Il leader della Lista Unita, formata soprattutto da partiti arabi, spiega perché userà il suo potere per aiutare Benny Gantz a diventare primo ministro di Israele.
di Ayman Odeh
The New York Times, 22 settembre 2019
GERUSALEMME. I cittadini arabo palestinesi di Israele hanno scelto di farla finita con il primo ministro Benjamin Netanyahu, con le sue politiche di paura e di odio, con la disuguaglianza e la divisione che ha portato avanti negli ultimi 10 anni. L’estate scorsa, Netanyahu ha dichiarato che i cittadini arabo palestinesi di Israele, che rappresentano un quinto della popolazione, dovevano essere considerati, ufficialmente, cittadini di seconda classe. “Israele non è “uno stato di tutti i suoi cittadini”, Netanyahu ha scritto su Instagram dopo l’approvazione della legge sullo Stato-Nazione. “Secondo la legge fondamentale sulla nazionalità che abbiamo approvato, Israele è lo stato-nazione del popolo ebraico – e solo di quello.”
Il governo israeliano ha fatto tutto quanto era in suo potere per respingere quelli di noi che sono cittadini arabi palestinesi, ma la nostra importanza ne è stata solo aumentata. Saremo noi la pietra angolare della democrazia. I cittadini arabo palestinesi da soli non possono certo cambiare il corso di Israele, ma nessun cambio è possibile senza di noi. Ho sostenuto recentemente che, se i partiti israeliani di centro-sinistra pensano che i cittadini arabo palestinesi abbiano diritto ad un posto in questo paese, devono anche accettare che noi abbiamo un posto nella sua politica.
Oggi, quei partiti non hanno più scelta. Almeno il 60% dei cittadini arabo palestinesi hanno votato nelle recenti elezioni e la Lista Unita, la nostra coalizione che rappresenta partiti arabi e arabo-ebraici, ha ottenuto 13 seggi, divenendo così il terzo maggior partito nella Knesset. Saremo noi a decidere chi sarà il prossimo primo ministro di Israele.
A nome della Lista Unita, propongo che il presidente israeliano scelga Benny Gantz, leader del partito centrista Blu e Bianco, come prossimo primo ministro. Questo sarà il passo più importante verso la creazione di una maggioranza in grado di impedire un altro mandato per Netanyahu. E questa dovrebbe essere la fine della sua carriera politica.
I miei colleghi ed io abbiamo preso questa decisione non per avallare Gantz e le sue proposte politiche per il paese. Sappiamo bene che Gantz si è rifiutato di impegnarsi sulle nostre legittime richieste politiche per un futuro condiviso, e per questo motivo non entreremo nel suo governo.
Le nostre richieste per un futuro condiviso e più equo sono chiare: chiediamo risorse per combattere la criminalità violenta che affligge le nostre città e i nostri paesi, chiediamo leggi sull’edilizia e la pianificazione che assicurino ai cittadini delle comunità arabe gli stessi diritti dei loro vicini ebrei, e chiediamo maggiori possibilità di accesso agli ospedali per le persone delle comunità arabe. Chiediamo che siano aumentate le pensioni per tutti quelli che vivono in Israele, in modo che i nostri vecchi possano vivere dignitosamente, e chiediamo che sia creato e finanziato un piano per prevenire la violenza contro le donne.
Chiediamo il riconoscimento legale per i villaggi e le città –per lo più arabo palestinesi– che non sono riconosciute e non hanno accesso all’elettricità o all’acqua. E insistiamo che si riapra un negoziato diretto tra Israeliani e Palestinesi per raggiungere un trattato di pace che ponga fine all’occupazione e istituisca uno stato palestinese indipendente basato sui confini del 1967. Chiediamo che venga abrogata la legge sullo stato-nazione secondo la quale io, la mia famiglia e un quinto della popolazione siamo cittadini di seconda classe. Ed è proprio perché per decenni i candidati al ruolo di primo ministro si son rifiutati di sostenere un’agenda per l’eguaglianza, che -dal 1992- nessun partito arabo o arabo-ebraico ha raccomandato un primo ministro.
Questa volta invece facciamo una scelta diversa. Abbiamo deciso di dimostrare che i cittadini arabo palestinesi non possono più essere respinti o ignorati. La nostra decisione di proporre Gantz come prossimo primo ministro, senza entrare nella sua probabile coalizione governativa di unità nazionale, è un chiaro messaggio che il solo futuro per questo paese è un futuro condiviso, e che non c’è futuro condiviso senza la piena ed equa partecipazione dei cittadini arabo palestinesi.
Il giorno dopo che era stata approvata la legge “stato-nazione” sinonimo di esclusione, ho accompagnato i miei figli a scuola e mi sono chiesto se era giusto che io li crescessi in un paese che ha ripetutamente respinto i bambini arabo palestinesi. I governi israeliani hanno a più riprese dimostrato chiaramente questa volontà di esclusione, dagli anni del regime militare imposto agli Arabi in Israele dalla fondazione dello stato fino al 1966, fino ai ripetuti tentativi di sopprimere la cultura araba e la perdurante decisione di occupare le terre e le vite delle nostre sorelle e dei nostri fratelli in Cisgiordania e a Gaza.
Ogni volta che porto a scuola la mia figlia più piccola, Sham, vedo un passo tratto dal libro dei Salmi scritto sul muro: “La pietra scartata dai costruttori è diventata una pietra angolare.”
Decidendo di raccomandare Gantz, abbiamo dimostrato che la cooperazione tra i popoli, tra Arabi ed Ebrei, è l’unica strategia politica onorevole che porterà a un futuro migliore per tutti noi. Un’infinità di persone in Israele e nel mondo si rallegrerà a veder la fine del lungo regno di Netanyahu fatto di corruzione, menzogna e paura.
Continueremo a lavorare per un futuro migliore ed equo, e continueremo la nostra lotta per i diritti civili, che ha le radici nella nostra identità nazionale di Palestinesi. C’è spazio per tutti nella nostra patria condivisa, c’è spazio per la poesia di Mahmoud Darwish e per le storie dei nostri nonni, c’è spazio perché tutti possiamo crescere le nostre famiglie nella pace e nell’eguaglianza.
Ayman Odeh è il leader della Lista Unita, il terzo maggior blocco nel parlamento israeliano, la Knesset, ed è il capo del partito Hadash.
Traduzione di Donato Cioli