Il 14 maggio scorso, quando lo sciopero della fame era ancora la suo 28° giorno, l’avvocato Khadir ha potuto visitare Marwan Barghouthi e in questa relazione vengono descritte le condizioni in cui si trovava il prigioniero.
Uno degli avvocati dell’Associazione dei Prigionieri, Khadir Shuqairat, ha visitato Marwan Barghouthi dopo che i suoi diritti di visita gli erano stati negati fin dall’inizio dello sciopero della fame, cioè per 28 giorni. Marwan è entrato nella sala visite con catene alle braccia e alle gambe, circondato da 6 guardie israeliane, con un sorriso stanco ed esausto. Alle orecchie aveva anche dei fazzoletti, che si è tolto vedendo Khadir.
Si sono seduti uno davanti all’altro, separati da un doppio vetro, e si sono parlati attraverso un telefono. Khadir ha chiesto a Marwan come erano andate le cose dall’inizio dello sciopero della fame. Marwan ha spiegato che fin dal terzo giorno era stato trasferito forzatamente dalla prigione di Hadareem a quella di Jalami, dove attualmente si trova. Lo avevano messo in isolamento carcerario al terzo piano sotto terra, in una cella che appena lo conteneva, quasi come una bara. Era una vecchia cella di 30 anni fa, infestata da insetti come scarafaggi e mignatte, per cui non ha avuto altra scelta che rifiutarsi di assumere anche acqua e sale, come unico mezzo per uscire da quella cella mortale. Dopo tre giorni di rifiuto di consumare acqua e sale, le sue condizioni si sono aggravate a tal punto che i carcerieri israeliani sono stati costretti a trasferirlo in una cella a piano terreno, con un materasso ma senza finestre, in cui si trova adesso. Ha detto che la cella non ha la doccia e non riceve luce naturale; inoltre le lenzuola hanno una puzza ripugnante, come di feci in decomposizione, ciò che lo fa stare ancora peggio. Anche questa cella è piena di insetti e gli è stato impedito di fare una doccia a partire dall’inizio dello sciopero della fame. Khadir gli ha chiesto perché avesse dei fazzoletti alle orecchie quando è entrato. Marwan ha spiegato che i carcerieri hanno piazzato sopra la sua cella degli altoparlanti che emettono suoni insopportabili, come fossero trapani elettrici, edifici che crollano e i rumori più forti e molesti che esistano. Questi rumori vengono fatti sentire per diverse ore consecutive durante la giornata. Inoltre, quattro volte al giorni i secondini irrompono nella cella, lo spogliano completamente e perquisiscono minuziosamente sia lui che la cella.
Tutte queste molestie hanno l’unico scopo di fiaccare e intaccare psicologicamente Marwan Barghouthi. I carcerieri israeliani cercano di spezzare il morale del prigioniero e la forza di volontà che Marwan Barghouthi dimostra nel reclamare semplici diritti umani basati sulla legge internazionale. Questi basilari bisogni umani non avrebbero nemmeno bisogno di essere rivendicati mentre invece non si lascia altra scelta a più di 1500 prigionieri che digiunare per 28 giorni ed essere per giunta repressi, umiliati e traumatizzati. La comunità internazionale non dovrebbe tacere di fronte a un lento, odioso assassinio che avviene davanti agli occhi di tutta l’umanità. Dobbiamo stare dalla parte giusta della storia. Possiamo imparare dal passato. Così come impariamo dal passato per quanto riguarda le nostre esperienze personali, dovremmo imparare dalla storia dell’umanità per quanto ci riguarda come esseri umani. Impariamo dunque dal Sud Africa dell’apartheid, dall’Olocausto, dall’Irlanda del Nord, ecc. e non permettiamo che il prossimo crollo dell’umanità siano i prigionieri palestinesi.
A cura di Assopace Palestina