Alcune considerazioni sulla Corte Penale Internazionale e sul procedimento in corso sulla Palestina

di Ugo Giannangeli,

25 gennaio 2021.

In molteplici occasioni ho verificato che gli attivisti per la causa palestinese ripongono molte speranze e molta fiducia nel procedimento in corso avanti alla Corte Penale Internazionale de L’Aja. Dietro questo atteggiamento c’è quasi sempre l’ignoranza del funzionamento e del ruolo della Corte. Al termine degli incontri pubblici, nella fase di dibattito, alcune domande lo dimostrano. Solo a titolo di esempio, spesso viene chiesto ai relatori: “Perché non si è portato prima Israele dinanzi alla Corte?” ignorando che la Corte giudica singoli individui e non gli Stati. Oppure, recentemente “La Corte ha accolto il ricorso palestinese” quando, invece, la Procuratrice Fatou Bensouda ha semplicemente ritenuto sussistenti i presupposti per avviare un’attività preliminare di indagine; l’affermazione dimostra di considerare sentenza quello che è un semplice primo passo di indagine ed evidenzia l’incapacità di distinguere i ruoli di Procuratore e Corte.

Ho ritenuto pertanto opportuno porre una serie di domande a un docente di diritto internazionale, attivo anche dinanzi alla Corte Penale Internazionale (in seguito CPI).

1) Quando nasce la CPI e quando diventa operativa?

Lo Statuto della CPI viene redatto durante la conferenza diplomatica che si tiene a Roma dal 15 giugno al 17 luglio 1998. La Corte diventa operativa il 1° luglio 2002 dopo l’adesione di 60 Paesi. Non hanno aderito, tra gli altri, USA, Cina, Russia e Israele.

2) Su quali reati la Corte ha competenza?

Genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. La definizione del crimine di aggressione è presente nello Statuto di Roma così come integrato nel 2010 alla Conferenza di Kampala. Dal Luglio 2018, data in cui è stato raggiunto il numero di ratifiche previsto, la Corte potrebbe esercitare la sua giurisdizione anche su questo crimine ma sinora il Procuratore non ha mosso alcuna accusa avente ad oggetto questo reato.

3) Dove ha sede la Corte e come vengono scelti i magistrati requirenti e giudicanti?

Ha sede a L’Aja. I giudici sono candidati dagli Stati ed eletti dall’Assemblea degli Stati parte (ASP). Per il ruolo di Procuratore ci si può candidare e poi la decisione spetta sempre all’ASP.

4) Chi promuove l’azione penale?

Il Procuratore.

5) In sintesi, la procedura.

La giurisdizione può essere attivata da uno Stato membro, dal Consiglio di sicurezza o dal Procuratore (referral). Alla Corte viene ‘riferita’ una cosiddetta ‘situation’ (ad es. Kenya situation, Libya situation etc.), poi però spetta solo al Procuratore decidere se avviare l’indagine e portare dei casi contro determinati individui dinanzi alla Corte.

6) Gli organismi giudiziari internazionali sono stati spesso oggetto di critiche perché svolgono un ruolo giuridico influenzato, però, e spesso condizionato, da interessi politici. Nei confronti della CPI sono state mosse critiche, ad esempio, per una sua attitudine a sottoporre a giudizio soprattutto esponenti africani o, nel caso di altro Tribunale, quello per la ex Jugoslavia, a criminalizzare soprattutto una parte (i serbi). La CPI può essere considerata organo giudiziario realmente indipendente?

Nel caso della ex Jugoslavia si tratta di altro tribunale (ICTY) che era stato creato dal Consiglio di sicurezza, mentre la CPI è stata voluta dagli Stati stessi. La domanda sull’indipendenza della Corte avrebbe bisogno di una lunga discussione. In questa sede possiamo soltanto dire che, fino ad ora, l’operato della Corte ha dato vita a molti dubbi sulla sua indipendenza, visto che si è tenuta lontana da crimini internazionali commessi da cittadini di potenze mondiali.

7) Che ruolo hanno nel procedimento gli “amici curiae”?

Possono presentare una memoria su una questione specifica ai giudici quando quest’ultimi la richiedono. Si tratta in genere di pareri scritti presentati dalla società civile (ONG) o da accademici per conto degli Stati. Nel caso della Palestina ci sono stati circa 45 interventi sulla sola questione preliminare oggi in discussione, se cioè la Palestina sia uno Stato ai sensi del diritto internazionale o, meglio, ai sensi dello Statuto di Roma. I pareri sono contrastanti, equamente divisi tra pro e contro. Tra i Paesi contro cito Germania, Austria, Canada, Uganda, Repubblica Ceca, Ungheria, Brasile. La situazione è paradossale e contraddittoria perché alcuni di questi Paesi hanno riconosciuto la Palestina come Stato; non solo, ma la Palestina dal 2015 è Stato parte della CPI. I pareri contrari sono frutto di una pressione diplomatica fortissima esercitata da Israele.

8) La Corte ha poteri di indagine?

L’ufficio del Procuratore, sì. Ovviamente c’è sempre bisogno della cooperazione degli Stati membri, visto che la Corte non ha nemmeno una sua forza di polizia.

9) Quale organo esegue le sentenze?

Gli Stati o la Corte, a seconda della sentenza, ma occorre sempre la cooperazione dello Stato.

10) Nello specifico del caso della Palestina, quando e da chi è stata promossa l’azione?

L’azione è stata proposta dallo Stato di Palestina nel 2009 e poi ancora nel 2015 (quando la Palestina diventa anche Stato membro della Corte).

11) Nei confronti di quali soggetti è in corso il procedimento e per quali condotte/crimini?

Non ci sono ancora soggetti incriminati, tenuto conto che ci troviamo ancora in una fase pre-investigativa. Il procedimento attualmente dinanzi alla Corte ha ad oggetto crimini di guerra presuntamente commessi sia da israeliani (insediamenti e azioni contro Gaza) quanto da palestinesi (omicidi di collaborazionisti, razzi su territorio israeliano). Nei confronti dei palestinesi l’azione è stata proposta autonomamente dal Procuratore.

12) Il particolare status della Palestina, ammessa all’ONU quale mero Stato osservatore, crea problemi di giurisdizione alla Corte? Israele, come detto, non ha aderito al Trattato di Roma; è questo un ostacolo?

È esattamente la questione su cui si deve pronunciare la Camera preliminare della Corte. Su richiesta del Procuratore i giudici (da più di un anno) devono decidere se la Palestina è uno Stato ai sensi dello Statuto di Roma. In caso affermativo, l’indagine potrà continuare.

13) Poiché sono sottoposte ad indagine persone fisiche come può fare sentire la propria voce Israele?

Fino ad ora Israele ha ufficialmente boicottato la Corte, ma ufficiosamente ha chiesto alle ‘sue’ ONG e a Stati ‘amici’ di presentare delle memorie come amici curiae. È la pressione diplomatica di cui ho detto.

14) Gli indagati hanno loro difensori? Hanno già mosso eccezioni e, se sì, di che tipo?

Come dicevamo sopra, non ci sono ancora indagati. Questi ci saranno soltanto se la Camera preliminare darà il semaforo verde al Procuratore e se quest’ultimo porterà dei casi dinanzi alla Corte.

15) Sono presenti nelle denunce soggetti già sottoposti a giudizio in Israele e quindi non giudicabili dalla Corte? In caso affermativo, la Corte può ritenere il giudizio nazionale non conforme ai principi del giusto processo e quindi procedere ugualmente?

La Corte può ritenere il giudizio nazionale non conforme ai principi del giusto processo soltanto quando il procedimento interno è stato posto in essere al solo fine di proteggere l’imputato dalla giustizia penale internazionale. La Corte può procedere se lo Stato non ha la capacità o la volontà di promuovere l’azione ma se sono violati i principi di indipendenza e imparzialità, questo non rileva per la Corte che non è giudice della violazione dei diritti. Insomma, può procedere se constata che quello nazionale è stato un “finto” processo.

16) Senza la collaborazione di organismi israeliani si può ottenere qualche risultato investigativo?

Sarà molto difficile per alcuni crimini (vedi azioni contro Gaza), ma per altri la non collaborazione è abbastanza irrilevante (vedi insediamenti).

17) L’attività di indagine è più semplice nei crimini contro l’umanità rispetto ai crimini di guerra?

Non in assoluto. Dipende dalla situazione specifica. Come detto, ad esempio per gli insediamenti che configurano un crimine di guerra realizzato con il trasferimento di popolazione dello Stato occupante (coloni) nei territori occupati l’accertamento è piuttosto semplice.

18) In caso di condanna è ipotizzabile la consegna del condannato da parte di Israele agli organi preposti alla esecuzione della sentenza?

Come dicevamo, Israele non riconosce la Corte e non collaborerà mai con la Corte.

19) Tempi prevedibili? Mesi o anni per la sentenza?

Visti i tempi della giustizia penale internazionale, se ci saranno mai dei casi completi, dobbiamo mettere in conto almeno una decina d’anni.

20) Quali Stati attualmente applicano il principio della giurisdizione universale e in cosa consiste?

È difficile dire quanti Stati prevedano la giurisdizione universale viste le sue innumerevoli versioni. Nella forma più ‘pura’ la giurisdizione universale consente a uno Stato di processare un individuo per determinati crimini internazionali anche in mancanza di alcun criterio di connessione (territorialità, personalità attiva, personalità passiva, etc.). Tra gli Stati che applicavano il principio di giurisdizione universale cito il Belgio e la Spagna che però, nel tempo, hanno “ammorbidito” le proprie leggi richiedendo criteri di connessione. Nel caso del Belgio, questo è avvenuto su pressione di Israele dopo il famoso caso di Sharon.

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A giudizio di chi scrive il quadro che emerge è decisamente sconfortante e non tale da giustificare le speranze riposte dagli attivisti.

A distanza di oltre 10 anni dalla prima denuncia e di oltre 5 dalla seconda non è stata ancora risolta la questione preliminare sulla giurisdizione della Corte e quindi non sappiamo se l’indagine potrà essere avviata o meno. Israele non collaborerà mai alle indagini e il Procuratore incontrerà difficoltà a raccogliere prove, oltre a quelle già messe a disposizione dai denuncianti. La sola reazione di Israele alla richiesta della Procuratrice è stato un violento attacco a livello personale e professionale contro l’avv.sa Fatou Bensouda, strategia già usata a suo tempo contro il giudice Goldstone a capo della Commissione di indagine per l’eccidio denominato “Piombo Fuso”. Così come con la Commissione Goldstone, Israele ha negato l’ingresso a Gaza degli investigatori della Procura. Ovviamente ha definito la Corte antisemita e ha lasciato al grande alleato Trump l’adozione di misure concrete contro Bensouda e il suo staff (limitazione di movimenti negli USA e congelamento di beni).

Ad una eventuale sentenza di condanna non sarà mai data esecuzione e quindi i responsabili non sconteranno mai la pena. La sentenza si aggiungerà alle tante condanne già emesse contro Israele da organismi non giudiziari senza alcuna conseguenza concreta.

È innegabile, però, che un accertamento anche in sede giudiziaria di responsabilità di israeliani per crimini di guerra e crimini contro l’umanità sarebbe di grande importanza e significato. Se i condannati rivestissero alte cariche –come probabile– nell’esercito o nel governo, sarebbe lo Stato ebraico nel suo complesso, di fatto, a subire la condanna e sarebbe legittimo (anche se non corretto tecnicamente) affermare che è Israele stesso ad essere responsabile di crimini di guerra e contro l’umanità.

A tutto ciò è da aggiungere il fattore tempo. Ci dice il docente che per una sentenza occorreranno almeno 10 anni! Quanta terra sarà nel frattempo ancora depredata? Quante case abbattute? Quanti palestinesi uccisi o resi invalidi? Quanti imprigionati? Quanta storia palestinese cancellata dai libri e dal territorio?

Dieci anni si aggiungeranno al secolo di Resistenza: la più lunga occupazione della storia e la più lunga resistenza. Tutti quelli che hanno a cuore la causa palestinese, consapevoli dei limiti di tempo e di potere della Corte Penale Internazionale, dovranno seguire il lavoro della Procura e sollecitarlo (come avvenuto anche recentemente, il 6 gennaio, da parte di varie associazioni: Al Haq, Al Mezan, Al Dameer ed altre). Soprattutto, però, dovranno continuare il proprio lavoro a sostegno della Resistenza, in particolare appoggiando ed incrementando il movimento BDS che in oltre 15 anni di attività ha conseguito importanti risultati a livello internazionale, sostituendosi a quella attività di boicottaggio e sanzioni che a suo tempo è stata svolta contro il Sudafrica dell’apartheid dagli Stati e dalla comunità internazionale nel suo complesso. Con una sola eccezione: Israele.

Ugo Giannangeli, Avvocato penalista dal 1974, all’impegno nella professione ha sempre affiancato un impegno sociale e politico nella sinistra militante, prevalentemente sui temi del carcere, della pena, della repressione delle lotte sociali e della solidarietà internazionale, in particolare a sostegno del popolo palestinese. Come giurista ha contribuito alla nascita della Camera penale di Milano, ha fatto parte del Comitato Avvocati contro la guerra. Ha partecipato come osservatore internazionale ai processi contro Marwan Barghouti a Tel Aviv e contro Ocalan ad Ankara, e alle elezioni in Nicaragua nel 1989 e in Palestina nel 2006. 

I commenti di: Parallelopalestina 

Quanto c’è di nuovo in questo documento che già non sappiamo?

  • Che alla CPI non hanno aderito, tra gli altri, USA, Cina, Russia e Israele.
  • Che l’autonomia della CPI è a rischio come quella del congresso americano o del nostro governo.
  • Che la CPI si è tenuta lontana finora da crimini internazionali commessi da cittadini di potenze mondiali (la lista è infinita)
  • Che alcuni Paesi (sotto pressione diplomatica fortissima esercitata da Israele) non riconoscono la Palestina come Stato ai sensi del diritto internazionale, sebbene l’abbiano riconosciuta già come Stato. Essendo tra l’altro la Palestina dal 2015 Stato parte della CPI.
  • Che ci troviamo ancora in una fase pre-investigativa
  • Che fino ad ora Israele ha ufficialmente boicottato la Corte
  • Che senza la collaborazione di organismi israeliani sarà molto difficile ottenere qualche risultato per alcuni crimini (vedi azioni contro Gaza): gli israeliani non diranno i nomi dei responsabili. Però alcuni sono clamorosamente noti, come d’altra parte i mandanti.
  • Che la collaborazione di organismi israeliani sarà per altri crimini abbastanza irrilevante (vedi insediamenti). Irrilevante anche per tutti i crimini ormai registrabili con vari strumenti tecnologici portatili.
  • Che i tempi prevedibili sono almeno una decina d’anni.
  • Che la giurisdizione universale consente a uno Stato di processare un individuo per determinati crimini internazionali anche in mancanza di alcun criterio di connessione (pressione esercitata da Israele permettendo)
  • Che il Procuratore potrebbe incontrare l’ira vendicativa di Israele per mano Usa a livello personale e professionale, vedi Goldstone, Bensouda e il suo staff (limitazione di movimenti negli USA e congelamento di beni).
  • Che ad una eventuale sentenza di condanna, sarebbe lo Stato ebraico nel suo complesso, di fatto, a subire la condanna e sarebbe legittimo (anche se non corretto tecnicamente) affermare che è Israele stesso ad essere responsabile di crimini di guerra e contro l’umanità.
  • La conclusione che non sarà mai data esecuzione e quindi i responsabili non sconteranno mai la pena è da verificare: limitazione di movimenti? congelamento di beni? Prigione a vita nel recinto israeliano?
  • E in questo caso, non potremmo formulare l’ipotesi che a pagare la condanna in loro vece sia tenuto lo stato israeliano che li copre?

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