di Palestinian Human Rights Organizations Council (PHROC),
Ecor, 5 aprile 2021.
Abbiamo affrontato in questi giorni – grazie agli approfondimenti di Brenden Dias sulla securizzazione delle infrastrutture critiche nelle terre dei popoli originari in Canada e USA – il legame fra dominio coloniale, militarizzazione dei territori, criminalizzazione delle popolazioni autoctone e costruzione di infrastrutture funzionali all’esproprio delle risorse dei territori colonizzati.
Oggi ci occupiamo dello stesso tema da un’altra angolazione: quella della costruzione di infrastrutture critiche funzionali ad un modello di espansione coloniale di insediamento, che cresce parallelamente al trasferimento forzato delle popolazioni autoctone in aree di segregazione.
Al centro dell’analisi l’ EuroAsia Interconnector, un progetto infrastrutturale dell’Unione Europea che prevede di collegare le reti elettriche di Israele, Cipro e Grecia attraverso un cavo sottomarino di 1.208 km, consentendo la trasmissione bidirezionale di elettricità tra Europa e Israele.
Un’infrastruttura che, come denuncia il Palestinian Human Rights Organizations Council, “collegherà gli insediamenti illegali di Israele nei TPO [Territori Palestinesi Occupati] con la rete elettrica europea e stabilirà i collegamenti per la trasmissione ed il commercio di elettricità fra Europa, Israele ed i suoi insediamenti illegali”.
Il Palestinian Human Rights Organizations Council ha pubblicato lo scorso ottobre il rapporto “Legal Briefing on the EuroAsia Interconnector”, che descrive le caratteristiche del progetto, le responsabilità dell’Unione europea, e il quadro giuridico delle violazioni del diritto internazionale e delle stesse linee guida UE per il sostegno e finanziamento del progetto stesso, incluso fra i Progetti di Interesse Comune (PIC) dell’UE.
Riportiamo di seguito una selezione tratta dal rapporto, rimandando per i dettagli al documento integrale, liberamente scaricabile QUI in italiano.
I fatti
L’Interconnettore EuroAsia è un progetto di infrastruttura energetica sottomarina dell’Unione Eropea previsto per collegare la rete elettrica dell’UE in Grecia e Cipro alla rete elettrica di Israele. Spesso indicato come “Autostrada elettrica” nel Mar Mediterraneo, l’Interconnettore è descritto come qualcosa che permette la trasmissione bidirezionale di elettricità tra Europa e Israele, e “che consente a ciascuna regione di essere un esportatore o un importatore di elettricità.”
Il progetto è diviso in due cluster: quello Israele-Cipro e quello Cipro-Grecia. Il cluster Israele-Cipro collegherà la rete cipriota presso la centrale elettrica di Kofinou a Cipro con la rete israeliana presso la centrale elettrica di Orot Rabin, una delle cinque centrali elettriche situate sulla costa israeliana e di proprietà della Israel Electric Corporation (IEC).
L’Interconnettore EuroAsia ha ricevuto un forte sostegno da tutte le istituzioni dell’UE competenti perché si ritiene che rientri nella politica energetica dell’UE.
Il progetto dovrebbe porre fine all’isolamento energetico di Cipro, garantire l’approvvigionamento energetico dell’Europa e contribuire all’obiettivo dell’UE del 10% di interconnessione elettrica tra gli Stati membri.
È stato accolto come un investimento in energia verde – sebbene l’elettricità sarà prodotta da gas fossile estratto dal Mediterraneo orientale.
Grazie al forte sostegno delle istituzioni dell’UE, la Commissione Europea – con il supporto del Governo cipriota e d’intesa con il Governo greco – nel 2012 ha nominato EuroAsia Interconnector Ltd come Promotore del Progetto dell’Interconnettore EuroAsia. L’azienda è registrata a Cipro e guidata da un comitato direttivo i cui membri rappresentano i tre paesi coinvolti nel progetto.
Per lo stesso motivo, dal 2013 l’Interconnettore EuroAsia è stato anche inserito nell’elenco dei Progetti di Interesse Comune (PIC) dell’UE.
Nell’agosto 2013, i rappresentanti del governo di Grecia, Cipro e Israele hanno persino firmato un memorandum di cooperazione nel settore energetico al fine di verificare e vincolare il loro sostegno a questa infrastruttura energetica.
Il forte interesse, sostegno e coinvolgimento di Israele, Cipro e Grecia nel progetto si riflette anche nella composizione del Comitato Direttivo di EuroAsia Interconnector Limited, che comprende rappresentanti di DΕΗ-Quantum Energy, l’operatore indipendente dell’energia della Grecia, del Transmission System Operator – Cipro e dell’Università di Cipro, e della Israel Electric Corporation.
La Israel Electric Corporation (IEC) è una società di proprietà statale che ha il monopolio del mercato elettrico israeliano. Le sue attività includono la generazione, trasmissione e trasformazione, distribuzione, fornitura e vendita di elettricità a tutti i settori dell’economia.
L’azienda produce elettricità quasi esclusivamente da combustibili fossili, tra cui gas naturale del Mediterraneo, carbone e gasolio.
In termini di portata geografica, l’infrastruttura e le operazioni dell’IEC coprono l’intera area di Israele e tutti i territori occupati e controllati da Israele dal 1967, ovvero i Territori Palestinesi Occupati (TPO), composti dalla Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e dalla Striscia di Gaza, e il Golan siriano occupato.
Nella Cisgiordania occupata, l’IEC distribuisce elettricità direttamente agli insediamenti israeliani illegali situati nella regione di Hebron nel sud, a Gerusalemme est e nella regione centrale, nella Valle del Giordano e nel nord, compreso l’insediamento di Ariel.
Parallelamente, l’IEC tiene i palestinesi nei TPO prigionieri del mercato dell’elettricità israeliano.
L’infrastruttura e le attività elettriche dell’IEC che servono i clienti in Israele e negli insediamenti israeliani nei TPO costituiscono un’unità integrata ed inseparabile per progettazione, e la centrale elettrica di Orot Rabin, come componente di questa unità, genera e trasmette l’elettricità che è distribuita agli insediamenti israeliani illegali nei TPO.
Visto che l’Interconnettore EuroAsia si collegherà con la rete israeliana alla stessa centrale elettrica di Orot Rabin per creare il cluster Israele-Cipro, questo significa che l’Interconnettore collegherà gli insediamenti illegali di Israele nei TPO con la rete elettrica dell’Europa e creando il circuito elettrico per rifornire il percorso per la trasmissione ed il commercio di elettricità fra Europa, Israele ed i suoi insediamenti illegali.
l’Interconnettore EuroAsia è stato incluso nell’elenco dei Progetti di Interesse Comune (PIC) dell’UE dal 2013. L’inclusione nell’elenco dei PIC ha fatto guadagnare all’Interconnettore una serie di vantaggi come, tra gli altri, una procedura accelerata per la pianificazione e concessione di autorizzazioni e migliori condizioni normative stabilite dai governi di Cipro e Grecia, nonché una maggiore visibilità nei confronti degli investitori.
Inoltre, i PIC hanno diritto all’assistenza finanziaria della Banca Europea per gli Investimenti e alle sovvenzioni del meccanismo per collegare l’Europa.
L’Interconnettore EuroAsia ha beneficiato di finanziamenti dell’Unione Europea.
Il quadro giuridico
La politica di insediamento di Israele consiste nel trasferimento di popolazione civile ebraico-israeliana nella Cisgiordania palestinese occupata, compresa Gerusalemme Est, e nel trasferimento forzato della popolazione autoctona palestinese in aree segregate al fine di fare spazio alle infrastrutture degli insediamenti israeliani. La comunità internazionale, con il sostegno degli Stati europei, ha condannato questa politica israeliana come una flagrante violazione del diritto internazionale attraverso numerose risoluzioni del Consiglio di sicurezza e dell’Assemblea generale dell’ONU, anche se con poco o nessun risultato.
Gli insediamenti israeliani violano inter alia le seguenti norme di diritto internazionale: i divieti di trasferimento di popolazione e l’appropriazione di proprietà immobiliari da parte della Potenza occupante ai sensi del diritto internazionale umanitario (DIU), oltre a: il divieto di acquisizione permanente di territorio con la forza; il diritto palestinese all’autodeterminazione e alla sovranità permanente sulle risorse naturali; e il divieto di apartheid, che sono norme imperative secondo il diritto internazionale consuetudinario da cui non può essere consentita alcuna deroga.
Gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e delle norme perentorie, inclusi crimini di guerra e crimini contro l’umanità, come quelli commessi da Israele con i suoi insediamenti nei TPO, comportano responsabilità non solo per Israele, l’autore del crimine, ma anche per l’intera comunità internazionale, inclusi l’UE e tutti gli Stati europei.
A titolo di esempio, ai sensi della Quarta Convenzione di Ginevra tutti gli Stati firmatari hanno l’obbligo di assicurare il rispetto della Convenzione da parte della Potenza occupante. In base allo Statuto di Roma, tutte le Parti devono cooperare pienamente con la Corte penale internazionale (CPI) nelle sue indagini e nel perseguimento di tutti i crimini sotto la sua giurisdizione, inclusi crimini di guerra e crimini contro l’umanità come quelli commessi da Israele. Infine, l’obbligo degli Stati di proteggere e promuovere i diritti umani ai sensi dei trattati significa, tra l’altro, che gli Stati dovrebbero garantire – mediante orientamenti, politiche efficaci, legislazione e misure di applicazione – che le terze parti, comprese le imprese, domiciliate nel loro territorio e / o nella loro giurisdizione rispettino i diritti umani durante le loro attività e non violino i diritti umani all’estero. Gli Stati dovrebbero garantire in particolare che le imprese che operano in “aree colpite da conflitti”, come i TPO, non siano coinvolte in gravi violazioni dei diritti umani.
In secondo luogo, a causa delle gravi violazioni delle norme perentorie e del DIU commesse da Israele con i suoi insediamenti nei TPO, tutti gli Stati hanno obblighi secondari aggiuntivi ai sensi del diritto internazionale consuetudinario, che sono complementari ai loro rispettivi obblighi ai sensi dei trattati. Questi sono:
a. Il dovere di “cooperare per porre fine a tali violazioni” attraverso mezzi leciti, comprese le sanzioni;
b. Il dovere di “non riconoscere come lecita” la situazione illegale creata da tali violazioni e di “non fornire aiuto o assistenza” per mantenere tale situazione.
Nel 2013, la Commissione europea ha adottato linee guida vincolanti per l’assegnazione di sovvenzioni, premi e strumenti finanziari dell’UE alle entità israeliane e alle loro attività nei TPO.
Nelle parole dell’UE, queste linee guida sono state adottate “per garantire il rispetto delle posizioni e degli impegni dell’UE in conformità con il diritto internazionale sul non riconoscimento da parte dell’UE della sovranità di Israele sui territori occupati da Israele dal giugno 1967”, vale a dire, i TPO, compresa Gerusalemme Est, e il Golan siriano occupato.
In altre parole, la Commissione europea ha adottato le linee guida per garantire che il finanziamento dell’UE non sia in contraddizione con l’impegno dell’UE nei confronti del proprio obbligo ai sensi del diritto internazionale di non riconoscere, aiutare o assistere gli insediamenti illegali di Israele e l’annessione de facto del territorio palestinese occupato.
L’UE e gli Stati europei, in particolare, ma non solo, Grecia e Cipro, stanno violando il loro obbligo ai sensi del diritto internazionale di non riconoscere gli insediamenti israeliani illegali e di non aiutarli o prestare assistenza nel mantenerli.
L’UE sta violando le proprie Linee guida del 2013 sull’ammissibilità delle entità israeliane e delle loro attività nei TPO per le sovvenzioni, i premi e gli strumenti finanziari dell’UE.
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Come osservava Derfner in un recente scritto, la UE condanna Israele per l’occupazione coloniale dei territori palestinesi, ma l’unica ‘sanzione’ – neppure rispettata – è quella che impone allo stato ebraico di indicare sull’etichetta la provenienza dalle colonie illegali dei prodotti, sopratutto agricoli, esportati in Europa! Come se bastasse indicare sulle confezioni che si tratta di merce rubata per poterla vendere liberamente… Da una Europa così ipocrita ci si può attendere di tutto, anche che finanzi progetti di collaborazione economica con uno stato costruito sul razzismo e sull’apartheid.