di Ali Harb,
Middle East Eye, 26 marzo 2021.
La Dichiarazione di Gerusalemme sull’Antisemitismo, promossa da più di 200 studiosi, dichiara che boicottare Israele non è necessariamente una forma di intolleranza
Più di 200 studiosi internazionali, tra cui esperti di storia ebraica e dell’Olocausto, hanno rilasciato una nuova dichiarazione sull’antisemitismo in cui affermano che opporsi al sionismo, criticare le politiche di Israele e boicottare i prodotti israeliani non sono atti intrinsecamente antisemiti.
Il documento, denominato Dichiarazione di Gerusalemme sull’antisemitismo (JDA), giunge come una risposta chiarificatrice alla definizione operativa di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) che, secondo i sostenitori dei diritti palestinesi, limita la libertà di parola quando tratta delle critiche a Israele.
La Dichiarazione di Gerusalemme, rilasciata giovedì, cerca di offrire un “insieme coerente di linee guida” come strumento educativo.
“Consapevoli della persecuzione storica degli Ebrei nel corso della storia e delle lezioni universali dell’Olocausto e vedendo con allarme il riaffermarsi dell’antisemitismo da parte di gruppi che promuovono odio e violenza nella politica, nella società e su internet, cerchiamo di fornire una definizione di base dell’antisemitismo utilizzabile, coincisa e storicamente informata con un insieme di linee guida”.
La Definizione
La Dichiarazione di Gerusalemme definisce l’antisemitismo come intolleranza verso gli Ebrei poiché Ebrei. “Antisemitismo è discriminazione, pregiudizio, ostilità e violenza contro gli Ebrei poiché Ebrei (o le istituzioni ebraiche poiché ebraiche)”, dichiara.
Differisce dal documento dell’IHRA quando descrive se e come l’antisemitismo può manifestarsi quando si tratta di Israele e del sionismo.
La definizione IHRA offre 11 esempi di antisemitismo, 7 dei quali riguardano Israele, compresa “l’applicazione di doppi standard” alle politiche del governo israeliano.
Al contrario, la JDA offre 10 esempi di antisemitismo e anche 5 esempi di opinioni e azioni sostenute dagli attivisti dei diritti palestinesi contro il governo israeliano che ritiene non siano antisemite.
“Criticare o opporsi al sionismo come forma di nazionalismo, o schierarsi a favore di una gamma di accordi costituzionali per Ebrei e Palestinesi nell’area tra il fiume Giordano e il Mediterraneo”, non è antisemita, recita uno degli esempi di critica a Israele.
“Non è antisemita sostenere intese che accordino piena uguaglianza a tutti gli abitanti ‘tra il fiume e il mare’, sia in due stati, uno stato binazionale, uno stato democratico unitario, uno stato federale o in qualsiasi altra forma.”
Lo scorso anno, l’Anti-Defamation League (ADL), un’importante organizzazione ebraica, ha denunciato come antisemita il sostegno a un unico stato binazionale in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati, in risposta a un appello del noto giornalista Peter Beinart per “uno stato egualitario”.
“In ultima analisi, tali appelli sono essi stessi antisemiti, o quanto meno, come nel caso del signor Beinart, fanno il gioco degli antisemiti”, ha scritto Ken Jacobson, il vice direttore dell’ADL, in una lettera al New York Times nel luglio 2020.
In un momento in cui i politici di tutto lo spettro politico dominante descrivono come antisemiti i tentativi di boicottare Israele per le sue politiche contro i Palestinesi, la Dichiarazione di Gerusalemme dice che i boicottaggi non sono necessariamente un’espressione di intolleranza.
“Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni sono forme comuni e nonviolente di protesta politica contro gli stati. Nel caso di Israele non sono, in sé e per sé, antisemite”, recita il documento.
‘Causa comune’
Derek Penslar, un professore di Storia ebraica alla Harvard University e uno dei firmatari della JDA, ha detto che, nonostante non concordi con alcune delle tattiche del movimento palestinese BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), boicottare le merci israeliane non è antisemita.
“Il boicottaggio è, in linea di principio, un mezzo pacifico di protesta sociale”, ha detto Penslar a Middle East Eye. ” Oggi ci sono persone negli Stati Uniti che boicottano le merci turche o quelle iraniane o russe perché scelgono per qualsiasi motivo politico di boicottare quei beni. Similmente, le persone hanno il diritto, se vogliono, di boicottare le merci israeliane”.
Penslar ha detto che gli Ebrei nell’America settentrionale hanno un interesse nel capire ed evidenziare le caratteristiche comuni tra antisemitismo e altre forme di odio. Ma l’applicazione della definizione IHRA in maniera “rigorosa e letterale” talvolta è di ostacolo nel costruire ponti con altre comunità che sono soggette a razzismo, ha aggiunto.
“Punisce le persone per le loro opinioni sulla politica mediorientale, il che non aiuta, anzi aliena alcune di quelle persone… con le quali dovremmo tutti fare causa comune”, ha detto Penslar riferendosi al testo dell’IHRA.
Ha aggiunto che la JDA chiarisce e amplia le linee guida dell’IHRA, specialmente quando si tratta della critica a Israele.
“Credo che la JDA sia molto più chiara nel definire certe forme di discorso su Israele –anche se molto dure– ben all’interno dei confini della libertà di parola”, ha detto.
Penslar ha sottolineato che si possono avere opinioni forti contro Israele, senza che queste siano antisemite.
“Ci vuole un po’ di tempo e di sforzo per ascoltare le persone –ascoltarle davvero– e chiedersi: Da dove vengono? Quali sono le loro intenzioni? Quali sono i loro scopi? Questo è il miglior modo di capire se il discorso è antisemitico o no”, ha detto a MEE.
La JDA offre cinque esempi in cui la critica a Israele può sconfinare nel discorso di odio, incluso l’uso di simboli antisemiti in relazione al governo israeliano; richiedere alle persone di condannare Israele e il sionismo perché sono cose ebree; e “negare il diritto agli Ebrei dello Stato d’Israele di esistere e prosperare, collettivamente e individualmente, come Ebrei, secondo il principio di uguaglianza”.
Attivisti palestinesi sulla JDA
Palestine Legal, un gruppo difesa che sostiene persone prese di mira per il loro attivismo a favore dei diritti palestinesi, giovedì ha accolto con cautela la Dichiarazione di Gerusalemme.
“La JDA dissipa in gran parte la falsa equiparazione dell’IHRA di antisemitismo e antisionismo, ma rafforza il problema strutturale di voler controllare come i Palestinesi possono parlare della loro oppressione, richiedendo che tutte le critiche a Israele siano filtrate attraverso la lente dell’antisemitismo”, ha detto il gruppo su Twitter.
“Invece di definizioni politicizzate, abbiamo bisogno di capire e lavorare contro la minaccia comune a tutte le comunità vulnerabili, minaccia rappresentata da una risorgente supremazia bianca e dal fascismo che sta sopprimendo tante vite e lavora per minare tutte le nostre libertà”.
Parlando a MEE, Yousef Munayer, un analista palestinese-americano che è un borsista non residente dell’Arab Center di Washington, ha riecheggiato il commento di Palestine Legal. Ha detto che la definizione IHRA è stata “trasformata in un’arma” per silenziare i sostenitori dei diritti palestinesi.
Munayer ha detto che, in quanto Palestinese non ebreo, non è suo compito definire cosa sia l’antisemitismo. “Credo che la gente che è colpita davvero da quel tipo di intolleranza dovrebbe decidere la definizione”.
Tuttavia, ha condannato le situazioni in cui “troppo spesso” le definizioni di antisemitismo coinvolgono i Palestinesi.
“È così quando le definizioni di antisemitismo vengono usate per mettere a tacere i Palestinesi, per prendere di mira i Palestinesi e per gettare fango su di loro nel corso di una difesa legittima”, ha detto Munayer a MEE. “Ci viene rivolta quell’accusa, non perché ci riguardi, ma le persone che vogliono definire l’antisemitismo in quel modo fanno ricadere quell’accusa su di noi”.
Munayer accoglie la Dichiarazione di Gerusalemme come un “buon” tentativo, ma esprime alcune riserve su di essa, dicendo che, poiché è una risposta al quadro fatto dall’IHRA, il documento crea una correlazione tra le critiche a Israele e l’antisemitismo.
“Qualsiasi tentativo che cerchi di rafforzare sostanzialmente l’idea che alcune forme di critica a Israele e alla politica dello stato israeliano possono essere antisemite lascia spazio a chi voglia utilizzarlo come un’arma… Non si tratta tanto del linguaggio specifico quanto della struttura che rinforza”, ha dichiarato.
La replica del BDS
Decine di stati degli USA hanno approvato leggi che puniscono le persone che boicottano Israele, alcune delle quali sono state respinte come incostituzionali dalle corti federali. Eppure, con poche eccezioni, i politici americani di entrambi i partiti maggiori continuano a condannare il BDS in ogni occasione possibile.
All’inizio di marzo, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha detto che l’amministrazione Biden accoglie “con entusiasmo” la definizione IHRA.
Munayer ha detto che ogni sforzo di dare un giro di vite alla libertà di parola quando si critica Israele mira in realtà a chiudere il confronto.
“Questo avviene perché i sostenitori della politica israeliana hanno perso il dibattito quanto ai suoi contenuti”, ha detto a MEE. “E quindi cercano di chiudere la discussione come possono, rendendola del tutto incandescente, in modo che qualsiasi menzione dei diritti palestinesi sia immediatamente associata all’antisemitismo e a quegli argomenti ad alta tensione che nessuno vuole trattare”.
Giovedì il movimento BDS ha rilasciato una dichiarazione che loda alcuni aspetti della JDA, ma ha anche criticato alcuni elementi della dichiarazione.
“La JDA può essere utile nella lotta contro il maccartismo antipalestinese e la repressione che i propugnatori della definizione IHRA, con i suoi ‘esempi’, hanno promosso e causato”, recita la dichiarazione.
Ma prosegue invitando alla cautela nell’adottare completamente il documento, obiettando sulla sua enfasi verso l’attivismo palestinese mentre ha escluso i Palestinesi dal partecipare alla stesura e dal firmare il documento.
Il BDS inoltre rifiuta alcune delle linee guida presentate dalla JDA, tra cui l’esempio che mette in guardia dall’applicare a Israele simboli antisemiti e stereotipi negativi.
Il movimento per il boicottaggio ha detto che secondo quelle indicazioni, chiamare il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu un assassino di bambini potrebbe essere considerato antisemita, anche se più di 500 bambini palestinesi sono stati uccisi sotto il suo controllo durante la guerra di Gaza del 2014.
“Sebbene le prove siano inoppugnabili, i Palestinesi dovrebbero evitare in questo caso quel termine semplicemente perché è un tropo antisemita e capita che Netanyahu sia ebreo? È islamofobico definire macellaio il dittatore saudita Mohammed bin Salman –che è, guarda il caso, musulmano–per aver orchestrato l’orribile omicidio di Khashoggi, per non parlare dei crimini contro l’umanità compiuti del regime saudita nello Yemen?”
Il testo in italiano della JDI si trova QUI.
Traduzione di Elisabetta Valento – AssoPacePalestina
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