di Ayman Odeh,
Haaretz, 23 aprile 2021.
Giovedì, il Nakba Day è stato celebrato ad Haifa, la città in cui sono nato e ho vissuto tutta la mia vita. Quando cammino per le strade di Haifa, non posso fare a meno di pensare alle persone che un tempo vivevano nelle case abbandonate, tra cui mia zia Fathiya. Il 22 aprile 1948 fu completata la conquista della città. Decine di migliaia di abitanti di Haifa sono diventati rifugiati in Libano e in altri paesi, mentre altri si sono dispersi in tutto Israele, e fino ad oggi a nessuno di loro è stato permesso di tornare a casa. La mattina del 23 aprile, dei 70.000 arabi palestinesi residenti ad Haifa, ne erano rimasti solo 2.900.
I profughi sradicati da Haifa sono il mio popolo, includono i miei vicini e la mia famiglia, e la loro tragedia fa parte della storia formativa dell’intero popolo palestinese.
Da 73 anni ormai, ci si aspetta che dimentichiamo questa tragedia. Un governo israeliano dopo l’altro chiede che noi – arabi che fanno parte del popolo palestinese, cittadini di questo paese – abbandoniamo il nostro passato e la nostra identità e indossiamo una nuova identità, quella di “arabi israeliani“. L’arabo israeliano è staccato dalle sue radici e la sua identità viene svuotata di significato. È come una creatura ibrida e deforme che non appartiene al popolo palestinese ma non è nemmeno completamente israeliana nello stato ebraico. Giacché non esiste un “ebreo israeliano”; i cittadini ebrei di Israele sono semplicemente chiamati israeliani.
Nel suo libro “A Curtain of Sand”, Yigal Allon ha scritto: “Un popolo che non conosce il proprio passato ha un misero presente e un futuro avvolto nella nebbia”. A noi palestinesi cittadini di Israele viene detto che per ottenere un futuro dobbiamo rinunciare al passato, ma la verità è che l’unico modo in cui possiamo costruire un futuro per noi stessi è riconoscere il passato. Un futuro in cui siamo sia parte del popolo palestinese che cittadini a pieno titolo e uguali a ogni altro nel paese in cui siamo nati.
In Israele, negli ultimi anni, la lotta per il futuro è diventata una lotta tra due gruppi: uno per Benjamin Netanyahu e uno contro di lui. Ancora una volta dobbiamo mettere da parte la storia e la nostra identità e unirci al campo che spera di sostituire Netanyahu ad ogni costo. Ma se il principale candidato di questo campo fosse Naftali Bennett, che nega la Nakba e contemporaneamente ne chiede la continuazione tramite demolizioni di case, legalizzazione degli insediamenti, annessione del territorio occupato e appropriazione di terre dalle comunità arabe del Negev e della Galilea? Come posso io, la cui famiglia è stata distrutta e la cui zia vive ancora oggi in esilio in un campo profughi in Giordania, ignorare tutto ciò?
Il presidente della Knesset Yariv Levin è arrivato al punto di dire, alla cerimonia dell’accensione delle torce, che la festa di Yom Ha’atzmaut [giorno dell’indipendenza di Israele, celebrato alla vigilia con l’accensione di torce sul monte Herzl, NdT] appartiene a tutti gli israeliani, inclusi gli arabi, il che è simile all’invitare qualcuno a ballare sulla sua tomba. Potrebbe esserci qualcosa di più crudele e più cinico? Il razzismo indiretto che cerca di camuffarsi da mano tesa in segno di alleanza è altrettanto grave e dannoso quanto il razzismo crudo e diretto.
La vera collaborazione non può esistere senza il riconoscimento delle ingiustizie del passato e di quelle che perdurano nel presente. La vera collaborazione non può esistere mentre l’occupazione continua, mentre una politica di giudaizzazione continua in tutto il paese, mentre non vi è alcuna iniziativa per villaggi non riconosciuti nel Negev, mentre le città e i villaggi arabi sono soggetti a discriminazione riguardo a pianificazione, costruzione, infrastrutture e territorio, mentre la polizia tratta i cittadini arabi come nemici e li lascia alla mercé delle organizzazioni criminali.
La vera collaborazione ebraico-araba inizia con il riconoscimento reciproco dei diritti dei due popoli, ebreo e palestinese, all’autodefinizione. Solo riconoscendo e correggendo l’ingiustizia storica possiamo costruire insieme un futuro di giustizia, uguaglianza, democrazia, pace e collaborazione.
Ayman Odeh è parlamentare e presidente della Joint List.
https://www.haaretz.com/opinion/.premium-my-people-know-our-past-1.9738536
Traduzione di Donato Cioli – AssoPacePalestina
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Bisogna risvegliare le coscienze per arrivare ad una giusta pace ed una accettazione reciproca per un progetto di collaborazione nel reciproco rispetto per creare un futuro di una vita piena e felice sanando l’atroce rottura e distacco dalle radici.