26 marzo 2020
Oggi, giovedì 26 marzo 2020, verso le 7:30, i funzionari dell’amministrazione civile israeliana in Cisgiordania sono arrivati con la scorta di una jeep militare, un bulldozer e due camion a pianale piatto con gru nella comunità palestinese di Khirbet Ibziq nel nord della Valle del Giordano. Hanno confiscato pali e teloni destinati a formare otto tende, due per una clinica da campo, e quattro per abitazioni di emergenza per i residenti evacuati dalle loro case, e due come moschee di fortuna. I militari hanno anche confiscato una baracca di latta che era sul posto da più di due anni, un generatore di corrente e sacchi di sabbia e cemento. Quattro pallet di blocchi di cemento destinati ai pavimenti delle tende sono stati portati via e altri quattro sono stati demoliti.
Mentre il mondo intero combatte una crisi sanitaria
paralizzante e senza precedenti, i militari israeliani stanno dedicando tempo e
risorse a vessare le comunità palestinesi più vulnerabili della Cisgiordania,
comunità che Israele ha cercato di cacciare dall’area per decenni. Il blocco di
un’iniziativa di primo soccorso durante una crisi sanitaria è un esempio
particolarmente crudele degli abusi che vengono regolarmente inflitti a queste
comunità, e va contro i fondamentali principi umani e umanitari durante
un’emergenza. A differenza delle politiche di Israele, questa pandemia non
discrimina in base alla nazionalità, all’etnia o alla religione. È giunto il
momento che il governo e i militari riconoscano che ora, come non mai, Israele
è responsabile della salute e del benessere dei cinque milioni di Palestinesi
che vivono sotto il suo controllo nei Territori Occupati.
Oltre alla sconcertante distruzione della clinica in costruzione, l’amministrazione civile continua la sua routine di demolizione. Oggi ha demolito tre case stagionali di contadini residenti a Gerusalemme, nel villaggio di ‘Ein a-Duyuk a-Tahta a ovest di Gerico.
Condizioni sociali delle comunità
palestinesi costrette ad affrontare l’espulsioneIl 60% della Cisgiordania designata come
Area C ospita comunità di pastori-agricoltori, composte da migliaia di Palestinesi.
Per decenni, le autorità israeliane hanno perseguito una politica volta a
scacciare queste comunità rendendo le condizioni di vita intollerabili, nel
tentativo di indurre i residenti ad andarsene, apparentemente di loro spontanea
volontà. Questa condotta illegale è motivata dalla volontà politica,
pubblicamente dichiarata da vari funzionari, di far sì che con azioni sul terreno
si arrivasse a una annessione di fatto che faciliterebbe a Israele la vera e
propria annessione che dovrebbe poi far parte di un accordo sullo status definitivo.
Traduzione di Elisabetta Valento – Assopace Palestina