Haaretz, 22 marzo 2021.
Dalla possibilità che un kahanista entri nel prossimo gabinetto israeliano, all’elezione per la prima volta in assoluto di un rabbino riformato: ecco cinque personaggi e cinque tendenze cruciali da tenere d’occhio martedì.
Martedì mattina, i seggi elettorali in tutto Israele si apriranno, iniziando la quarta giornata elettorale del paese in due anni. Gli Israeliani sanno che potrebbero non avere risposte alle grandi domande – chi sarà il loro primo ministro e quali partiti formeranno la coalizione di governo – né nella notte delle elezioni, né forse per settimane dopo. Ma oltre a chi saranno i grandi vincitori delle elezioni, ci sono altre importanti domande, la cui risposta sarà centrale nel disegnare la nuova realtà politica del paese. Ecco altre cinque domande che varrà la pena seguire quando i risultati inizieranno ad arrivare.
Ci sarà un rabbino riformista alla Knesset?
Per decenni, i politici e i partiti ultra-Ortodossi israeliani hanno usato i loro considerevoli poteri politici per mantenere l’Ebraismo Riformista e altre correnti non-Ortodosse fuori dalle tendenze dominanti nella società israeliana, cercando di negar loro i finanziamenti del governo o qualsiasi forma di riconoscimento ufficiale. Si troveranno di fronte un formidabile antagonista se e quando i risultati delle elezioni di martedì confermeranno che il partito laburista ha ricevuto almeno quattro seggi alla Knesset.
Ciò garantirà al rabbino riformista Gilad Kariv un posto nella storia come primo rabbino non-Ortodosso eletto a legislatore israeliano. Kariv, 47 anni, è stato amministratore delegato e presidente del movimento della Riforma in Israele ed è stato a lungo una figura di spicco nella lotta per ottenere uno spazio di preghiera egualitario al Muro Occidentale di Gerusalemme e per il riconoscimento delle conversioni non-Ortodosse.
I deputati ultra-Ortodossi hanno promesso di boicottare Kariv come collega parlamentare se sarà eletto, anche se Kariv ha detto di non essere turbato dalle minacce. In un recente sondaggio, si prevede che il Labour otterrà cinque seggi.
L’eredità razzista di Kahane penetrerà nelle stanze del potere di Israele?
Il partito sionista religioso guidato da Bezalel Smotrich è sull’orlo della soglia elettorale. Se il partito supera la soglia del 3,25% e ottiene quattro seggi alla Knesset, è pronto a lasciare un’impronta preoccupante nella politica israeliana.
Il partito di Smotrich corre con il partito Otzma Yehudit guidato da Itamar Ben-Gvir, un suprematista ebreo che è il figlioccio spirituale del famigerato rabbino Meir Kahane ed ha il terzo posto nella lista.
Se l’alleanza varca la soglia elettorale ed entra nella Knesset, diventando il fattore chiave per una coalizione di governo guidata dal primo ministro Benjamin Netanyahu, essa avrà abbastanza potere da realizzare il più grande desiderio di Ben-Gvir. L’uomo che nella sua giovinezza rubò l’emblema Cadillac dal cofano dell’auto dell’allora primo ministro Yitzhak Rabin, e minacciò di “prendere” anche lui, settimane prima dell’assassinio del defunto premier nel novembre 1995, diventerà un ministro nel gabinetto di governo.
Da quel piedistallo, sarà in grado di perseguire il suo programma di spingere all’emigrazione i cittadini arabi che si rifiutano di dichiarare lealtà e di accettare uno status sub-uguale in uno stato ebraico espanso la cui sovranità si estenderebbe in tutta la Cisgiordania (la biblica Giudea e Samaria).
Le donne saranno equamente rappresentate?
Nell’ultimo turno elettorale dello scorso marzo, non c’erano donne a capo di nessuno dei partiti in corsa per la Knesset.
Questa volta, Merav Michaeli è a capo del Partito Laburista – e ha persino richiesto che la lista laburista avesse un numero uguale di uomini e donne.
Questo, e il fatto che il centro-sinistra sia diviso in un gran numero di liste con donne nelle prime posizioni, significa che probabilmente il numero di donne alla Knesset rimarrà stabile all’attuale, mediocre livello del 25%.
L’unico difetto in quel piano verrà a galla se uno dei partiti di sinistra, come Meretz o Kahol Lavan, non riesce a superare la soglia elettorale. Se i loro voti vengono ridistribuiti tra i partiti più grandi che hanno meno donne, come il Likud – che ne ha solo quattro nei primi 20 posti – o partiti che non candidano nessuna donna, come le liste ultraortodosse e la Lista Araba Unita Islamista, questo rappresenterà una battuta d’arresto significativa.
Il potere politico degli Arabi israeliani diminuirà o aumenterà?
Per la comunità araba di Israele, queste elezioni sono destinate a essere drammatiche, o nel bene o nel male.
Da quando il partito islamista di Mansour Abbas si è staccato dalla Joint List, l’alleanza di tre partiti arabi si prevede che avrà otto seggi, mentre Abbas rischia di non superare la soglia del 3,25 per cento. Lo scorso marzo, la Joint List si è assicurata 15 seggi e la potenziale perdita di metà o un terzo della rappresentanza araba alla Knesset sarebbe devastante per una comunità che lotta per i diritti e le risorse.
I sondaggisti prevedono che l’affluenza araba alle urne sarà estremamente bassa, riflettendo la stanchezza dovuta al COVID e la delusione per lo scioglimento della Joint List, rendendo la situazione ancora più precaria per Mansour Abbas e il suo partito. Se Abbas ce la farà, tuttavia, potrebbe giocare un ruolo chiave nella formazione del prossimo governo, se a Netanyahu dovessero mancare solo pochi seggi per formare una coalizione. Il leader islamista non ha escluso la possibilità di appoggiare il primo ministro e, sebbene la probabilità che faccia causa comune con il sostenitore di estrema destra di Netanyahu sia bassa, questa possibilità esiste.
Benny Gantz sopravviverà?
Nessun uomo politico nella storia di Israele è mai caduto in modo così drammatico come l’ex capo di stato maggiore dell’esercito israeliano Gantz. Solo un anno fa, ha avuto un tale successo al terzo turno in due anni delle elezioni israeliane, con i 33 seggi del suo Kahol Lavan contro i 36 del Likud, che Netanyahu è stato costretto a creare una coalizione con Gantz, rendendolo sia ministro della Difesa che “primo ministro alternante.” Dopo che quella partnership si è conclusa con una scissione nel suo stesso partito e il rapido scioglimento della coalizione, il sostegno di Gantz si è dissolto.
Ora sta lottando per la sopravvivenza alla soglia elettorale dei quattro seggi. Gantz ha resistito ostinatamente agli appelli a ritirarsi dalla corsa, giurando che continuerà a combattere, sostenendo che se queste elezioni finiscono in un altro stallo, la sua presenza in un governo ad interim è cruciale per tenere a freno Netanyahu. Se non ce la fa ed esce del tutto fuori dalla mappa politica, questo potrebbe segnare la fine del mito israeliano dei capi militari come salvatori politici.
Traduzione di Donato Cioli – AssoPacePalestina
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