Jimmy Carter sogna ancora: L’America deve riconoscere la Palestina.

di JIMMY CARTER

The New York Times, 28 novembre 2016

Credit Vahram Muradyan
Credit Vahram Muradyan

ATLANTA. Non sappiamo ancora quale sarà la politica della prossima amministrazione riguardo a Israele e alla Palestina, ma sappiamo qual è la politica dell’amministrazione ancora in carica. L’obiettivo del presidente Obama è stato quello di sostenere una soluzione negoziata al conflitto, sulla base di due stati che vivono in pace uno accanto all’altro.

Questa prospettiva è ora seriamente in dubbio. Io sono convinto che gli Stati Uniti possono ancora determinare l’esito del conflitto israelo-palestinese prima del cambio di presidenza, ma i tempi sono davvero molto stretti. Questa amministrazione deve fare un passo semplice ma vitale, prima della scadenza del suo mandato il 20 gennaio 2017: concedere il riconoscimento diplomatico americano allo stato di Palestina, come è già stato fatto da 137 paesi, e aiutarlo a divenire stato membro effettivo delle Nazioni Unite.

Nel 1978, durante la mia presidenza, il primo ministro israeliano Menachem Begin e il presidente egiziano Anwar Sadat firmarono gli Accordi di Camp David. Quegli accordi si basavano sulla Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che fu approvata all’indomani della guerra del 1967. Le parole chiave di quella risoluzione erano “l’inammissibilità di una acquisizione di territori con la guerra e la necessità di lavorare per una pace giusta e duratura in Medio Oriente, così che ogni stato della regione possa vivere in sicurezza” e il “ritiro delle truppe israeliane da territori occupati nel recente conflitto.”

Da sin., il presidente egiziano Anwar Sadat, il primo ministro israeliano Menachem Begin e il presidente americano Jimmy Carter nel 1978, durante l’annuncio della Casa Bianca di un accordo di pace per il Medio Oriente raggiunto a Camp David. Credit Associated Press.
Da sin., il presidente egiziano Anwar Sadat, il primo ministro israeliano Menachem Begin e il presidente americano Jimmy Carter nel 1978, durante l’annuncio della Casa Bianca di un accordo di pace per il Medio Oriente raggiunto a Camp David. Credit Associated Press.

 

L’accordo fu ratificato a larga maggioranza dai parlamenti di Egitto e di Israele. E da allora quei due concetti fondamentali sono stati alla base della politica del governo USA e della comunità internazionale.

Per questo motivo, nel 2009, all’inizio del suo primo mandato, Obama riaffermava gli elementi cruciali degli accordi di Camp David e della Risoluzione 242, richiedendo un completo blocco nella costruzione degli insediamenti che Israele andava edificando illegalmente sul territorio palestinese. Più tardi, nel 2011, il presidente chiariva che “i confini di Israele e Palestina devono essere basati sulle linee del 1967,” e aggiungeva: “i negoziati devono arrivare alla definizione di due stati, con confini permanenti della Palestina con Israele, Giordania ed Egitto e con confini permanenti di Israele con la Palestina.”

Tuttavia oggi, 38 anni dopo Camp David, l’impegno per la pace è a rischio di estinzione. Israele sta costruendo sempre più insediamenti, trasferendo forzatamente i Palestinesi e consolidando la sua occupazione delle loro terre. Più di 4,5 milioni di Palestinesi vivono in questi territori occupati, ma non sono cittadini di Israele. La maggior parte di loro vivono sostanzialmente sotto il controllo militare israeliano e non votano alle elezioni nazionali di Israele.

Al tempo stesso, circa 600.000 coloni israeliani in Palestina godono dei vantaggi della cittadinanza e delle leggi israeliane. Questo processo accelera la realizzazione dello stato unico, che potrebbe distruggere la democrazia di Israele e che finirà per aumentare la condanna internazionale nei confronti di Israele stessa.

Il Carter Center ha continuato a sostenere una soluzione a due stati, ospitando questo mese discussioni con rappresentanti israeliani e palestinesi, alla ricerca di una strada verso la pace. Sulla base del riscontro positivo avuto da questi colloqui, sono certo che il riconoscimento di uno stato palestinese da parte degli USA faciliterebbe il riconoscimento della Palestina da parte di altri stati che non l’hanno ancora fatto e aprirebbe la strada ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza sul futuro del conflitto israelo-palestinese.

Il Consiglio di Sicurezza dovrebbe approvare una risoluzione che enunci i parametri fondamentali per la soluzione del conflitto. Dovrebbe riaffermare l’illegalità di tutti gli insediamenti israeliani al di là dei confini del 1967, lasciando comunque aperta la possibilità che le parti possano negoziare eventuali modifiche. È imperativo che vi siano garanzie di sicurezza sia per Israele che per la Palestina e la risoluzione deve riconoscere che ambedue gli stati di Israele e Palestina hanno il diritto di vivere in pace e in sicurezza. Altre misure dovrebbero includere la smilitarizzazione dello stato di Palestina e un eventuale contingente di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite.

Una forte risoluzione del Consiglio di Sicurezza dovrebbe sottolineare che le Convenzioni di Ginevra e le altre protezioni internazionali si applicano a tutte le parti in causa e in ogni momento. Dovrebbe anche sostenere un accordo che fosse raggiunto tra le parti per quanto riguarda i rifugiati palestinesi.

Il peso politico congiunto di un riconoscimento da parte degli USA, di una piena appartenenza alle Nazioni Unite e di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza saldamente basata sulla legge internazionale getterebbero le basi per un successivo lavoro diplomatico. Queste azioni rafforzerebbero una leadership palestinese moderata e al tempo stesso manderebbero al popolo israeliano un chiaro messaggio di garanzia per la sicurezza di Israele.

Questo è il metodo migliore –e forse l’unico in questo momento- per contrastare la prospettiva dello stato unico che Israele sta infliggendo a se stessa e al popolo palestinese. Il riconoscimento della Palestina e una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza non sono misure del tutto nuove, ma sono il naturale sviluppo del sostegno americano alla soluzione dei due stati.

Il principale obiettivo di politica internazionale della mia vita è stato quello di contribuire a portare la pace a Israele e ai suoi vicini. Quel settembre del 1978 ero fiero di dire in una sessione congiunta del Parlamento: “Benedetti sono i portatori di pace, perché saranno chiamati i figli di Dio.” Mentre Begin e Sadat sedevano nella balconata sopra di noi, i membri del Parlamento si alzarono in piedi ad applaudire i due coraggiosi artefici di pace.

Sono preoccupato che si possa perdere lo spirito di Camp David. Non dobbiamo lasciarci sfuggire questa possibilità.

Jimmy Carter, fondatore del Carter Center, è stato il 39° presidente degli Stati Uniti.

http://www.nytimes.com/2016/11/28/opinion/jimmy-carter-america-must-recognize-palestine.html?emc=edit_th_20161129&nl=todaysheadlines&nlid=70178108&_r=0

Traduzione di Donato Cioli

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