Per Zouheir Bahloul la legge sullo stato-nazione è stata l’ultima goccia. Andandosene dalla Knesset l’accanito sostenitore della coesistenza è diventato un profeta arrabbiato.
di Ravit Hecht
Haaretz, 4 Agosto 2018
“Quando la nostra figlia maggiore doveva iscriversi alla prima elementare io e la mia defunta moglie decidemmo, dopo aver ben riflettuto, di mandarla ad una scuola ebraica” dice Zouheir Bahloul, membro del parlamento israeliano (lista dell’Unione Sionista) che questa settimana ha annunciato le sue dimissioni dalla Knesset per protesta contro l’approvazione della legge che dichiara Israele uno stato ebraico. “I motivi erano che volevamo l’eccellenza e le scuole arabe ricevono la metà dei fondi che hanno invece le scuole ebraiche; inoltre, in questo modo l’avremmo aiutata ad integrarsi nella società israeliana, le avremmo permesso di avere i primi approcci con la lingua e la cultura ebraica.
“Non è stato facile” dice. “Dopo 12 anni ci è stata restituita un’eccezionale studentessa che adesso sta facendo un dottorato sulla percezione dell’Olocausto nei mezzi di informazione arabi. Quando è toccato al nostro secondo figlio, lo abbiamo immediatamente mandato ad una scuola araba, senza esitazione. Avevamo capito che per noi era troppo, che il sacrificio era stato troppo grande.”
Che tipo di sacrificio?
“Il conflitto tra le identità. Adesso è la stessa storia per me. Sono entrato nel Labor Party israeliano, ma se mi chiedete se lo farei ancora, la mia risposta sarebbe probabilmente negativa.”
Bahloul ha 67 anni, è un veterano del giornalismo e un popolare presentatore televisivo di programmi sportivi, è padre di tre figli ed è appena diventato nonno per la prima volta. Per parecchi mesi, ha accennato al fatto che la sua breve carriera politica stava arrivando al capolinea. Visto il suo disgusto nei confronti del nazionalismo del parlamento, il suo isolamento nell’Unione Sionista e i suoi mediocri rapporti con Avi Gabbay, capo della fazione dominante del Labor Party, era chiaro il suo disagio.
L’abbiamo incontrato a casa sua, ad Acri, in un modesto complesso residenziale davanti al Mediterraneo. “Quando sono venuto qui, il 95% delle famiglie erano ebree,” fa notare. “Oggi è esattamente l’opposto, perché quando arrivano gli Arabi, gli Ebrei se ne vanno.”
Bahloul non nasconde che in ogni caso non si sarebbe ripresentato per ottenere un secondo mandato alla Knesset, ma continua a dire che, se non fosse passata la legge sullo stato-nazione, lui avrebbe completato il suo mandato iniziato nel 2015.
“La legge è stata approvata nelle prime ore del mattino, dopo di che io ho lasciato il paese con un amico e proprio all’estero sono arrivato alla decisione di dimettermi,“ mi dice. “Chiaramente questo è il risultato di un lungo processo, non una decisione presa di punto in bianco.”
Qual è stato il punto di rottura?
“La Knesset è diventata un organo fantoccio. Anche se i miei colleghi cercano di convincersi che non sia così, essere un membro dell’opposizione è diventata una cosa priva di significato. Tutto quello che si può fare è parlare e basta. Il primo ministro Benjamin Netanyahu e i suoi amici fanno passare, quasi ogni settimana o due, delle orrende decisioni e leggi, come quella per allontanare un membro della Knesset, la legge per “Breaking the Silence” e quella per l’esproprio della terra; e adesso arriva questa, la legge della nazione-stato, che rappresenta l’apice di tutto il processo”.
Ma la legge è in discussione da anni, non è nuova.
“Ha fatto il giro della Knesset per otto-nove anni e nessuno si azzardava ad attuarla. Improvvisamente viene tirata fuori, in modo brusco, crudele, senza nessuna sensibilità. Non credevo che passasse, ma invece è passata. Il suo stesso punto di partenza è problematico: definire Israele ‘democratico ed ebraico’ è assurdo e paradossale. Ma non ho visto gli Arabi del paese –che, tra l’altro è una delle minoranze più disciplinate della terra– andare sulle barricate a causa di questa paradossale definizione. Preparano le barricate e continueranno a fare così all’indomani di ogni legge che nega la loro auto-determinazione nazionale e danneggia i loro diritti civili.
Cosa la turba di più di questa legge?
“La questione della lingua araba è l’esempio più evidente e più pericoloso. Nel momento in cui tolgono alla lingua il suo status di lingua ufficiale, viene messo in pericolo il nostro stesso status nazionale. Quando ti viene detto pubblicamente che per una legge fondamentale [Basic Law] –non una semplice legge normale– la tua lingua non è una lingua ufficiale, [vuol dire che] non vogliono riconoscerti il tuo status nazionale e quindi la tua cittadinanza. Perché quando la mia lingua viene violentata, lo sono anche la mia identità e la mia cittadinanza. E già questo è troppo. Anche se potrei convivere con uno “stato ebraico e democratico,” sia pure con molta angoscia, questo è qualcosa con cui non posso convivere. Cosa dirò a mio nipote tra 10 anni, quando mi chiederà dove ero il giorno in cui la legge è passata, dove ero il giorno in cui è stata svenduta la minoranza araba? Come mi giustificherò di fronte a lui? Non voglio quindi essere dentro a questa Knesset, non voglio trovarmi nel territorio privato di Benjamin Netanyahu, di Naftali Bennet (ministro dell’educazione) e Bezalel Smotrich (membro della Knesset) e di Ayelet Shaked (ministro della giustizia), [tutti e tre di Habayit Hayehudi.]”
Ma com’era la situazione prima di questo governo? Se torniamo indietro alle origini dello stato, scopriamo che fino al 1966 i cittadini arabi del paese erano soggetti al governo militare, una cosa non introdotta da Netanyahu ma dal Mapai, il precursore del Labor Party.
“Qui non c’è mai stato il paradiso per gli Arabi. Abbiamo sempre percorso una ‘Via Dolorosa’. C’è stato anche il ‘Giorno della Terra’ nel 1976 e la prima e la seconda intifada di cui abbiamo pagato il prezzo con il sangue: 13 dei nostri figli migliori sono caduti. La situazione non è mai stata come avrebbe dovuto essere, ma, si sa, il tono fa la musica. Nonostante tutto, c’era un senso di vergogna nella Knesset, e di prudenza”.
Forse era così per ragioni di apparenza?
“Lo storico partito Mapai ha ingannato gli Arabi e la gente non è stupida. Sanno che è impossibile cavarsela con falsi sorrisi, e forse io sono il miglior esempio a riguardo. Sono entrato in questo partito sacrificando una affascinante e redditizia carriera e ho dato al partito un capitale che consiste in una persona che ha acquisito un primato e una credibilità tra il suo pubblico. Invece di essere accolto a braccia aperte, mi sono sentito trattato come un estraneo e in molti casi ho dovuto votare da solo, senza la simpatia o l’empatia di un partito che dovrebbe invece prendersi cura delle minoranze.”
Ma il partito ha votato come te, contro la legge sullo stato-nazione.
“È vero. La legge sullo stato-nazione è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ma il partito è un soggetto diverso, indipendente e come tale va trattato. Dobbiamo vedere se è veramente possibile che il Labor Party integri gli Arabi orgogliosi del loro essere Arabi o se è in grado di accettare solo dei funzionari arabi sul modello degli anni ’50 e ’60.”
“Un piatto di lenticchie”
Paradossalmente, sebbene non sia inconsueto nella sinistra israeliana, i commenti più caustici sulle dimissioni di Bahloul dalla Knesset dopo l’approvazione della legge sullo stato-nazione, sono arrivati dai suoi colleghi di partito e dallo schieramento di sinistra in generale, che affermano che lui stava per andarsene comunque. “I mezzi di informazione ci sono cascati” è stata la reazione nell’ambiente di Avy Gabbay, il cui laconico tweet a seguito dell’annuncio di Bahloul (diceva solo che “rispettava” la decisione del collega) la diceva lunga sul difficile rapporto tra i due.
“Zouheir ha fatto una spettacolare uscita privata dalla legge sullo stato-nazione” ha notato sarcasticamente un collega della Lista Araba Unita.
Bahloul è ferito da questi commenti. “Sono accuse infondate e maligne” dice “svalutare una tale presa di posizione morale è semplicemente una cattiveria. La legge sullo stato-nazione è l’unico fattore e l’unica ragione [del mio comportamento]. Punto. Provo pena per quelli che hanno detto quelle cose.”
L’ingresso di Bahloul nell’Unione Sionista è stato singolare fin dall’inizio. Lui non aveva mai votato per il Labor Party in passato – “diciamo che ho votato per altri partiti” – e pare non abbia intenzione di farlo in futuro. “Sosterrò qualsiasi sincera associazione arabo-ebraica” dichiara.
Secondo una fonte interna alla Lista Unita, prima delle ultime elezioni Bahloul aveva inviato degli emissari per verificare la possibilità di unirsi a quel partito. Bahloul, tuttavia, dice che la Lista Unita l’ha corteggiato e spiega così la sua decisione di unirsi ad un partito ebraico: “Mi sono messo in una posizione inconsueta. Non ho fatto la solita scelta di unirmi ad un partito arabo. Sono andato in un partito israeliano [ebraico]. Ho preso una decisione molto importante, morale e strategica, seguendo la scuola del ‘pratica quello che predichi’: io voglio una vita fatta di convivenza, perciò andrò in un partito di questo tipo”.
Bahloul si era unito al Labor su iniziativa di quello che all’epoca ne era il leader, Isaac Herzog, e nelle primarie del gennaio 2015 ottenne una notevole vittoria sull’ex-ministro Raleb Majadele che aveva radici profonde nel partito. A Bahloul venne dato il 17° posto nella lista del Labor, riservato ad un rappresentante arabo-israeliano. La maggior parte dei voti che aveva avuto nelle primarie erano di Ebrei. Poco dopo venne informato del nuovo nome dato al partito –Unione Sionista– in seguito alla fusione con il partito Hatnuah di Tzipi Livni. Ad una conferenza di Haaretz tenutasi pochi giorni dopo che era stato annunciato il nuovo nome e alla quale Bahloul partecipava, gli chiesi cosa pensasse di quel nome. “Io non sono un sionista, va bene?” rispose tristemente e nervosamente. Adesso dice “Il nome mi disgustava, ma ho dovuto accettarlo, sottomettendomi, perché era già stato deciso.”
Bahloul scoprì immediatamente di essere una presenza aliena nel partito. “Una volta andammo al kibbutz Ein Gedi per un’attività di relazioni sociali. Ci furono discussioni per 48 ore e mentre i discorsi fluivano dimenticarono che un Arabo era presente e cominciarono ad evocare la lingua del nazionalismo e del giudaismo. Continuavano a ripetere come un mantra “lo stato del popolo ebraico”. Come se non ci fossero gli Arabi, né i Palestinesi. Allora, chi sono io? Cosa sono? Cosa ci faccio in questo posto?”
Spesso Bahloul ha votato contro la posizione del partito: per esempio ha votato per smantellare le Istituzioni Nazionali –inclusi il Fondo Nazionale Ebraico e l’Organizzazione Mondiale Sionista– e contro l’inasprimento delle punizioni per chi tira le pietre. È anche uno degli sponsor (con i parlamentari arabi Dov Khenin della Lista Unita e Mossi Raz di Meretz) di un progetto di legge che contrasterebbe la legge sullo stato-nazione. Questo progetto, chiamato Legge Fondamentale per uno Stato Democratico, Multiculturale e Egualitario, ha l’obbiettivo di rinforzare i valori democratici. È stato subito tolto dall’agenda della Knesset.
I falchi dell’Unione Sionista hanno intratenuto rapporti non facili con Bahloul. ”A me personalmente piace molto,” dice la parlamentare Ayelet Nahmias-Verbin che con lui si è scontrata più volte nei media. “Ma per me era difficile accettare il fatto che non riusciva proprio ad essere un ponte fra Arabi e Israeliani”. La parlamentare Ksenia Svetlova, dell’ala sinistra dell’Unione Sionista, è di tutt’altra opinione: “Se l’Unione Sionista non riesce ad avere uno spazio per Bahloul, non vedo proprio per chi possa averne.”
Bahloul si è scontrato duramente con la maggior parte degli altri membri del partito in due occasioni. Nell’aprile 2016 sostenne che la persona che aveva accoltellato un militare a Hebron non era un terrorista, ma un combattente per la libertà della Palestina. La dichiarazione suscitò la condanna nei media da parte dei membri del suo partito presenti nella Knesset. (“L’ho sentito alla radio e mi son dovuto dare un pizzicotto per essere sicuro che la dichiarazione veniva da un membro del mio partito!” ha commentato un parlamentare dell’Unione Sionista)
L’altra occasione fu quando Bahloul dichiarò che avrebbe boicottato la sessione della Knesset in cui si celebrava il centenario della dichiarazione Balfour del 1917. Questo episodio segnò lo strappo con il neo-eletto leader del partito Gabbay, che dichiarò di “averne abbastanza di estremismi” e che Bahloul non avrebbe avuto un posto nella prossima Knesset. Tuttavia le tensioni tra i due si sopirono un poco dopo un incontro chiarificatore, e Gabbay partecipò e prese la parola ad un evento organizzato da Bahloul in un villaggio nei pressi di Acri durante il Ramadam.
Ma questa settimana, in seguito alle dimissioni di Bahloul, l’entourage di Gabbay è di nuovo arrabbiato, non ultimo perché il leader del partito ha appreso la notizia dai media. ”Ci saremmo aspettati un po’ più di rispetto: una telefonata al capo del partito per informarlo, o anche solo un sms. Ma niente. Si è dimesso e basta,” dice una fonte vicina a Gabbay.
L’opinione degli uomini nella cerchia di Gabbay è che ”Bahloul non ha mai combinato niente nella Knesset, non ha portato un solo Arabo nel partito Laburista. Non rappresenta gli Arabi e irrita gli Ebrei. Rispetto alla legge stato-nazione, il partito ha realizzato uno slancio entusiasmante, abbiamo ottenuto un ampio consenso riguardo alla questione dei Drusi e abbiamo anche dato un riconoscimento formale agli Arabi. Poi arriva Zouheir Bahloul che dice ”la legge stato-nazione sono io!” e butta tutto nella spazzatura. Perché, dopo i suoi commenti, il pubblico israeliano pensa: se Zouheri è contro, allora io sono a favore!”
”Sono accuse senza capo né coda,” risponde Zouheri, ”che rivelano la pochezza degli argomenti di quanti sono contro l’integrazione di un Arabo pensante nel Labor Party. Vorrebbero che io fossi solo un funzionario politico, ma di gente così non ne troveranno più. Ciò che più preoccupa è la loro reazionaria visione del mondo. Pensano ancora che si possano acquietare gli Arabi offrendo loro un piatto di lenticchie!”
Cosa pensa di Gabbay come persona e come leader politico?
“Non mi posso arrogare il diritto di giudicare una persona che si sforza di costruire qualcosa nel bel mezzo di una situazione politica molto complessa. Tuttavia lottare contro Netanyahu è praticamente inutile. Non intendo scoraggiare nessuno, ma la mia sensazione è che chiunque si trovi in prima linea stia combattendo una guerra senza speranza. Quel che mi ha fatto arrabbiare di Gabbay è stata la sua svolta iniziale a destra, nella speranza di poter diventare una specie di Netanyahu rivisto e corretto… e comunque questo suo zigzagare a destra e a manca, per cui più tardi si è spostato un po’ più verso il centro e poi un altro po’ a sinistra, riduce le sue probabilità di diventare un leader di successo, in grado di guidare la sinistra israeliana. Io penso che sia arrivato alla leadership troppo in fretta. Chi lo ha eletto non lo conosceva abbastanza.”
Lo dice pensando anche allo scontro che c’è stato fra di voi?
“Certamente.”
Eppure lei lo ha sostenuto nella seconda tornata elettorale per la presidenza del partito
“Si, è così. L’ho votato perché ritenevo che non si potesse più affidare la guida del Labor a figure politiche obsolete . C’era bisogno di una personalità nuova in grado di suscitare entusiasmo.”
Nel Labor Party c’è chi sostiene che lei si sente più vicino alla sua identità palestinese che a quella israeliana.
“Per bilanciare il fatto che (come Palestinesi) veniamo sempre ignorati, che si tenta sempre di escluderci e che i nostri diritti vengono ignorati, sono costretto a mettere più enfasi nella difesa di questa parte, e ciò può creare l’impressione che io mi senta più palestinese che israeliano. Ma non c’è nessun arabo-israeliano della mia generazione che predichi la coesistenza pacifica più di quanto lo faccia io. No, non ce n’è un altro.”
Se le offrissero di entrare nella Lista Araba Unita accetterebbe l’invito?
“Ho detto che ho finito con la Knesset e intendo mantenere la mia decisione.”
Quali sono i suoi rapporti con i membri della Lista Araba Unita?
“All’inizio mi controllavano in continuazione per vedere come votavo e cosa facevo. Da giornalista li ho intervistati tutti e c’è sempre stato rispetto fra noi, ma poi sono finito nel difficile reparto dell’Unione Sionista. Hanno comunque capito subito che non ero diventato un Sionista e nemmeno un Ebreo. Ho sempre detto che se non fossi stato nel Labor Party avrei votato la Lista Araba Unita. Questo partito rappresenta il sogno degli Arabi di Israele. Al suo interno vi sono anche persone molto intelligenti, che rappresentano il meglio della Knesset. Ma hanno deluso l’elettorato con gli intrighi e le dispute interne.”
Membri della Knesset protestano in occasione della visita del vice-presidente Mike Pence, contro la decisione di trasferire l’ambasciata americana a Gerusalemme. In seguito alla loro protesta sono stati espulsi dal parlamento. Credit Emil Salman
Che cosa ha provato quando [i membri della Lista Araba Unita] hanno protestato con cartelli contro lo spostamento dell’Ambasciata USA a Gerusalemme durante il discorso di Mike Pence alla Knesset e sono stati espulsi dall’aula?
“Da una parte ho provato vergogna perché sono rimasto e non ho abbandonato l’aula con loro; d’altra parte però ritengo che sia sbagliato bruciare tutti i ponti. Ho anche cercato di assumere un comportamento che fosse più diplomatico e favorisse la legittimazione (della minoranza araba). Io credo che sia necessario costruire un nuovo dialogo con la parte ebraica della popolazione, perchè questo governo non è l’unico possibile. Negli ultimi giorni ho ricevuto da parte di elettori ebrei un discreto numero di messaggi di solidarietà che scaldano il cuore. Ci sono ancora strati di quella popolazione con cui è possibile avviare un dialogo franco sulla salvaguardia dei diritti della minoranza araba.”
E lei pensa che la Lista Araba questo non lo faccia e che stiano sprecando una opportunità?
“Proprio così. Il discorso totalmente militante e nazionalista non centra più il bersaglio e sarebbe auspicabile la ricerca di una nuova forma di dialogo con la parte israeliana [ebraica] della popolazione.”
Tuttavia lei si è sforzato sempre di essere moderato e diplomatico e alla fine, a quanto lei dice, un partito ebraico l’ha espulsa come un corpo estraneo. Che cosa ne deduce?
“Ne deduco che la politica è dura, quasi impossibile. Ma al di là della politica ci sono segmenti di popolazione in Israele con cui è possibile confrontarsi.”
Il terremoto si avvicina
Perfino quelli che affermano che Bahloul si è dimesso per interesse personale non possono non riconoscere nelle sue parola la presenza di una preoccupazione sincera per il futuro del paese e la perdita della speranza in una qualsiasi forma di coesistenza fra i due popoli.
“Dopo l’operazione Margine Protettivo [Striscia di Gaza, 2014], ho oscillato fra momenti di grande ottimismo e momenti di pessimismo totale,” afferma Bahloul. “Pensavo di poter ancora contribuire al cambiamento, che si potesse insieme scrivere un capitolo nuovo, che si potessero ridefinire i rapporti tra i due popoli. Scopro ora che mi sono illuso, che il mio ottimismo non aveva previsto i drammatici cambiamenti che si stanno verificando nella società israeliana.”
Balhoul afferma che già sente nella società arabo-israeliana i movimenti tettonici che preludono ad un terremoto. “La mia generazione, nata dopo la formazione dello stato di Israele, ha cercato di smussare gli angoli, di andare d’accordo e di accettare di volta in volta le leggi che ci venivano imposte dall’alto. Le nuove generazioni però questo non lo accettano, proprio in questo momento in cui la Knesset va proponendo a destra e a manca leggi di questo tipo, che Dio ci aiuti, Allah yustur. Tutto ciò avrà conseguenze molto dolorose. Questa volta hanno superato il limite.”
Forse nella parte araba è in atto un processo di radicalizzazione?
“Le dirò: fino ad ora stava proprio succedendo il contrario. Lo stato di Israele ha perso una occasione d’oro. Anzi, più che d’oro, di platino. Dal 2010 in poi, dopo che gli Arabi di Israele hanno capito quanto poco potevano contare sull’appoggio del mondo arabo, c’è stato da parte loro un vero e proprio tentativo di integrarsi nella società israeliana. La gente diceva: ‘Non abbiamo scelta, dobbiamo sforzarci ed entrare a far parte della vita paese.’ Ci fu una spinta istintiva a chiedere un maggior numero di posti di lavoro, a rivendicare diritti civili e più uguaglianza, contrariamente all’atteggiamento totalmente nazionalista di un tempo.”
“I giovani hanno sperato di integrarsi, ma lo stato ha voltato loro le spalle. Se si continua a far di tutto per mettere gli Arabi all’angolo, allora dobbiamo prepararci –Dio non voglia– ad uno scontro fra Arabi e Israeliani. E ora gli Arabi non sono una piccola minoranza: rappresentano il 22% della popolazione.”
E come sarà questo scontro?
“I membri arabi della Knesset daranno le dimissioni. I capi dei consigli locali arabi si recheranno a Tel Aviv alla sede dell’Unione delle Amministrazioni Locali a restituire le chiavi, e pian piano scoppierà una rivolta civile. Spero di sbagliarmi, ma ci sarà il caos, ci sarà violenza, qui. Ho saputo che la BBC ha dato la notizia delle mie dimissioni. Si immagina cosa succederà se tutti i parlamentari arabi daranno le dimissioni?”
Lei pensa che tutti i parlamentari arabi debbano dare le dimissioni per l’approvazione della legge stato-nazione?
“Non spetta a me dir loro cosa devono fare.”
Potrebbe essere che le sue dimissioni siano la cosa più importante che lei ha fatto nella Knesset?
Bahloul ride “No, no. Ho fatto anche altre cose. Ho cercato di stabilire un dialogo. Quando io parlavo tutti ascoltavano, nessuno lasciava l’aula”
Come vede il futuro di suo nipote? Preferirebbe che lui vivesse altrove?
“Adesso le dirò una cosa molto triste. Se mi fosse data la possibilità di rivivere la mia vita, vorrei poter andare altrove per alcuni anni. Non si può resistere per tutta la vita in questa atmosfera avvelenata. Ma lo farei solo per alcuni anni, poi ritornerei. Perchè noi non ce ne andremo mai. Se ce l’abbiamo fatta a sopravvivere al 1948, ce la faremo anche questa volta. E non ce ne andremo mai.”
https://www.haaretz.com/israel-news/.premium.MAGAZINE-there-will-be-chaos-and-violence-1.6340264
Traduzione di Alice Censi e Nara Ronchetti