A Sheikh Jarrah, i giovani palestinesi guidano la lotta per difendere le loro case

di Oren Ziv,

+972 magazine, 5 maggio 2021. 

I giovani di Sheikh Jarrah tengono veglie notturne per sensibilizzare e proteggere il loro quartiere dagli sfratti e dalla graduale presa di possesso da parte dei coloni israeliani.

La polizia israeliana blocca a terra un residente palestinese di Sheikh Jarrah durante una veglia contro i prossimi sgomberi nel quartiere, 4 maggio 2021. (Oren Ziv)

Ogni notte, da una settimana, giovani palestinesi si riuniscono nel quartiere Sheikh Jarrah di Gerusalemme Est per protestare contro gli imminenti sgomberi delle famiglie palestinesi del luogo. I giovani rompono insieme il digiuno del Ramadan, cantano e si radunano in solidarietà con i residenti del quartiere.

La polizia israeliana ha tentato di disperdere queste manifestazioni usando una forza sproporzionata, incluse granate stordenti e lo skunk [puzzola], un veicolo che spara liquido putrido ad alta pressione. Martedì, la violenza ha raggiunto l’apice quando gli agenti hanno arrestato tre manifestanti, tra cui Mahmoud El-Kurd, la cui famiglia sta affrontando il trasferimento forzato. Un altro manifestante, bloccato a terra dal ginocchio di un agente sul suo collo, stava sanguinando quando la polizia lo ha arrestato; più tardi, ancora in arresto, è stato portato all’ospedale.

La polizia israeliana ha detto che martedì era intervenuta a Sheikh Jarrah a seguito di una protesta nella quale decine di manifestanti avevano violato l’ordine pubblico e lanciato pietre e bottiglie contro gli agenti. Tre sospettati sono stati arrestati per il loro coinvolgimento nella violazione dell’ordine. Tuttavia, malgrado le affermazioni della polizia, non c’è stata alcuna “violazione dell’ordine” quanto piuttosto un raduno di giovani palestinesi che è stato disperso dalla polizia. Durante tutta la notte un solo sasso è stato lanciato contro il cannone ad acqua.

I Palestinesi protestano contro il trasferimento delle famiglie del quartiere in seguito ad un provvedimento del tribunale israeliano. Le otto famiglie che stanno affrontando l’imminente sfratto, come tutte le famiglie del complesso Karm al-Jaouni, sono rifugiati palestinesi che furono costretti a lasciare le loro case nella guerra del 1948. Negli anni ’50, le autorità giordane e l’UNRWA li hanno alloggiati in quell’area, che all’epoca era uno spazio vuoto senza edifici. Dopo l’occupazione israeliana di Gerusalemme nel 1967, le organizzazioni dei coloni hanno cercato di prendere possesso delle proprietà, affermando che in origine appartenevano agli Ebrei.

Coloni israeliani parlano con agenti di polizia a Sheikh Jarrah, fuori dalla casa della famiglia Rawi, che è stata tolta ai Palestinesi nel 2009. Gerusalemme Est, 4 maggio 2021. (Oren Ziv)

La battaglia legale su queste case si è prolungata nei decenni. L’anno scorso il tribunale distrettuale di Gerusalemme ha ordinato lo sfratto di otto famiglie, che lascerebbe senza casa più di 50 persone. La scorsa settimana la Corte Suprema ha tenuto un’udienza preliminare riguardante un appello contro la decisione del tribunale distrettuale. La giudice Dafna Barak-Erez ha ordinato a quattro di quelle famiglie di decidere entro giovedì se accettare un accordo con il quale possono continuare a vivere nelle loro case se ne riconoscono la proprietà ai coloni.

Se le famiglie palestinesi rifiutano l’accordo, come è probabile, Barak-Erez dovrà decidere se possono appellarsi contro la decisione del tribunale di sfrattarle. Se la loro richiesta di ricorrere in appello sarà respinta, quattro famiglie saranno sfrattate con la forza la prossima settimana.

“Questa non è una protesta, è un nostro diritto stare qui”

Per capire la crescente frustrazione tra i giovani palestinesi per il destino di Sheikh Jarrah occorre tornare alle manifestazioni fuori dalla Porta di Damasco del mese scorso, dove la protesta popolare ha spinto la polizia a rimuovere le recinzioni divisorie che le autorità israeliane avevano messo per impedire ai Palestinesi di sedersi sulle scale. “Quella vittoria ha dato forza ai giovani, hanno visto che possono ottenere dei risultati e ora, ovunque c’è l’occupazione, come qui, si fanno vedere”, ha detto Mohammed Abu Hummos, un attivista palestinese di Issawiya.

Mentre i media israeliani descrivono queste manifestazioni di solidarietà come “rivolte” o “scontri”, in realtà i giovani palestinesi siedono semplicemente fuori dalle case che sono a rischio di sfratto esecutivo, inclusa la casa di El-Kurd, metà della quale è già entrata in possesso dei coloni. L’altra casa è quella della famiglia Rawi, dove attualmente vivono dozzine di coloni dopo che la famiglia è stata sfrattata con la forza circa dieci anni fa.

La polizia israeliana arresta Mahmoud El-Kurd, un residente di Sheikh Jarrah, durante una veglia contro il prossimo sfratto delle famiglie palestinesi dal quartiere di Gerusalemme Est, 4 maggio 2021. (Oren Ziv)

I coloni, che ritengono preoccupanti questi raduni, chiamano la polizia ogni notte. Ieri la polizia era già sul posto alle 8 di sera e gli agenti della polizia antisommossa Yasam e dell’unità di controllo della folla stavano bloccando la stretta strada che conduce all’area, impedendo ai manifestanti di raggiungere le case.

“Ci sediamo, cantiamo e parliamo, ma questo sembra essere un problema per la polizia e gli agenti arrivano ogni notte per evacuarci con la forza”, ha detto Ahmed, uno dei manifestanti. “Questa non è una protesta ma, anche se lo fosse, è nostro diritto stare qui”.

Intorno alle 22:00, diversi coloni sono usciti dalla casa della famiglia Rawi e hanno iniziato a discutere con i giovani palestinesi presenti. Altri coloni sono stati visti parlare agli agenti della Yasam mentre indicavano specifici attivisti. Gli agenti hanno poi iniziato a spintonare i giovani palestinesi fuori dalla strada, infiammando una protesta intorno alla barricata della polizia.

A quel punto, i fratelli Muna e Mahmoud El-Kurd si sono incamminati verso casa. “Abbiamo chiesto agli agenti di farci passare, ho detto loro ‘Vivo qui e mi conoscete’, ma a quel punto hanno aggredito Mohammed e lo hanno spinto a terra”, ha ricordato Muna.

Lo scorso anno +972 Magazine ha pubblicato un saggio di Mohammed El-Kurd, fratello maggiore di Mahmoud, sulla lotta della famiglia contro il loro esproprio. In un recente video, che è diventato virale sui social media, si vede Muna affrontare uno dei coloni che ora vive in una parte della casa della sua famiglia. “Ya’acob, tu sai che questa non è la tua casa”, si sente Muna dire nel video. “Sì, ma se me ne vado, tu non torni, quindi qual è il problema?” risponde il colono. “Se non la rubo io [la casa], la ruberà qualcun altro”, continua.

“Certo che ho speranza”, ha detto Muna mentre aspettava suo fratello, che era stato arrestato, fuori dalla stazione di polizia di via Salah al-Din. “Le nostre passate esperienze, sia alla Porta di Damasco sia alla Porta dei Leoni [contro la decisione israeliana di istallare dei metal detector nel 2017], mostrano chiaramente che sono le rivolte giovanili a salvare questo posto. È vero che ci sono state anche pressioni diplomatiche, ma credo che sia il movimento giovanile quello che sta facendo la differenza”.

Muna El-Kurd (a destra) guarda mentre un colono israeliano parla con un agente di polizia israeliano durante una veglia contro il prossimo sfratto delle famiglie palestinesi da Sheikh Jarrah, Gerusalemme Est, 4 maggio 2021. (Oren Ziv)

“In fin dei conti, la nostra protesta è nonviolenta, ci stiamo mobilitando pacatamente, cantiamo. Ma la reazione della polizia è stata repressiva poiché ci colpiscono con lo skunk, i gas lacrimogeni, gli arresti, le irruzioni nelle nostre case e attaccandoci”, ha detto Muna. “Due giorni fa, io e Mohammed siamo andati in un bar e ci hanno aggredito. È evidente che la presenza dei giovani qui ci sta aiutando. La questione di Sheikh Jarrah è anche una loro questione, le nostre case sono le loro case, quel che accade alle nostre case accadrà in futuro alle loro. È evidente che dopo gli sviluppi alla Porta di Damasco, i giovani si sentono trionfanti”.

Secondo Abdelfattah Sakhafi, 70 anni, anche lui destinato a essere sfrattato con la forza dalla sua casa, se gli sfratti andranno sino in fondo, arriveranno migliaia di dimostranti. “Questi ragazzi non hanno paura perché pensano di non avere futuro. Vanno a lavorare a Gerusalemme Ovest e gli attivisti di estrema destra li aggrediscono. Se mi cacciate dalla mia casa con i miei sei figli, credete che loro se ne dimenticheranno?”

“La violenza della polizia genera altra violenza”

La polizia israeliana ha usato la forza per disperdere la manifestazione a Sheikh Jarrah anche lunedì sera. Gli agenti hanno arrestato due giovani palestinesi e uno di loro è stato visto sanguinare sul viso mentre veniva arrestato.

Quella notte, la polizia ha ferito Salah Diab, uno dei leader del movimento di protesta del quartiere. Agenti hanno fatto irruzione nel suo cortile, hanno spruzzato gas lacrimogeni e lo hanno spinto a terra, rompendogli una gamba. “Non avevo fatto nulla, ero a casa mia”, ha ricordato Diab. “La polizia sta agendo in modo stupido, la sua violenza genera altra violenza. La gente si raduna semplicemente per una veglia e viene aggredita, proprio come è successo alla Porta di Damasco”.

“È frustrante per i coloni sentir parlare arabo sotto le loro case”, ha continuato Diab. “Quello che a loro è permesso fare, a noi non è permesso. A Lag B’Omer [una festa ebraica] hanno fatto falò, hanno ballato e si sono ubriacati. Ho detto all’agente di polizia: ‘Avete detto che stavamo disturbando il traffico, quindi ci siamo spostati. E loro adesso? Lui ha risposto: ‘Questa è una festa ebraica’.”

Salah Diab, uno dei leader del movimento di protesta di Sheikh Jarrah, nella sua casa a Gerusalemme Est. “La polizia sta agendo in modo stupido, la sua violenza genera altra violenza. La gente si sta semplicemente riunendo per una veglia e viene attaccata”. 4 maggio 2021. (Oren Ziv)

Sabato scorso, Palestinesi da Umm al-Fahm, nel nord di Israele, sono arrivati per protestare contro i prossimi sgomberi. La polizia ha confiscato le bandiere palestinesi e ha arrestato tre dimostranti. Giovedì, hanno organizzato una protesta di solidarietà all’ingresso di Umm al-Fahm.

Residenti e attivisti collegano le attività di polizia degli ultimi giorni alla violenza delle forze di sicurezza contro il membro della Knesset Ofer Cassif della Joint List e al lancio di granate stordenti contro i dimostranti nel quartiere il mese scorso. Sembra che, come nel caso della Porta di Damasco, il solo modo che la polizia conosce per risolvere il “problema” dell’unità palestinese a Sheikh Jarrah sia l’uso di maggior forza. Un gruppo di coloni sulla chat di Telegram ha invitato la gente a presentarsi per sostenere le famiglie ebree che stanno “soffrendo per le gravi molestie da parte degli Arabi”.

Il capo dell’ala armata di Hamas, Mohammed Deif, ha ieri avvisato che “se l’aggressione contro il nostro popolo nel quartiere Sheikh Jarrah non cessa immediatamente, non resteremo inerti e il nostro nemico pagherà un caro prezzo”. A seguito della dichiarazione, centinaia di Palestinesi sono scesi nelle strade di Ramallah.

Sakhafi ha detto che le famiglie rifiutano di riconoscere le rivendicazioni dei coloni sulle loro case. “Non accadrà”, ha sottolineato, “ci rifiutiamo di riconoscere la loro proprietà sulla nostra terra. Questa è stata di proprietà musulmana per oltre 500 anni. Ci hanno messo in un angolo, ma noi rifiutiamo di firmare questo accordo. Stiamo lottando da oltre 50 anni, se avessero avuto qualche diritto sulla nostra terra, non ci avrebbero lasciato stare qui così a lungo. Se i coloni dicono che questa è la loro terra, perché ci stanno offrendo 10 milioni di shekel [3 milioni di dollari]? Abbiamo vissuto in questa casa tutta la nostra vita, il solo pensiero di perderla ci fa soffrire moltissimo”.

Oren Ziv è un fotogiornalista, membro fondatore del collettivo fotografico di Activestills e redattore dello staff di Local Call. Dal 2003 documenta questioni politiche e sociali in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati, con una particolare attenzione alle comunità di attivisti e alle loro lotte. I suoi reportage si focalizzano sulle proteste popolari contro il Muro e le colonie, le abitazioni a prezzi accessibili e altre questioni socio-economiche, sull’antirazzismo e le lotte contro la discriminazione e per la liberazione degli animali.

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Traduzione di Elisabetta Valento – AssoPacePalestina

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