Una poesia di Mahmoud Darwish trasmessa dalla radio dell’esercito israeliano ha scatenato un polverone.
di Vivian Eden.
Haaretz 21 luglio 2016
Il governo di Benjamin Netanyahu sferra un altro colpo alla libertà di comunicazione: il ministro della difesa Avigdor Lieberman ha convocato il comandante della radio militare Yaron Dekel per fargli una ramanzina a proposito di una trasmissione della settimana scorsa in cui si è discusso un brano del poeta palestinese Mahmoud Darwish, nel corso di una serie di letture formative del programma “Università in onda”.
In precedenza, il ministro per la cultura e lo sport Miri Regev si era scagliata contro la stessa stazione radio, che è da un po’ di tempo nel bersaglio del governo per essere “andata fuori dai binari”.
Quando scrisse questa poesia, Mahmoud Darwish era un giovane poeta arrabbiato e viveva ad Haifa. Era nato nel 1941 nel villaggio di El-Birweh (dove sarebbe poi sorto l’insediamento di Ahihud e il Kibbutz Yasur). Fuggì nel 1947 in Libano con la sua famiglia di proprietari terrieri che tornarono poi in Galilea per vivere stentatamente da forestieri a Dir al-Assad.
All’epoca, le località arabe all’interno di Israele erano controllate dal Governo Militare instaurato nel 1948 (e poi soppresso da Moshe Dayan nel 1966) e qualunque evento della vita civile, dal registrare una nascita al viaggiare fuori dalla propria zona, richiedeva un documento firmato dal governatore militare.
L’invito “prendi nota, sono arabo” è diretto a un immaginario funzionario di quella burocrazia ed è anche un’esortazione che il poeta fa a se stesso, un’esortazione a scrivere le esperienze della sua comunità.
Nel 2008 Darwish morì a Houston, Texas, in seguito a un intervento operatorio, e in quell’occasione il poeta Salman Masalha scrisse: “Riuscì ad aprirsi una strada negli ambienti della stampa in lingua araba del Partito Comunista Israeliano e la sua fama di poeta crebbe rapidamente. Dopo la guerra del giugno 1967…i Palestinesi che stavano dall’una e dall’altra parte del confine si riunirono come un solo gruppo con una ferita ancora aperta. Anche il vicino mondo arabo scoprì improvvisamente una minoranza arabo-palestinese, i cui membri erano stati dimenticati in varie parti della Palestina e che erano diventati cittadini dello Stato di Israele.”
Darwish lasciò Israele, si unì all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e divenne il poeta nazionale palestinese. “Write Down, I’m an Arab” è anche il titolo di un documentario sulla sua vita del cineasta israeliano Ibtisam Mara’ana-Menuhin.
Col passare degli anni raffinò il suo talento e scrisse anche poesie più sofisticate, ma questa era sempre la più richiesta. Lui la leggeva con riluttanza, ma ricevendo sempre grandi applausi. Si tratta senza dubbio di un testo formativo per gli Arabi Israeliani.
Vivian Eden
Poesia di Mahmoud Darwish
Carta d’identità (1964)
Prendi nota
sono arabo
carta di identità numero 50.000
bambini otto
un altro nascerà l’estate prossima.
Ti secca?
Prendi nota
sono arabo
taglio pietre alla cava
spacco pietre per i miei figli
per il pane, i vestiti, i libri
solo per loro
non verrò mai a mendicare alla tua porta.
Ti secca?
Prendi nota
sono arabo
mi chiamo arabo non ho altro nome
sto fermo dove ogni altra cosa
trema di rabbia
ho messo radici qui
prima ancora degli ulivi e dei cedri
discendo da quelli che spingevano l’aratro
mio padre era povero contadino
senza terra né titoli
la mia casa una capanna di sterco.
Ti fa invidia?
Prendi nota
sono arabo
capelli neri
occhi scuri
segni particolari
fame atavica
il mio cibo
olio e origano
quando c’è
ma ho imparato a cucinarmi
anche i serpenti del deserto
il mio indirizzo
un villaggio non segnato sulla mappa
con strade senza nome, senza luce
ma gli uomini della cava amano il comunismo.
Prendi nota
sono arabo e comunista
Ti dà fastidio?
Hai rubato le mie vigne
e la terra che avevo da dissodare
non hai lasciato nulla per i miei figli
soltanto i sassi
e ho sentito che il tuo governo
esproprierà anche i sassi
ebbene allora prendi nota che prima di tutto
non odio nessuno e neppure rubo
ma quando mi affamano
mangio la carne del mio oppressore
attento alla mia fame,
attento alla mia rabbia.
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