L’ex capo di stato maggiore cede ancora e si accorda con Netanyahu che resterà premier e si è garantito i voti di Blu Bianco e dei laburisti alla legge sull’annessione della Cisgiordania palestinese.
di Michele Giorgio
il Manifesto, 21 aprile 2020
Gerusalemme. Inutile la protesta di 2mila israeliani che domenica si sono riuniti a Tel Aviv per chiedere che Netanyahu, rinunci al governo e vada senza indugi a difendersi in tribunale da chi lo accusa di corruzione. Ieri sera Benyamin Netanyahu e il leader del partito Blu Bianco, Benny Gantz, hanno firmato l’accordo per la costituzione di un «governo nazionale di emergenza» che avrà il compito di guidare Israele durante l’emergenza coronavirus.
«Ho promesso – ha detto Netanyahu con tono solenne – un governo di emergenza nazionale che operi per salvare le vite umane e il lavoro dei cittadini. Continuerò a fare tutto il possibile per voi, cittadini di Israele». «Abbiamo impedito – ha detto da parte sua Gantz – una quarta tornata elettorale. Difenderemo la democrazia. Combatteremo il coronavirus e avremo cura dei cittadini».
Gli obiettivi reali saranno soprattutto politici. Non si tratta di un esecutivo destinato a restare in carica solo per la durata della crisi causata dal Covid- 19. Il primo ministro di destra e il leader del principale partito di opposizione ieri non hanno solo messo fine allo stallo politico che paralizzava Israele dalla fine del 2018 e che neppure tre elezioni in 11 mesi erano riuscite a sbloccare. La loro collaborazione è destinata, almeno sulla carta, a durare anni: Netanyahu sarà primo ministro per un anno e mezzo, dopo toccherà a Gantz.
Appena qualche settimana fa il capo di Blu Bianco ripeteva che non avrebbe mai governato con Netanyahu, che definiva una «minaccia alla democrazia » da allontanare a ogni costo perché incriminato per corruzione, frode e abuso di ufficio. Per Netanyahu è un nuovo capolavoro politico. Prima ha convinto Gantz a unirsi a lui innescando la fine di Blu Bianco come lista unita di varie formazioni, due delle quali sono già uscite dal fronte comune. Dopo aver spezzato il principale partito d’opposizione, si è cucinato Gantz a fuoco lento, lasciandogli capire che l’accordo si sarebbe fatto alle sue condizioni, altrimenti avrebbe scelto di andare a nuove elezioni sapendo, questa volta, di stravincerle. Scaltrezza di cui Gantz è privo.
L’ex capo delle forze armate ha palesato una ingenuità sorprendente, che non si aspettavano i suoi ex alleati in Blu Bianco: più volte in questi giorni, anche ieri mattina, lo hanno esortato a non lasciarsi raggirare dall’uomo che considerano un campione di corruzione e immoralità. Anche il più sprovveduto sa che Netanyahu difficilmente passerà il testimone a Gantz tra 18 mesi, piuttosto preferirà rompere il giocattolo e andare al voto.
Gantz nel futuro governo sarà ministro della difesa e il numero due del suo partito, Gaby Ashkenazi, un altro capo di stato maggiore, ministro degli esteri. Si tratta dei due incarichi più importanti dopo quello di primo ministro. In cambio Netanyahu ha ottenuto il diritto di veto sulla nomina del futuro avvocato dello Stato – quello attuale, Avichai Mandelblit, lo scorso novembre ha approvato la sua incriminazione – e del procuratore generale, senza tenere conto dell’opinione di Avi Nissenkorn (Blu Bianco) destinato al ministero della giustizia. Non è chiaro se Netanyahu avrà diritto di parola sulla formazione della commissione della Knesset che nomina i giudici, una delle sue richieste durante le trattative.
L’accordo mette una pietra sopra al progetto di legge, promosso da Blu Bianco che, se approvato, avrebbe impedito la guida del governo a Netanyahu che il 24 maggio deve comparire in tribunale. Ciò a cui il leader della destra però teneva più di ogni altra cosa è il via libera all’annessione a Israele delle terre palestinesi prevista dal piano di Trump (Accordo del Secolo). Gantz aveva già dato la sua benedizione nei giorni scorsi, ora si passa all’azione. Il primo luglio Netanyahu sottoporrà a governo e Knesset l’approvazione dell’estensione della sovranità israeliana sulla Valle del Giordano e gli insediamenti ebraici nella Cisgiordania palestinese occupata da Israele nel 1967. Le restanti porzioni, i centri abitati palestinesi o poco più, resteranno sotto legge militare israeliana.
Da sottolineare che ad avallare la soluzione trovata ieri e i programmi del futuro governo sono stati anche i Laburisti: di fatto si sono condannati alla scomparsa dalla storia di Israele dopo averlo guidato per circa la metà della sua esistenza. Il presidente laburista, Amir Peretz, che punta a fondere il partito con Blu Bianco, sarà ministro dell’economia. Il suo vice, Itzik Shmuli, leader nel 2011 del movimento degli «indignati », ministro del welfare.
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