noi sventoliamo per lei la bandiera nera della protesta. I volontari dell’organizzazione per i diritti umani Machsom Watch mi hanno invitato a vedere l’ultima ingiustizia nell’angolo di Cisgiordania dove abita Sujoud: barriere di cemento poste all’ingresso di A-Tuwani durante l’ultimo round di violenza israeliana contro Hamas nella Striscia di Gaza. L’esercito non si è accontentato di questo e ha messo in azione un bulldozer corazzato Caterpillar D9 che ha reso impraticabile la già malandata strada sterrata. 

A-Tuwani fa parte di un gruppo di villaggi palestinesi i cui residenti sono stati recentemente attaccati da coloni ebrei, con l’attivo incoraggiamento delle forze di difesa israeliane. Sabato, i coloni hanno dato fuoco a un fabbricato agricolo e causato lesioni alla testa a una persona. I facinorosi si sono scatenati indisturbati e sono stati filmati mentre si preparavano a lasciare l’area in un minibus che era in attesa. Un video li mostra lanciare pietre contro gli abitanti del villaggio mentre i soldati israeliani stanno a guardare. A differenza degli assalitori di Sujoud, questi non erano mascherati. Alcuni indossavano camicie bianche, come se prendessero parte a un mostruoso Oneg Shabbat [riunione di Ebrei del Ghetto di Varsavia, NdT].   

Tutto questo è noto e familiare, così come la storia di Sujoud, che ho incontrato durante la mia visita. Non c’è nulla di nuovo qui. Tuttavia, lei è la figlia di tutti, e tutti noi siamo i suoi genitori. Dal 2004, l’esercito ha scortato i bambini dal suo villaggio, Tuba, alla loro scuola ad A-Tuwani, per proteggerli dai coloni dell’avamposto di Havat Maon. Quando i soldati non si presentano, questa nostra figlia viene minacciata e aggredita. Quando sono in ritardo, lei perde una lezione.

Negli anni ’70 lo stato ha dichiarato che l’area in cui vive è una zona militare di fuoco e nel 1999 gli abitanti sono stati espulsi dalle loro case. Son potuti tornare solo su ordine dell’Alta Corte di Giustizia, ma fino ad oggi lo Stato si rifiuta di allacciare i villaggi alla rete elettrica, e ogni giorno commette un crimine di guerra negando a Sujoud l’accesso all’acqua, un diritto fondamentale che viene comunque concesso ai coloni che vi risiedono illegalmente. Per andare a prendere serbatoi d’acqua, suo padre guida un trattore che traina un rimorchio, un’ora e mezza in ogni direzione, dopo che i coloni di Havat Maon hanno bloccato un percorso più breve.

Quella è la stessa strada che viene bloccata a sua figlia, costringendola a percorrere chilometri ogni giorno. E lei vedrà germogliare altri insediamenti illegali, collegati durante la notte alle utenze da una mano nascosta. E non le sarà permesso di protestare. A gennaio, un soldato ha sparato e ferito gravemente un giovane in un villaggio vicino, durante un tentativo dell’esercito di confiscare un generatore di elettricità. Secondo quanto riferito, l’uomo aveva cercato di strappare il prezioso oggetto al soldato.

Lingua, nomi e concetti sono stati rubati a Sujoud. Lungo la strada che parte dall’incrocio di Meitar, ci sono grandi cartelli con i nomi Carmel, Maon, Susya e Avigail. Gli avamposti ebraici in cui vivono solo centinaia di persone sono camuffati da grandi città, mentre è come se le decine di migliaia di residenti delle città di Yatta e Dahariya, le cui case sparse riempiono il paesaggio, come può vedere qualunque viaggiatore, non esistessero da nessuna parte. Se si crede ai cartelli stradali, la popolazione è già stata trasferita.

Sujoud non ha il controllo del suo futuro mentre l’infanzia le viene rubata, non solo dalla violenza che le viene inflitta, ma anche dal nostro persistente rifiuto di occuparci di lei. Agli occhi israeliani, lei non sarà mai un individuo irripetibile, adorabile, raggiante. Il caso di Eyad Hallaq aveva infranto momentaneamente il muro dell’indifferenza: era un giovane palestinese con autismo, un bambino troppo cresciuto, che è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco nella Città Vecchia di Gerusalemme da un ufficiale di polizia che da allora è stato accusato di omicidio colposo; ma la compassione è inevitabilmente una coperta corta e dura poco.  

Si potrebbe dire che questa è la distanza naturale tra un individuo e i figli del suo nemico. Sujoud, però, non è un nemico, ma piuttosto un suddito che non ha diritti. Lei è nostra figlia, collettivamente. E la verità è che nessuna sanzione minaccia chi commette crimini contro di lei. “Quando i crimini si accumulano”, ha scritto Bertolt Brecht, “divengono invisibili”. Questa è la corruzione senza fondo rispetto alla quale impallidiscono le cause contro l’ex premier.

Galia Oz è una scrittrice e regista.

https://www.haaretz.com/opinion/.premium-the-stolen-childhood-of-palestinian-kids-1.9961420

Traduzione di Donato Cioli – AssoPacePalestina

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