Cosa potrebbe esserci peggio di Netanyahu? Incontra il nuovo primo ministro israeliano

di Baria Alamuddin,

Arab News, 6 giugno 2021. 

Il leader del partito Yamina Naftali Bennett, a sinistra, parla con il leader del partito Yesh Atid Yair Lapid durante una sessione speciale della Knesset a Gerusalemme il 2 giugno 2021. (Ronen Zvulun/Pool Photo via AP)

A chi gli domandava nel 2018 se avrebbe sostenuto una politica di “sparare per uccidere” contro i bambini che violano il confine di Gaza, Naftali Bennett ha risposto: “Non sono bambini, sono terroristi”. Durante una sessione del gabinetto di governo, Bennett ha sostenuto: “Se catturi i terroristi, devi semplicemente ucciderli”. Quando un collega ha sottolineato che un simile approccio era illegale, Bennett ha fatto riferimento al suo tempo trascorso nell’esercito israeliano: “Ho ucciso molti Arabi nella mia vita – e non ho problemi con ciò!”

Mentre l’Iran dispiega missili ed altro in Siria, Libano e Iraq, e Israele lancia attacchi aerei contro obiettivi iraniani, Bennett –che diventerà primo ministro se la nuova coalizione israeliana sopravvivrà a un primo voto di fiducia parlamentare– potrebbe presiedere una guerra regionale nel prossimo futuro: a quel punto il suo entusiasmo per l’uccisione di Arabi e Musulmani può acquisire un significato fatale.

Benjamin Netanyahu ha presieduto un regime brutto e grottesco nei suoi incessanti sforzi per uccidere una soluzione a due stati, ma la coalizione mutante che potrebbe sostituirlo è una prospettiva ancora più bizzarra, che comprende otto partiti di tutto lo spettro politico israeliano. Una di queste fazioni è un partito arabo, guidato da Mansour Abbas, e possiamo solo sperare che quest’ultimo staccherà rapidamente la spina al governo se Bennett tornerà alla sua predilezione per sparare ai bambini palestinesi.

Le aspirazioni di estrema destra di Bennett per quanto riguarda l’annessione della Cisgiordania hanno spesso fatto sembrare Netanyahu una persona accomodante. Nel 2016, ha celebrato la vittoria di Donald Trump annunciando con gioia: “L’era di uno stato palestinese è finita!” Il compagno politico di Bennett è Yair Lapid, un centrista che si è preso cura di coltivare la sua immagine come quella di un “falco della sicurezza”. Pochi mesi fa, Bennett ha giurato che non avrebbe mai condiviso il potere con Lapid e Abbas. Ora, se tutto va secondo i piani, dopo due anni Lapid succederà a Bennett come primo ministro, motivo per cui molti sostenitori di questi personaggi ora li denunciano tutti come traditori e opportunisti per aver sostenuto una tale alleanza.

Se Netanyahu, dopo 15 anni come primo ministro, è stato davvero sconfitto, questa è la fine di un’era: e si può dire che non c’è mai stato un candidato più meritevole di reclusione con l’accusa di corruzione. Il fatto che Netanyahu abbia tenuto in ostaggio il suo paese per due anni, imposto quattro insensate tornate elettorali consecutive e ucciso un’intera serie di iniziative per formare un governo esclusivamente per eludere il carcere, aggiunge un ulteriore livello di sacrosanta giustizia alla sua tardiva caduta. La disponibilità di ex alleati come Bennet, Avigdor Lieberman, Gideon Saar e Ayelet Shaked ad agire insieme per detronizzarlo è la testimonianza di quanto Netanyahu fosse diventato una figura tossica, anche per l’estrema destra dello spettro politico.

Dopo lo spargimento di sangue delle ultime settimane, la terribile eredità degli anni di malgoverno egoistico di Netanyahu è diventata fin troppo ovvia. Eliminando tutte le strade per una pace giusta, mentre cercava di soffocare lentamente i Palestinesi, ha reso inevitabili tali esplosioni di rabbia, non solo all’interno delle gigantesche prigioni rappresentate da Gaza e Cisgiordania, ma all’interno delle stesse città israeliane, dove folle di coloni squilibrati sono scesi in strada con l’intenzione di fare a pezzi i cittadini arabi.

Il 20 percento degli Israeliani con cittadinanza araba si era relativamente riconciliato con la vita all’interno di uno stato israeliano. Questo consenso è stato fatalmente minato da una serie di leader di estrema destra che hanno reso cittadini di seconda classe i non-Ebrei, servendosi anche di attacchi razzisti e demonizzazioni nei media. Il fatto che un partito arabo abbia giocato un ruolo decisivo nella cacciata di Netanyahu ha aperto gli occhi sul potere delle minoranze non-ebraiche quando agiscono insieme. Questa mobilitazione dell’attivismo arabo fa parte (dolce ironia) dell’eredità di Netanyahu, mentre la demografia tende senza pietà a favore degli Arabi e di altre minoranze.

I giornalisti israeliani prevedono che la cacciata dei compagni ultra-ortodossi di Netanyahu allenterà la presa a tenaglia di queste fazioni sullo stato, consentendo a voci laiche e progressiste di sostenere che Israele ha trascorso gli ultimi 20 anni andando in modo errato e pericoloso verso uno stato disprezzato da tutti. C’è stato un cospicuo esodo di personaggi ricchi da Israele, disperati per gli incessanti tumulti e preoccupati che le loro lussuose case di Tel Aviv fossero bersaglio dei missili di Hamas e Hezbollah come frutto del rinvio indefinito di una soluzione di pace da parte di Netanyahu e Bennett.

È evidente che ci deve essere un percorso credibile per la pace, ma mai come adesso siamo stati più sprovvisti di leader capaci. Abbiamo una leadership palestinese che ha eroso ogni sua parvenza di legittimità democratica, leadership occidentali che sperano di concentrare le loro attenzioni il più lontano possibile dal Medio Oriente e una coalizione israeliana che rischia di disintegrarsi al primo soffio di crisi politica, sotto un primo ministro secondo cui “l’era dei negoziati è finita”. Se vogliamo raggiungere la “pace dei coraggiosi” di Arafat, dobbiamo intensificare gli sforzi per trovare leader coraggiosi e lungimiranti, pronti a fare tutto il necessario per portare stabilità e giustizia durature nella regione.

Israele sta nel frattempo perdendo la battaglia globale per conquistare l’opinione pubblica. Mai prima d’ora c’è stata una maggiore disponibilità negli Stati Uniti e in Occidente a esprimere critiche a Israele, con i Democratici al Congresso degli Stati Uniti che si chiedono se sia sostenibile continuare a donare miliardi di dollari a uno stato impegnato nell’occupazione illegale, nella pulizia etnica e nell’apartheid. Se il pubblico occidentale continua a vedere nei telegiornali serali le bombe israeliane che uccidono bambini palestinesi, allora è solo una questione di tempo prima che la diga si rompa e Israele si ritrovi solo sulla scena mondiale.

Scegliendo come primo ministro un politico di estrema destra che non vede nulla di sbagliato nell’omicidio di massa e nell’espulsione dei cittadini arabi, Israele avvicina il momento in cui non avrà più alleati e simpatizzanti che lo proteggano nel Consiglio di Sicurezza e in altri organismi internazionali. Come avvertono gli Israeliani moderati: le aspirazioni fanatiche di Bennett per uno stato ebraico aggressivamente espansionista e monoliticamente ebraico rischiano di gettare i semi della fine di Israele. 

https://arab.news/7ngm6

Traduzione di Donato Cioli – AssopacePalestina

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