Un Netanyahu disperato abbraccia gli estremisti ebraici.

La decisione di allearsi con l’equivalente ebraico del Ku Klux Klan svela la direzione che prenderà prossimamente la destra israeliana.

di Jonathan Cook

Middle East Eye, 11 marzo 2019

L’attivista israeliano di estrema destra Baruch Marzel guida una controversa dimostrazione a Nazareth, la maggiore città arabo-israeliana, il 15 luglio 2012. (AFP)

Dopo un decennio in cui in Israele si sono succeduti governi di coalizione guidati da Benjamin Netanyahu, il linguaggio adatto a descriverli è diventato necessariamente sempre più estremo.

All’inizio erano di destra. Poi ultra-nazionalisti. Recentemente gli analisti hanno iniziato a parlare di un Netanyahu a capo di una coalizione di estrema destra. Adesso pare si debba andare ancora oltre.

Dovesse mai vincere le elezioni in aprile, il prossimo governo di Netanyahu sarà un governo che abbraccia apertamente la destra terroristica.

La scorsa settimana, il Comitato Elettorale Centrale, che sovrintende allo svolgimento delle elezioni ed è dominato dai principali gruppi politici, ha dato il via libera a Otzma Yehudit (Potere Ebraico) per partecipare alle elezioni del parlamento israeliano.

Molti osservatori sono rimasti scandalizzati perché il partito viene comprensibilmente descritto come la versione ebraica del Ku Klux Klan.

Ma Potere Ebraico probabilmente non solo otterrà dei seggi nella Knesset, ma, grazie a Netanyahu, ha anche buone possibilità di entrare a far parte della prossima compagine di governo.

I sostenitori della supremazia ebraica

Il partito, fondato sei anni fa, è il rifugio politico di un gruppo di discepoli del defunto rabbino Meir Kahane. Lui e i suoi seguaci vengono generalmente definiti razzisti anti-arabi, ma oggigiorno questa definizione si applica ad una grossa fetta di opinione politica in Israele. Il modo migliore per definirli è ‘sostenitori violenti della supremazia ebraica’ .

Inseguono il sogno di un Grande Israele che includa i territori occupati, ovviamente senza i Palestinesi che ci vivono. I capi del partito difendono e frequentano apertamente gli estremisti del movimento dei coloni che usano la violenza e il terrore come armi per ottenere proprio questo risultato.

L’anno scorso, il leader di Potere Ebraico, Michael Ben-Ari, faceva appello alla violenza contro la minoranza palestinese, composta da ben 1,7 milioni di persone che hanno una cittadinanza di serie B, chiamandoli una “quinta colonna” che “ci sta facendo la guerra”.

Li avvertiva: “Se parlate male di un Ebreo, non resterete in vita…Non verrete espulsi né vi sarà revocata la cittadinanza. Non resterete in vita! Sarete messi di fronte ad un plotone d’esecuzione e fatti fuori –questo è il linguaggio che gli Arabi capiscono”.

Ben-Ari ha fatto così poco per dissimulare le sue scelte violente che gli Stati Uniti gli hanno vietato l’ingresso nel paese nel 2012.

In risposta alla decisione del comitato elettorale, Issawi Frej, un Palestinese israeliano membro della Knesset ha detto: ”Adesso il nostro primo ministro sta stendendo un tappeto rosso di fronte all’uomo [Ben-Ari] che ha detto questa semplice frase “Kahane aveva ragione”.

Patto con il diavolo

Il patto che Netanyahu ha concluso lo scorso mese col partito Potere Ebraico aveva lo scopo di far uscire il premier dall’isolamento elettorale.

Non sapendo come si orienteranno gli elettori dopo le sue incriminazioni per corruzione e frode, e trovandosi di fronte un gruppo di generali dell’esercito che hanno costituito un nuovo e apprezzato partito, Netanyahu ha bisogno di conquistare il più alto numero possibile di voti di destra, da qualsiasi parte provengano.

Sebbene ci siano delle ragioni tecniche per cui Netanyahu ha bisogno di Potere Ebraico, certamente lui sa che il clima politico a cui ha contribuito nell’ultimo decennio ha reso accettabile l’inclusione di questi suprematisti ebraici in un suo futuro governo.

La sua convinzione è stata evidenziata questa settimana, quando ha ribadito sui social media che “Israele non è uno stato di tutti i suoi cittadini,“ non appartiene cioè a quel quinto della sua popolazione che è palestinese, ma esclusivamente a tutti gli Ebrei del mondo.

Il ricorso di Netanyahu a Potere Ebraico avviene dopo la recente scissione di un altro partito estremista della sua coalizione, la Casa Ebraica, che è vicina all’ala fanatico-religiosa dei coloni. I personaggi di spicco di Casa Ebraica, Naftali Bennett e Ayelet Shakel, entrambi ministri nell’attuale governo, l’hanno di recente abbandonato il loro partito per crearne un altro di estrema destra, chiamato Nuova Destra.

C’è bisogno di altri voti

Quello che è rimasto di Casa Ebraica rischia di fare un buco nell’acqua, perché potrebbe non raggiungere la soglia elettorale minima che deve essere sorpassata affinché un partito possa ottenere seggi nella Knesset. Questo farebbe sì che tutti i voti andrebbero persi, favorendo il più importante partito di opposizione a Netanyahu, Il Blu e Bianco, guidato da Benny Gantz e da altri generali dell’esercito.

Gantz si troverebbe quindi nella posizione di poter creare una coalizione alternativa di governo costituita dalla destra e dal centro e appoggiata in via informale dal blocco dei partiti israelo-palestinesi.

Per questo motivo Netanyahu, con un atto di spavalderia, ha costretto Casa Ebraica a fare un patto elettorale con Potere Ebraico. Insieme, infatti, potrebbero sperare di raggiungere un numero di voti sufficiente ad ottenere una manciata di seggi a sostegno di un nuovo governo guidato dal Likud di Netanyahu.

Nei fatti, Potere Ebraico è il successore del partito di Kahane, Kach, che per un breve periodo ha fatto parte del parlamento israeliano negli anni ’80.

Allora la soglia elettorale era molto più bassa e Kahane riuscì ad ottenere un solo seggio per sé. Ma il suo dichiarato razzismo anti-arabo e i richiami alla violenza erano così sconcertanti che gli altri partiti lo isolarono in parlamento.

Ma questo gli procurò una maggiore esposizione mediatica e la popolarità di Kahane aumentò. Temendo che Kach ottenesse ancora più seggi nelle elezioni successive, il parlamento modificò la legge elettorale per impedire che il partito potesse presentarsi alle elezioni. Kahane fu assassinato poco tempo dopo, nel 1990, negli Stati Uniti.

Quando, nel 1994, uno dei suoi seguaci, Baruch Goldstein sparò a più di 150 fedeli palestinesi nella moschea di Abramo a Hebron, uccidendone 29, il Kach venne dichiarato fuori legge in quanto organizzazione terroristica.

Manipolazione del sistema legale

Ma Kach non è mai scomparso. Non è neppure entrato in clandestinità. È invece rifiorito nei molti insediamenti che si trovano nei Territori Occupati Palestinesi, dove i nomi dei suoi leader fondatori sono di casa dappertutto.

I giovani coloni che ha indottrinato hanno dato fuoco agli uliveti, poi alle moschee e recentemente anche alle famiglie palestinesi. La polizia israeliana e i servizi di intelligence non si sono sforzati più di tanto per trovare i colpevoli.

Ma mentre la violenza del Kach continuava, i suoi leader diventavano più sofisticati e imparavano a manipolare il sistema politico e legale israeliano .

Il vice di Ben-Ari, Itamar Ben-Gvir, è diventato un avvocato e ha scoperto come sia facile approfittare della riluttanza del sistema giudiziario nel perseguire gli Ebrei che fanno del male ai Palestinesi.

“Istituzioni benefiche” collegate a Kach hanno promosso la sua immagine fatta di supremazia e di terrorismo ebraico, inclusa l’organizzazione Lehava, che usa la violenza e l’intimidazione per impedire le relazioni sentimentali e anche gli incontri tra Ebrei e Palestinesi.

Minacciato con un cappio

Da quando Kach si è reinventato come Potere Ebraico in vista delle elezioni del 2013, ha sempre cercato il modo per tornare in parlamento. Ma, con gran soddisfazione della sua leadership, la sua connotazione di partito razzista anti-arabo è diventata nel frattempo così largamente accettata che Netanyahu si può permettere di offrire a questo partito un posto in seno al suo prossimo governo.

Il sostegno dato da Netanyahu a questi suprematisti ebrei è un chiaro segnale di dove la destra israeliana intende spingere il paese nel prossimo futuro. È diventato ormai evidente da qualche tempo che la destra di Netanyahu si è notevolmente avvicinata alle posizioni di Kahane di trenta anni fa.

Una delle priorità dichiarate allora da Kahane era quella di eliminare dal parlamento israeliano i rappresentanti di 1,7 milioni di cittadini palestinesi. Li considerava dei traditori, il cavallo di Troia della più ampia causa palestinese, tali da minacciare dall’interno l’integrità di Israele come stato ebraico.

Una volta, nel 1988, Kahane aveva minacciato in pubblico con un cappio un parlamentare israelo-palestinese.

‘Terroristi’ nella Knesset

Opinioni –e minacce– simili sono ora del tutto normali all’interno del governo Netanyahu. Avigdor Lieberman, fino a poco tempo fa ministro della difesa di Netanyahu dopo aver trascorso nel Kach i suoi anni di formazione politica, ha cercato più volte di dipingere i membri palestinesi della Knesset come traditori degni della pena di morte.

L’anno scorso ha chiamato “terrorista” Ayman Odeh, un leader dei partiti palestinesi. Ha condannato quei parlamentari come dei “criminali di guerra” che lavorano “per distruggerci dall’interno.” In un’altra occasione aveva sostenuto che dovrebbero essere “giustiziati.”

Nel 2014, Lieberman ha aiutato le manovre di Netanyahu per innalzare la soglia elettorale, nel malcelato tentativo di impedire che i partiti palestinesi ottenessero alcun seggio in parlamento.

Quando quel tentativo ha avuto l’effetto contrario, perché i partiti palestinesi si sono uniti per formare la Joint List, il governo ha risposto approvando la Legge sull’Espulsione che permette a una maggioranza di tre quarti (praticamente i deputati ebrei) di espellere un parlamentare che abbia opinioni che a loro non piacciono.

Questa minaccia vuol essere una spada di Damocle sulla testa dei deputati palestinesi, in modo da impedir loro di prendere la parola su questioni cruciali, come la violenza intrinseca dell’occupazione o la sistematica discriminazione subita dalla popolazione non-ebrea di Israele.

Quale sia la visione che lo stesso Netanyahu ha dei Palestinesi fu illustrato con grande chiarezza il giorno delle elezioni del 2015, quando avvertì che la sopravvivenza del suo governo era “in pericolo.” E lo spiegò dicendo: “Gli elettori arabi stanno andando come greggi ai seggi elettorali.”

‘Cittadini, non lebbrosi’

Dietro pressioni dell’allora presidente USA Barack Obama, Netanyahu si scusò per questo commento, ma ha già espresso la stessa opinione fin dall’inizio dell’attuale campagna elettorale.

Netanyahu ha suggerito che un governo guidato da Ganz potrebbe tradire il paese basandosi sull’appoggio informale dei deputati palestinesi. Il primo ministro ha definito questa possibile alleanza elettorale come “un blocco ostruzionista” che avrebbe lo scopo di “eliminare lo stato di Israele.”

Così dicendo, Netanyahu cercava di creare una falsa equivalenza tra il suo tentativo di allearsi con i Kahanisti-terroristi di Potere Ebraico e il possibile ricorso da parte di Ganz ai maggiori partiti palestinesi d’Israele.

Questa provocazione ha avuto scarsa risonanza, a parte un commento dell’ex giudice israelo-palestinese della Corte Suprema Salim Joubran che ha ricordato a Netanyahu: “Questi cittadini [palestinesi] sono perfettamente legali, non illegittimi, spregevoli o lebbrosi.”

Marce per l’espulsione

I tentativi di definire come traditori i rappresentati eletti dalla pur numerosa minoranza palestinese di Israele hanno lo scopo di far passare il messaggio che anche tutta la popolazione palestinese è sleale.

Questo sarebbe piaciuto a Kahane. Dietro lo slogan “Se ne devono andare”, sosteneva che non c’è posto per i Palestinesi né in Israele né nei territori occupati.

Poco dopo che era entrato in parlamento nel 1984, aveva organizzato una marcia provocatoria a Umm al-Fahm, una grande città palestinese di Israele che si trova vicino alla Cisgiordania, per chiedere che i suoi abitanti se ne andassero. La polizia gli sbarrò la strada e i capi del governo dichiararono che le sue azioni erano “vergognose” e “pericolose.”

Negli ultimi anni, i suoi discepoli, guidati da Baruch Marzel, hanno organizzato marce simili a Umm al-Fahm e altre comunità palestinesi in Israele. Queste marce, comunque, sono state approvate dai tribunali e sono state fornite di una scorta della polizia.

Accuse di slealtà

Per più di dieci anni, il messaggio di Kahane è risuonato dall’interno del governo. Lieberman ha sostenuto pesantemente un programma di “trasferimento statico”, secondo cui comunità come Umm al-Fahm (e centinaia di migliaia di cittadini palestinesi) si verrebbero a trovare ad est, fuori da Israele, grazie ad uno spostamento dei confini. Verrebbero così privati della loro cittadinanza.

Dopo l’annuncio fatto da Lieberman del suo piano, questo venne sostenuto dal primo ministro di destra di allora, Ariel Sharon. Più di recente, la proposta ha avuto l’approvazione di Netanyahu.

Lieberman è stato anche all’avanguardia di una proposta che ha un suo seguito in Israele, secondo la quale i cittadini palestinesi devono dimostrare la loro lealtà a uno stato ebraico, o per meglio dire ad uno stato che si attiene alle posizioni di estrema destra del governo Netanyahu.

Ma se la lealtà si misura in base a queste posizioni, i cittadini palestinesi non possono che essere bocciati e risultare sleali.

In questo contesto, il Comitato Elettorale Centrale, mentre approvava Otzma Yehudit (Potere Ebraico), ha escluso un importante partito palestinese, Balad, dalla partecipazione alle elezioni di aprile. E lo ha fatto perché Balad si oppone alla dichiarazione che Israele è uno stato ebraico e chiede che diventi uno stato che appartiene a tutti i suoi cittadini, ovvero una democrazia liberale che garantisca uguali diritti per cittadini palestinesi ed ebrei.

Provocazioni sugli incendi forestali

Continui incitamenti contro i Palestinesi sono venuti a cominciare dal primo ministro e via via molti altri.

Due anni fa, per esempio, Netanyahu ha accusato i cittadini palestinesi di essere all’origine degli incendi forestali che hanno colpito Israele, in quello che lui ha chiamato un tentativo di bruciare lo stato. Questa accusa ha occupato le prime pagine, anche se le autorità non ne hanno mai fornito alcuna prova.

Ma questo ha contribuito a rafforzare il razzismo che è condiviso da gran parte del pubblico israeliano, come i sondaggi hanno ripetutamente dimostrato.

Secondo un’inchiesta di dicembre, l’88 percento sarebbe contrario a che il proprio figlio facesse amicizia con una ragazza appartenente alla minoranza palestinese d‘Israele, e il 90 percento si opporrebbe se la propria figlia facesse amicizia con un ragazzo arabo. Quasi la metà non vuole come vicino di casa un cittadino palestinese.

Annettere la Cisgiordania

Intanto, nei territori occupati, l’appello di Kahane per la sovranità ebraica sulla Cisgiordania e l’ultra-delicato sito sacro della moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme sono ora alla base del discorso del governo Netanyahu.

Ministri come Bennett e Shaked, così come esponenti importanti del partito Likud di Netanyahu, dicono apertamente di voler annettere ampie porzioni della Cisgiordania.

Al tempo stesso, la moschea di Al-Aqsa (che gli Israeliani chiamano il Monte del Tempio) è diventata sempre di più un punto caldo, perché la destra punta a concentrarvi una maggior presenza ebraica e a rafforzare il controllo di Israele su quel sito. Le tensioni sono nuovamente aumentate negli ultimi giorni.

Se fosse vivo oggi, Kahane sarebbe molto compiaciuto per l’influenza da lui esercitata nel periodo a lui successivo, non solo sull’opinione pubblica in Israele, ma anche sugli obiettivi strategici del governo israeliano.

E ora i suoi discepoli dell’Otzma Yehudit hanno una possibilità, grazie a Netanyahu, di continuare il lavoro di Kahane dall’interno del prossimo governo e di accelerare il ritmo del cambiamento.

https://www.middleeasteye.net/opinion/desperate-netanyahu-openly-embraces-jewish-extremists

Traduzione di Alice Censi

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