Le uccisioni di Gaza? Non credete una sola parola di quel che dice Israele.

Diciamolo  dunque. Se essere dei ‘provocatori-chiave” merita la pena capitale, allora Netanyahu e i membri del suo governo dovrebbero tenere le loro riunioni settimanali nel braccio della morte.

di Bradley Burston

Haaretz, 10 aprile 2018

Quelli che odiano Israele vi diranno che tutto ciò che c’è da sapere su questo paese sta in un video  diventato virale di recente. Vi si vede un cecchino appartenente alle forze di difesa israeliane che prende di mira e spara a un Palestinese –apparentemente disarmato e immobile– che sta sul territorio di Gaza vicino alla recinzione che ne delimita il confine con Israele, suscitando grida scomposte di approvazione e di giubilo dei suoi commilitoni.

Video postato l’8 aprile, in cui un cecchino, tra grida di giubilo, spara ad un Palestinese immobile.

https://youtu.be/EjTkJIPKj80

Io sono uno che ama Israele eppure vi dico la stessa cosa.

Ecco un esempio. Quando nell’esercito si sono resi conto con orrore  che il video era arrivato sui social media e veniva trasmesso dai notiziari  nazionali, l’ufficio del portavoce dell’IDF (esercito israeliano) ha postato su Twitter il seguente messaggio:

“In relazione al breve filmato che mostra alcuni soldati sul confine della Striscia di Gaza, si precisa che sembra trattarsi di un incidente verificatosi diversi mesi fa. L’episodio verrà indagato ed esaminato attentamente.”

Scusate, non ho capito.

L’esercito sta dicendo che sono passati diversi mesi e sull’episodio non è stata aperta alcuna inchiesta, oppure sta dicendo che l’inchiesta è stata condotta in modo inaccurato. Oppure l’esercito sta dicendo che si è ritenuto che il fatto non meritasse di essere indagato fino a quando non è esploso nei social media ed ha guadagnato un’imbarazzante rilevanza nei notiziari della sera.

In pratica –chi è stato nell’esercito lo sa bene– se non si viene ripresi da una videocamera, le probabilità di venire sottoposti ad una inchiesta per omicidio sono prossime allo zero.

Ma andiamo un po’ più a fondo.  Al cuore del problema in questo caso –come nel caso del gran numero di vittime fra i dimostranti disarmati  durante le proteste di massa sul confine di Gaza la scorsa settimana e la settimana precedente– non ci sono i soldati e neanche  gli ufficiali al comando dell’esercito.

Il nodo del problema è la leadership politica di Israele, coloro che danno il la, che impartiscono gli ordini, che stabiliscono le regole di ingaggio e che –nel momento stesso in cui lo negano– condividono le stesse responsabilità dei capi di Hamas per quell’orrore che è la quotidianità nella Striscia di Gaza.

Questi sono i leader –in particolare il primo ministro Benjamin Netanyahu e il suo ministro della difesa Avigdor Lieberman– che hanno fatto tutto quanto era in loro potere per minare alla base l’esercito e le sue regole d’ingaggio, prendendo le difese del soldato Elor Azaria, processato dalla corte marziale dopo che era stato ripreso mentre uccideva  ad Hebron due anni fa un terrorista palestinese ferito e disarmato.

Questi sono i leader che hanno cestinato gli appelli dell’IDF ad allentare la pressione sui Gazawi. Questi sono i leader recalcitranti di fronte alla possibilità che governi terzi introducano a Gaza –sotto supervisione– misure di ripristino delle infrastrutture, delle abitazioni, della rete elettrica e del sistema fognario che sono stati distrutti dalla guerra, o di fronte alla possibilità di permettere a un maggior numero i Gazawi di passare il confine per lavorare in Israele.

Questo è il ministro della difesa che –quando in febbraio il capo di stato maggiore dell’esercito israeliano informò il consiglio dei ministri che Gaza era sull’orlo del collasso e quindi dello scontro a causa del deterioramento  delle condizioni di vita– dichiarò: “non c’è nessuna crisi umanitaria nella Striscia” e “quanto alla ricostruzione essa può avvenire ad una sola condizione: il disarmo (dei Gazawi)”.

Quello stesso ministro della difesa Avigdor Lieberman che la settimana scorsa con aria di scherno ha messo  in dubbio che il noto fotoreporter palestinese Yaser Murtaja, colpito a morte sabato mentre indossava una pettorina con la scritta PRESS, fosse veramente un fotoreporter.

In una dichiarazione, poi smentita dallo stesso esercito, Lieberman accusava Murtaja di aver usato un drone, dicendo: “Non so chi sia: fotografo o non fotografo, chiunque diriga un drone sopra i soldati dell’IDF deve sapere che sta correndo un pericolo”.

Questa è l’amministrazione Netanyahu che questa settimana –prima ancora di conoscere come si erano veramente svolti i fatti– si è schierata in difesa dei soldati che tutti hanno visto esultare sguaiatamente dopo aver sparato a un Palestinese.

Conclusione: le uccisioni a Gaza? Non credete una parola di quel che vi dice Israele.

Molto più tardi, i pezzi grossi dell’esercito hanno annunciato di aver condotto una inchiesta preliminare ed hanno affermato che i soldati che festeggiavano non avevano alcuna connessione con il cecchino, che dovevano comunque essere sanzionati, ma che il soldato che aveva sparato aveva seguito una procedura consolidata da tempo quale l’avvertimento ad abbandonare la zona, avendo anche avuto l’accortezza di colpire il Gazawi alle gambe e non nella parte superiore del corpo o alla testa. “Il cecchino merita una medaglia, il fotografo (il soldato che ha girato il video) merita la corte marziale,” ha dichiarato Lieberman. “L’IDF è l’esercito col più alto senso morale al mondo”.

Questo è il governo Netanyahu il cui giornale, Yisrael Hayom, allude oscuramente e senza prova alcuna a influenze straniere e di forze sovversive israeliane nelle manifestazioni di Gaza.

Lunedì, l’editorialista Amnon Lord scriveva: “La domanda è: cosa ci fanno la Sinistra Israeliana, il New Israel Fund e Haarez  sulle barricate con gli Sciiti?”

Questo è il governo Netanyahu che è stato ripetutamente  informato negli anni sul fatto che l’esercito non è dotato di armi antisommossa  non letali e di barriere atte a fermare i dimostranti che tentino di entrare nel territorio di Israele. Questo è il governo che ha preferito investire le proprie energie altrove.

Questo è il governo Netanyahu che ha stabilito le cruciali regole su quando aprire il fuoco durante le manifestazioni di questi giorni.

L’autorizzazione all’uso di armi letali viene applicata non solo quando c’è “la possibilità di danno fisico alle infrastrutture della barriera di sicurezza e la penetrazione nel territorio dello stato di Israele,” ma comprende anche l’individuazione di potenziali obiettivi quali “provocatori-chiave” che siano armati o no.

Diciamolo  dunque. Se essere dei “provocatori-chiave” merita la pena capitale, allora Netanyahu e i membri del suo governo dovrebbero tenere le loro riunioni settimanali nel braccio della morte.

“Ormai siamo in grado di distinguere i Palestinesi dalla loro espressione,” ha dichiarato a Ynet un ufficiale della torre di avvistamento, appartenente alla divisione distaccata a Gaza.

“Sappiamo riconoscere in anticipo chi  non rappresenta un potenziale pericolo, ad esempio chi porta una bandiera o un cartello di protesta, uno che in effetti è solo un pastore, un gruppo di bambini, e chi invece è  un terrorista.”

Tuttavia Israele, con l’uso di una sofisticata tecnologia per riconoscere “provocatori-chiave” disarmati, costringe i suoi soldati a trasformarsi da difensori in assassini.

Questo è il governo Netanyahu che, mentre continuano le manifestazioni a Gaza, ha lavorato accanitamente per tutto il mese –il mese della Pasqua, la festa della libertà e di Yom Hashoa, la giornata del ricordo dell’Olocausto– per cacciare dal paese i richiedenti asilo africani e scaricarli in un posto qualsiasi dove non li vogliono, o addirittura dove sarebbero in pericolo.

Forse per fini completamente diversi, l’ex segretario dello Shin Bet Carmi Gillon ha suggerito agli Israeliani di spegnere la TV  quando il primo ministro ci imporrà il suo discorso alla cerimonia di apertura del settantesimo anniversario dell’indipendenza. Questo però avverrà la settimana prossima. Questa settimana Netanyahu parlerà  dell’Olocausto e dei suoi insegnamenti ovunque gli sarà possibile farlo

Spegnete la TV anche questa settimana. Non perderete niente.

Bradley Burston

https://www.haaretz.com/opinion/.premium-gaza-killings-don-t-believe-a-word-israel-says-1.5990064

Traduzione di Nara Ronchetti

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