“Cara Martha” – una lettera alla presidente di Cornell sulla sua dichiarazione circa la presunta crescita dell’antisemitismo e sulla mancata menzione degli attacchi di Israele

di Eric Cheyfitz,

Mondoweiss, 9 giugno 2021.   

Martha Pollack, Presidente della Cornell University. Dall’Università.

Il 26 maggio, qualche giorno dopo la fine dell’ultimo attacco israeliano a Gaza, la presidente della Cornell University, Martha Pollack, ha emesso una “Dichiarazione contro l’odio e il pregiudizio” in cui si preoccupa per un “allarmante aumento nazionale” dell’antisemitismo “in mezzo alle continue tensioni in Medio Oriente”. Il giorno seguente le ho scritto questa lettera per criticare la sua attenzione selettiva, una forma di malafede che cancella la storia palestinese e i membri palestinesi, arabi e musulmani della comunità di Cornell.  

“Cara Martha,

“Come ebreo, come padre e nonno di una figlia e tre nipoti che sono israeliani, come sostenitore del movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS), membro di Jewish Voice for Peace (JVP), come insegnante e studioso della storia del colonialismo in Palestina e nelle Americhe, e come tuo collega qui a Cornell, ti scrivo per dire che sono sia irritato che rattristato dalla lettera da te appena inviata alla comunità di Cornell il 26 maggio 2021, concernente il presunto aumento dell’antisemitismo a livello locale e nazionale.   

“La mia reazione è dovuta innanzitutto al fatto che, fino ad oggi, non hai menzionato gli attacchi di Israele alla moschea di Al-Aqsa durante il Ramadan e l’Eid, il sostegno di Israele alla pianificata espropriazione dei Palestinesi nel quartiere di Sheikh Jarrah di Gerusalemme Est, e il successivo bombardamento di Gaza che ha provocato la morte di 248 Palestinesi, tra cui decine di bambini, con quasi 2000 feriti e 50.000 famiglie sfollate.

“Questi numeri che cito sono solo una frazione della morte e della distruzione provocate da 73 anni di governo dell’apartheid in Israele/Palestina. Come sai, sia Human Rights Watch che B’Tselem, tra gli altri nel mondo, hanno caratterizzato Israele come una società dell’apartheid. E come sai, l’apartheid è fondato sul razzismo, che hai giustamente condannato in tutte le sue manifestazioni, eccetto il sionismo.

“Eppure ora scrivi ai Cornelliani condannando un ‘aumento nazionale dei crimini d’odio antisemiti, inclusi diversi casi di pregiudizi espressi nel nostro campus di Itaca, in mezzo alle tensioni in corso in Medio Oriente.’ Sarebbe apprezzato che tu fornissi qualche prova di questi crimini sia a Itaca (questi ‘casi’ sono stati convalidati?) che nel resto del paese. La tua dichiarazione non supportata sull’aumento dell’antisemitismo sembra seguire i criteri dell’Anti Defamation League, che classifica l’antisionismo e le dichiarazioni anti-israeliane come espressioni di antisemitismo, quando queste dichiarazioni sono spesso dichiarazioni a favore dei diritti dei Palestinesi. Pertanto, l’effetto della tua dichiarazione è quello di equiparare l’antisemitismo all’autodifesa palestinese e alla resistenza all’apartheid israeliano, un’autodifesa e una resistenza che molti Cornelliani sostengono.  

“In contrasto con le tue affermazioni infondate, abbiamo ampie prove dei crimini d’odio israeliani contro i Palestinesi, sia nel momento presente che storicamente. Il tuo riferimento alle “tensioni” in Medio Oriente dimentica il fatto che l’aggressione israeliana ad Al-Aqsa e Sheikh Jarrah è stata la causa dell’attuale “conflitto” (l’eufemismo per la storica resistenza palestinese all’apartheid israeliano). Chiamare la situazione in Medio Oriente “complessa”, come fai tu, è eludere il fatto che la fondazione di Israele è avvenuta sotto il motto sionista “una terra senza popolo per un popolo senza terra”, che di fatto ha cancellato nella mente dell’Occidente i 600.000 Palestinesi che all’epoca della Dichiarazione Balfour del 1917 erano nativi della Palestina, così come i loro milioni di discendenti in Israele, nei Territori palestinesi occupati, a Gaza e nella diaspora. Quella cancellazione ideologica ha animato l’intera storia del colonialismo israeliano d’insediamento in Palestina, dal passato fino al presente. È questa cancellazione che caratterizza la tua missiva al campus.   

“Per quanto riguarda l’antisemitismo, come Ebreo l’ho sperimentato e ne sono preoccupato. Ma al momento sono più preoccupato per l’identificazione dell’antisemitismo, ufficialmente e ufficiosamente, con una critica alla politica sionista del governo israeliano, un’identificazione che ora è diffusa sia a livello nazionale che internazionale, minacciando sia il diritto del Primo Emendamento al boicottaggio che la libertà accademica. Non ho trovato menzione di questo nella tua lettera.

“In sintesi, penso che la tua comunicazione sia in malafede, malafede nella mistificazione fatta alla comunità di Cornell – Palestinesi, Ebrei e altri – di ciò che sta effettivamente accadendo in Medio Oriente e negli Stati Uniti rispetto a quegli avvenimenti. Tale malafede, nella sua sostanziale cancellazione della storia del popolo palestinese, è particolarmente deprimente in un’istituzione dedicata all’educazione.

Cordiali saluti,

Eric

Nelle due settimane successive, non ho ricevuto alcuna risposta dalla presidente Pollack, né lei ha avuto qualcosa da aggiungere sui recenti eventi in Israele/Palestina. 

Nel frattempo, gli studenti delle scuole superiori palestinesi di Itaca hanno organizzato una manifestazione per i diritti dei Palestinesi, mi hanno invitato a leggere la mia lettera e l’ho fatto. Ho anche partecipato a un incontro dell’Arab Graduate Student Association, che include alcuni studenti palestinesi; e, come si può immaginare, gli studenti erano sia arrabbiati che demoralizzati dalla comunicazione della presidente e dal suo mancato riconoscimento della sofferenza e del dolore dei Palestinesi. 

Poco prima che la presidente inviasse la sua comunicazione sull’antisemitismo, il Cornell Collective for Justice in Palestine (CCJP), di cui sono membro fondatore, le ha inviato una lettera, firmata da 20 dei nostri membri. Abbiamo invitato l’università a pronunciarsi contro “gli attacchi immotivati della polizia e dei coloni israeliani contro i fedeli palestinesi alla moschea di Al-Aqsa durante il Ramadan e l’Eid, e l’espropriazione pianificata dei residenti palestinesi del quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est, seguita dal bombardamento di Gaza…”   

Non abbiamo ricevuto risposta dalla presidente Pollack. Abbiamo anche chiesto un incontro per il quale non abbiamo ricevuto risposta.    

Dubito che l’amministrazione dell’Università riconoscerà mai in alcun modo l’aggressione israeliana in Palestina e i diritti dei Palestinesi, anche quando questa aggressione ha a che fare con membri della comunità di Cornell, come è successo nell’ultimo mese. Dico questo a causa della partnership di Cornell con l’istituto israeliano Technion e di quelli che posso identificare come donatori importanti per la scuola (l’uomo d’affari Seth Klarman), e dato il fatto che la Pollack ha respinto le richieste che la scuola  disinvesta da società che fanno affari in Israele.

È probabile che la lettera della presidente Pollack sia stata in parte suggerita da un gruppo di ex studenti di Cornell, Alumni for Campus Fairness (ACF-Cornell), che sta cercando di far adottare a Cornell la definizione di antisemitismo dell’IHRA. Poiché Ebrei e Sionisti presumibilmente si sentono insicuri, dicono: “La scorsa settimana ha visto tre manifestazioni anti-israeliane nel campus e a Itaca, che riflettono una retorica profondamente antisemita che si verifica proprio nel momento di un assalto disumanizzante di propaganda contro Israele, attivamente promossa nelle università di tutto il mondo, inclusa Cornell.” 

Dubito che l’amministrazione adotterà quella definizione perché va contro la politica di libertà accademica di Cornell; e un tentativo di far passare la definizione, credo, creerebbe quel tipo di resistenza diffusa nel campus da parte di studenti, personale e docenti che l’amministrazione non gradirebbe. 

Dopo la partnership con Technion e altre scellerate alleanze con istituzioni educative in Qatar (vedi: Cornell in Qatar: Who Really Benefits?), in Cina e in Arabia Saudita, la strategia dell’università è stata quella di non esporsi troppo. Quindi, per esempio, non sono mai stato contattato dall’amministrazione riguardo al mio corso sul colonialismo d’insediamento in Palestina o sul mio attivismo.

Cornell, come qualsiasi azienda (università incluse, chiaramente), non ha scrupoli a sposare a parole la giustizia sociale e a violare la giustizia sociale nella pratica. 

Traduzione di Donato Cioli – AssopacePalestina

https://mondoweiss.net/2021/06/dear-martha-a-letter-to-cornells-president-on-her-statement-on-the-alleged-rise-of-antisemitism-and-failure-to-mention-israels-attacks/?fbclid=IwAR1wQ-KTfYMJekZAi20cSjdgPdgcfXdXs2Xkj-5GBmK-pxu296HsYGFhpCk

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