Il progetto che riporta i rifugiati palestinesi a casa

Cosa significa il diritto al ritorno per i Palestinesi a 72 anni dalla Nakba? Il progetto di documentazione visiva di Tarek Bakri ne da un’idea.

di Henriette Chacar

+972magazine, 15 maggio 2020.

Due decenni dopo la costruzione di questa casa a Gerusalemme nel quartiere Talbiya e la posa per una foto con la famiglia, Shukri Al Jamal fu espulso da casa sua durante la Nakba, insieme con il resto dei residenti palestinesi del quartiere. La casa è ora abitata da Ebrei israeliani. (Courtesy of Tarek Bakri)

Alcuni mesi fa stavo scorrendo Facebook quando un video ha veramente catturato la mia attenzione. Ho attivato l’audio per ascoltare una giovane donna palestinese, Nour, dire al telefono a sua nonna: “Sitti, sto di fronte alla palma di cui mi hai parlato”.

Non c’è nulla di particolarmente attraente nel video in sé, l’immagine è tremolante ed è difficile distinguere le parole di Nour dal vento forte.

Sua nonna, una rifugiata palestinese di un villaggio a nord di Akka, fu esiliata in un campo in Siria durante la Nakba, la catastrofe che culminò nel trasferimento di centinaia di migliaia di Palestinesi nel 1948 e che continua ancora oggi ad aver conseguenze su milioni di persone.  

Nour è stata in grado di entrare in Israele con un passaporto europeo. Dopo aver sentito sua nonna, Um Safwan, parlare della sua casa palestinese in tutti quegli anni, ha deciso di visitarla.

Il paesaggio da allora è completamente cambiato e quello che era il villaggio ora è un parco nazionale israeliano. Ma usando il mare e una palma come indicazioni, Um Safwan ha guidato sua nipote dove una volta sorgeva la casa.

Nour trattiene le lacrime sino a quando non ce la fa più. Si inginocchia al suolo e inizia piangere e gridare. “Alhamdulillah”, sia lodato Dio, dice.

La persona che filma Nour è Tarek Bakri, un giovane ingegnere palestinese divenuto per caso archivista. Quasi 10 anni fa Tarek ha iniziato un progetto chiamato Kunna ou Ma Zilna, in Arabo “eravamo e siamo ancora qui”. È un modo per documentare visivamente la Palestina nell’era dei social media.

Tarek Bakri, l’ingegnere diventato archivista con il progetto che documenta visivamente la Palestina nei social media e aiuta i rifugiati palestinesi a localizzare le loro case originarie. (Foto: Majdi Alsharif)

Usando vecchie foto e la storia orale, aiuta i Palestinesi a ritrovare le loro case e i loro villaggi, molti dei quali sono ora spopolati, distrutti o occupati da ebrei israeliani.

Tra decenni di espansione delle colonie, l’Accordo del Secolo di Trump e ora l’incombente annessione formale, il diritto al ritorno per i rifugiati palestinesi è stato accantonato. Per riportare l’attenzione su questa questione, noi di +972 Magazine ci prefiggiamo di esplorare cosa significhi il ritorno, a 72 anni dalla Nakba. È solo una richiesta simbolica? È realistica?

Questo episodio è il primo di una serie in tre parti sul diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi. Pubblicheremo un nuovo episodio ogni venerdì nelle prossime settimane, partendo con Tarek. Con il suo aiuto, viaggeremo da Safad a Akka, a Giaffa, a Beit Nabala e ci fare un’idea di come potrebbe essere il ritorno.

Henriette Chacar è una redattrice e reporter palestinese di +972 Magazine. Inoltre produce, ospita e cura il +972 Podcast. Laureata alla Columbia Journalism School, Henriette ha precedentemente lavorato in un settimanale nel Maine, Raine Media per PBS Fronteline e The Intercept.

https://www.972mag.com/tarek-bakri-return-podcast/

Traduzione di Elisabetta Valento – Assopace Palestina

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