Ferito il parlamentare arabo-israeliano Ayman Odeh, leader del gruppo Joint List che ha 13 rappresentanti nella Knesset.
di Yael Marom and Keren Manor
+972 online, 18 gennaio 2017
Due persone sono state uccise e parecchie altre ferite quando un gran numero di poliziotti, all’alba di mercoledì, è entrato nel villaggio beduino di Umm al-Hiran, nella parte sud di Israele, per demolirlo. La polizia ha sparato lacrimogeni, pallottole rivestite di gomma e addirittura ci sono versioni che parlano di colpi da vere e proprie armi da fuoco.
Tra i feriti c’era un membro del parlamento israeliano e leader dell’Opposizione Araba nella Knesset, Ayman Odeh, che la polizia ha colpito alla testa e alla schiena con proiettili rivestiti di gomma. Odeh è stato portato all’ospedale Soroka di Beersheba, in condizioni stabili mentre scriviamo questo articolo. Le altre persone ferite erano residenti del posto o forze di sicurezza.
La polizia dice che le forze dell’ordine hanno ucciso un residente di Umm el-Hirad, Yaqub Musa Abu Qi’an, dopo che il suo veicolo aveva investito e ucciso almeno un poliziotto. L’ufficiale di polizia ucciso è un 34enne di nome Erez Levy. Residenti del luogo e attivisti presenti ai fatti dicono che l’auto di Qi’an ha deviato verso i poliziotti solo dopo che Qi’an era stato colpito e aveva perso il controllo del veicolo.
Secondo l’attivista Kobi Snitz, che si trovava nel villaggio martedì notte e mercoledì mattina, centinaia di poliziotti in assetto di guerra sono arrivati a Umm el-Hiran intorno alle 5 di mattina, costringendo i guidatori a scendere dalle auto e attaccando e terrorizzando gli altri.
Subito dopo, si sono uditi colpi, dice Snitz, aggiungendo di aver visto un pick-up bianco a circa 30 metri dai poliziotti. “Hanno cominciato a sparare verso l’automezzo, con colpi provenienti da tutte le direzioni”, ha detto, aggiungendo che solo dopo che il guidatore era apparso ferito e aveva perso il controllo del suo veicolo, i poliziotti sono stati investiti.
Si dice che la polizia, fin dalla metà della mattina, tabbia isolato il villaggio e impedito ai giornalisti sopraggiunti di entrare.
Snitz dice che le autorità statali hanno continuato fino alla mezzanotte di martedì a fare pressione sui residenti perché firmassero un accordo per andarsene volontariamente, ma la trattativa era poi fallita.
Il deputato Odeh si è presentato a Umm el-Hiran nella prima mattina di mercoledì per stare a fianco degli abitanti del villaggio, ai quali era stato detto dalle autorità israeliane che la demolizione sarebbe iniziata da lì a poco.
Fin dalla tarda mattinata bulldozer, camion e attrezzature per la demolizione hanno cominciato a prepararsi per fare piazza pulita e demolire il villaggio.
Umm al-Hiran è uno delle decine di cosiddetti “villaggi non-riconosciuti”, nel sud di Israele, nei quali all’incirca 100.000 beduini cittadini di Israele vivono senza elettricità, acqua e altri servizi essenziali che lo stato si rifiuta di fornire.
Ecco un rapido resoconto di questa storia a Umm el-Hiran: molto tempo prima della nascita dello stato di Israele, membri della famiglia di Abu Qi’an vivevano nell’area del Negev occidentale chiamata Khirbet Zubaleh.
Nel 1956 l’esercito del governo israeliano, ha trasferito con la forza la famiglia di Qi’an nel luogo dove oggi vive. (La loro terra era stata espropriata e assegnata come suolo agricolo al kibbutz israeliano di Shoval.)
Questo “scambio” forzato di terra è ben documentato negli archivi di stato, ma, malgrado che la famiglia Qi’an sia stata ri-collocata nella sua attuale residenza dall’amministrazione stessa dello stato, le sue abitazioni non sono mai state collegate alle reti dell’elettricità e dell’acqua.
Nel 2015 l’Alta Corte di Giustizia di Israele ha stabilito che lo stato può cambiare la sua decisione e riprendersi la terra che aveva concesso alla famiglia Qi’an. Sulle rovine del loro villaggio di Umm el-Hiran, dal quale vengono ora espulsi, sorgerà un nuovo insediamento per ebrei ortodossi.
Già da alcuni anni, gli ebrei ortodossi che saranno i futuri residenti del villaggio ebraico di Hiran (che sarà costruito sulle rovine di Umm Al Hiran), aspettano le loro nuove abitazioni in un accampamento nella vicina foresta di Yatir.
“Il governo non ha alcun problema con i cittadini ebrei che vivono su questa proprietà – quindi perché dovrebbe avere un problema con noi? ” ha detto Raid al Qi’an, un residente e attivista del villaggio, parlando nel 2015 con la redazione del giornale online +927.
“Si permette che comunità rurali siano costruite per gli ebrei nel Negev – perché per noi no?”
“Noi abbiamo sempre detto, e continuiamo a dire, che non abbiamo obiezioni a che famiglie ebree vivano qui o vicino a noi – ma non al nostro posto. Questo è razzismo e ingiustizia”, ha aggiunto.
Hanno contribuito a questo articolo Michael Schaeffer Omer-Man ed Eli Bitan.
Traduzione di Simonetta Madussi
IL VILLAGGIO ARABO CHE ISRAELE VUOL DEMOLIRE
Gli abitanti del villaggio dicono: “Perché espellere noi, quando entrambi potremmo vivere qui? C’è spazio a volontà”
Dal Palestine Briefing del febbraio 2015
Questo è il villaggio che Israele intende demolire completamente dopo la metà di marzo, per rimpiazzarlo con un nuovo villaggio nello stesso posto e con lo stesso nome -Hiran- ma con abitanti ebrei al posto di quelli arabi.
I 500 residenti arabi del villaggio lo hanno abitato per circa 60 anni e anzi hanno ricevuto l’ordine di andare lì dal comando militare israeliano del Negev, che ha dato loro un contratto di affitto per costruire un villaggio, organizzare una fattoria e pascolare le pecore.
I capi del villaggio dicono che non c’è alcun bisogno di cacciarli, giacché gli occupanti ebrei possono piazzarsi in un posto vicino. “Noi non siamo contrari a che essi vivano qui, ma anche noi vogliamo rimanere qui e vivere insieme a loro come vicini” dice Atwa Abu Alkia’n.
Fanno presente che c’è una grande quantità di spazio nel Negev (3,25 milioni di acri) e gli occupanti non hanno bisogno di spostarsi nell’unico piccolo acro di terra dove gli arabi abitano dal 1956.
Trenta famiglie di occupanti ebrei vivono attualmente in containers a un paio di chilometri di distanza, aspettando che le loro nuove case vengano costruite in modo da potercisi trasferire.
Il governo di Israele ha fatto chiaramente intendere che il nuovo villaggio è per i soli residenti ebrei e che gli arabi devono andarsene.
Hanno emesso ordini di demolizione per tutte le case del villaggio e le autorità hanno fissato per la metà di marzo la data in cui gli ordini di demolizione saranno eseguiti.
Ciò significa che la demolizione potrebbe coincidere con la data delle elezioni del 17 marzo in Israele.
Guarda il villaggio su Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=FlgU6oLswv0#!
Gli abitanti del villaggio dicono che solo le proteste internazionali possono fermare la demolizione da parte degli Israeliani. Mentre gli israeliani si concentrano sulle elezioni del 17 marzo, chi fermerà i bulldozers perché non distruggano il villaggio di Umm Al Hiran?
Il villaggio è in Israele, non nei Territori Palestinesi. I suoi residenti sono a pieno titolo cittadini di Israele. Ma sono trattati come se non avessero nessun diritto, nessuna importanza.
Come tutti gli altri villaggi “non riconosciuti” nel Negev, essi non sono forniti di linee elettriche, non hanno strade asfaltate, non hanno acqua né raccolta rifiuti. Devono arrangiarsi a comprare acqua dalle autobotti e usare i pannelli solari per avere energia elettrica discontinua.
E questo non perché il villaggio si trova in un posto remoto. Tanto è vero che il proprietario ebreo di un canile distante solo 800 metri usufruisce di tutte le comodità. Gli israeliani fanno questo soltanto per rendere difficile la vita agli arabi, per farli andare via.
E non è questione di denaro. Spesso, se gli abitanti del villaggio cercano di asfaltare le strade, i bulldozer dell’esercito le distruggono; se installano tubature per l’acqua, queste vengono disconnesse; se costruiscono case di pietra, le demoliscono. Gli Israeliani vogliono che gli edifici appaiano provvisori, sgangherati e senza valore.
Ciò rende più facile agli israeliani sostenere il mito che gli abitanti del villaggio siano nomadi Beduini originari di altri paesi. In realtà, pur essendo orgogliosi delle loro tradizioni beduine, è storicamente accertato che le loro famiglie hanno vissuto nel Negev per centinaia di anni.
E mentre alcuni abitanti del villaggio sono ancora impegnati nella tradizionale occupazione beduina dell’allevamento delle pecore, Umm Al Hiran ha anche avvocati, insegnanti e dottori fra i suoi 500 residenti.
Poche settimane fa il leader degli occupanti ebrei è venuto a bere un caffè con gli abitanti del villaggio e chiedeva loro, con falsa ingenuità, perché mai stavano cercando di mettere blocchi legali ai piani per il nuovo villaggio ebraico.
Salim Abu Alkia’n, fratello di Atwa, ha spiegato pazientemente: “A tutti gli Ebrei che vogliono vivere in questo villaggio, io dico che ci sono già altre persone che ci vivono. Noi viviamo qui da 60 anni e anche se demoliranno le nostre case, noi rimarremo qui per sempre.”
Gli israeliani possono essere scusati di non saper niente del villaggio, poiché esso non compare sulle mappe israeliane. Persino quando il Consiglio Nazionale per la Pianificazione e la Costruzione approvò nel 2010 il progetto per una nuova città ebraica in quella zona, alla commissione per la pianificazione fu sottoposta una mappa che non faceva alcun riferimento al fatto che ci fosse già su quella terra un villaggio arabo.
Quando vennero richiesti gli ordini di demolizione, si disse che gli edifici “erano stati scoperti” in una operazione di controllo e che “non era stato possibile identificare o rintracciare le persone che possedevano le case”.
Quando vennero applicati gli ordini di evacuazione, gli abitanti del villaggio vennero descritti come “intrusi” che occupavano illegalmente la terra, e il magistrato dovette far presente che essi avevano vissuto su quella terra per anni con la piena conoscenza e il consenso dello stato.
Martin Linton – PalestinianBriefing info@palestinianbriefing.org
Traduzione di Simonetta Madussi