di Gideon Levy
Haaretz, 23 gennaio 2020
È molto importante ricordare il passato; non meno importante è essere consapevoli del presente senza chiudere gli occhi. Le decine di capi di stato arrivati ieri in Israele possono ricordare il passato, ma hanno una visione appannata del presente. Nel loro silenzio, nel loro disprezzo della realtà, mentre si allineano incondizionatamente a fianco di Israele, non solo tradiscono il loro ruolo ma tradiscono anche la memoria del passato in nome del quale sono venuti qui. Essere ospiti di Israele senza menzionare i suoi crimini; commemorare l’Olocausto ignorando la sua lezione; visitare Gerusalemme senza recarsi nel ghetto di Gaza nel Giorno della Memoria – a stento si può immaginare un’ipocrisia più grande.
È una buona cosa che re, presidenti e altri notabili arrivino qui a onorare questo giorno di rimembranze. È deplorevole che essi ignorino quello che le vittime dell’Olocausto stanno infliggendo a un’altra nazione.
La città di Erevan mai sarà testimone di un così impressionante raduno per commemorare l’olocausto armeno. I leader mondiali mai verranno a Kigali per commemorare il genocidio avvenuto in Ruanda. L’Olocausto è stato davvero il più grande crimine di sempre contro l’umanità, ma esso non fu l’unico. Però gli Ebrei e lo Stato di Israele ben sanno come santificarne la memoria e come usarla per i propri scopi.
In questo Giorno Internazionale della Memoria, i leader mondiali sono ospiti di un Primo Ministro israeliano che, alla vigilia della loro visita, ha chiesto sanzioni – che ci crediate o meno – nei confronti della Corte Penale Internazionale dell’Aia, che è un’eredità dei tribunali istituiti per giudicare i crimini della Seconda Guerra Mondiale.
In questo Giorno della Memoria, i leader mondiali si rivolgono a un Primo Ministro che sta tentando di incitarli contro la Corte dell’Aia. È difficile pensare a un uso più insopportabile dell’Olocausto, è difficile concepire un tradimento della sua memoria più grande del tentativo di danneggiare la Corte dell’Aia solo perché essa vuole svolgere il proprio ruolo e indagare su Gerusalemme. Gli ospiti manterranno il loro silenzio anche su questo tema. Alcuni di essi potrebbero essere convinti che il problema sia all’Aia e non a Gerusalemme. Sanzioni alla Corte invece che allo Stato occupante.
Non si deve dimenticare l’Olocausto, ovviamente. Non si deve neanche offuscare il fatto che esso fu diretto contro il popolo ebraico. Ma proprio per questa ragione non si deve ignorare la condotta delle vittime nei confronti delle vittime secondarie dell’Olocausto degli Ebrei, il popolo palestinese. Senza l’Olocausto non avrebbe perso la propria terra, non sarebbe oggi imprigionato in un gigantesco campo di concentramento a Gaza o costretto a vivere sotto una brutale occupazione militare in Cisgiordania.
Quando oggi essi recitano ad nauseam “mai più”, si dovrebbe onestamente guardare a sud e a est, a pochi chilometri di distanza dalla Sala Commemorativa di Yad Vashem. Non c’è olocausto lì, solo apartheid. Nessuno sterminio, ma una sistematica brutalizzazione di una nazione. Non Auschwitz, ma Gaza. Come si può ignorare questo nel Giorno della Memoria?
È difficile credere che a nessun leader mondiale giunto a Gerusalemme sia venuto in mente di recarsi a Gaza dopo la cerimonia. Se qualcuno di loro avesse avuto il coraggio di farlo, avrebbe onorato la memoria dell’Olocausto non meno che visitando lo Yad Vashem. Non ci sono molti luoghi al mondo dove le parole “mai più” dovrebbero risuonare tanto quanto all’interno dei confini di questo enorme ghetto, creato dallo stato dei sopravvissuti all’Olocausto. Non andare a Gaza per vedere cosa sta accadendo? Non identificarsi con il destino di due milioni di esseri umani che sono rinchiusi in un campo di concentramento da 14 anni, a solo un’ora di distanza da Gerusalemme? Com’è possibile? Come non gridare “mai più!” a Gaza? Com’è possibile non farlo?
Alcuni leader hanno ostentatamente bilanciato la loro visita qui con una breve e cerimoniale visita a Ramallah, inclusa la foto di rito con Mahmoud Abbas, che è anche un bersaglio delle proteste di Israele. Questo tipo di visita non ha alcun significato. Ramallah non determina il destino del popolo palestinese. Esso è deciso nelle stanze del governo a Gerusalemme e nel quartiere dell’establishment militare a Tel Aviv. Bisognava venire in Israele oggi per ricordare al mondo non solo l’Olocausto, ma anche il silenzio. Contro questo silenzio si dovrebbe gridare: mai più!
Forse l’Olocausto non si ripeterà mai più, ma il silenzio imbarazzante continua, anche in questo giorno della memoria a Gerusalemme.
Traduzione di Elisabetta Valento
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