Rapporto sulla Protezione dei Civili nei Territori Palestinesi Occupati 12-18 luglio 2016

Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati Sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1

Chi vuole una lettura ancora più veloce trova qui il nostro manifesto settimanale (n°171images), basato su un riassunto del Rapporto.

In Cisgiordania, in due distinti episodi, le forze israeliane hanno ucciso due palestinesi. Nel primo caso, il 18 luglio, all’ingresso del Campo profughi di Al Arrub (Hebron), un palestinese ha accoltellato e ferito due soldati israeliani; successivamente è stato a sua volta ferito gravemente con arma da fuoco ed è morto il giorno seguente.

Nel secondo caso, il 12 luglio, durante una operazione di ricerca-arresto svoltasi nella città di Ar Ram (Gerusalemme), le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro un veicolo uccidendo un giovane palestinese di 22 anni e ferendone altri due; secondo i media israeliani, i soldati sospettavano che i palestinesi stessero per investirli; tale versione dei fatti è stata smentita da fonti locali palestinesi.

In Qabatiya (Jenin), le forze israeliane hanno demolito la casa di famiglia di un uomo sospettato di aver aiutato gli autori di un accoltellamento, avvenuto il febbraio 2016, durante il quale fu ucciso un poliziotto israeliano; per effetto della demolizione, una famiglia di dieci persone, tra cui un minore, è stata sfollata. Prima della demolizione, gli abitanti della città si sono scontrati, anche con l’impiego di armi da fuoco, con le forze israeliane e otto palestinesi sono rimasti feriti. Dall’inizio del 2016 le autorità israeliane, per motivi punitivi, hanno demolito o sigillato 22 case, sfollando 110 persone; in tutto il 2015, per gli stessi motivi, vi erano state 25 demolizioni e 157 persone sfollate.

Nei Territori palestinesi occupati, in totale, le forze israeliane hanno ferito 44 palestinesi, tra cui 13 minori. 42 di questi ferimenti sono stati registrati in Cisgiordania, di cui 10 verificatisi durante gli scontri in Ar Ram e Qabatiya [vedi i paragrafi precedenti] e 29 durante operazioni di ricerca-arresto, le più vaste delle quali hanno avuto luogo in Al Mazra’a al Qibliya (Ramallah) e nel campo profughi di Ayda (Betlemme). Due palestinesi sono stati colpiti con armi da fuoco e feriti nella Striscia di Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA): uno nel corso di una protesta ed un altro, secondo quanto riferito, mentre cacciava uccelli. Nel corso della settimana, in altri cinque casi le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento verso palestinesi presenti nelle ARA, a terra e in mare: non sono stati registrati feriti.

Il 17 luglio, a Gerusalemme Ovest, le forze israeliane hanno arrestato un palestinese che trasportava ordigni esplosivi e coltelli che, secondo la polizia israeliana, intendeva utilizzare per effettuare un attentato alla Metropolitana leggera di Gerusalemme.

Durante la settimana, in tutto il governatorato di Hebron sono state mantenute le restrizioni ai movimenti imposte [da Israele], dall’inizio di luglio, in seguito a due attacchi palestinesi; restrizioni che ostacolano l’accesso ai servizi e ai mezzi di sostentamento per centinaia di migliaia di residenti. La comunità più colpita è Bani Na’im, con una popolazione 26.500 abitanti, dove i tre ingressi principali sono rimasti bloccati per il movimento veicolare; una parziale eccezione è consentita per i casi di emergenza, a fronte di accordi preventivi. Secondo la Camera di Commercio palestinese, l’attività economica di tutto il governatorato di Hebron è stata notevolmente influenzata, tra le altre cause, dalle restrizioni imposte alla circolazione dei veicoli commerciali.

In Area C e in Gerusalemme Est, in quattro casi, per la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito 23 strutture palestinesi, sfollando 43 persone, tra cui 25 minori, e coinvolgendone altre 43. Il caso più grave, che comprende tutti gli sfollamenti di questa settimana, è stato registrato in una comunità beduina a nord della città di ‘Anata (Gerusalemme), in cui le autorità israeliane hanno demolito 14 strutture, una delle quali era stata fornita precedentemente come assistenza umanitaria. Questa è una delle 46 comunità beduine nella Cisgiordania centrale a rischio di trasferimento forzato a causa di un piano israeliano di rilocalizzazione.

Per gli stessi motivi, sempre nella zona C e in Gerusalemme Est, le autorità israeliane hanno consegnato almeno 13 ordini di demolizione e arresto dei lavori contro case, strutture commerciali e cisterne d’acqua. Le comunità colpite includono: Frush Beit Dajan, Qusra (entrambe a Nablus), Susiya (Hebron), Silwan (Gerusalemme Est).

Questa settimana vengono riportati nove attacchi da parte di coloni israeliani con conseguenti ferimenti o danni alle proprietà palestinesi: dall’inizio del 2016 questo è il più alto numero di attacchi condotti da coloni in una sola settimana. In particolare: tre palestinesi sono stati aggrediti fisicamente e feriti da coloni israeliani, in tre distinti casi, a Al-Khader (Betlemme), ad Haris (Salfit) e nella città di Hebron; altri tre episodi hanno riguardato l’incendio di 150 ulivi secolari a Betlemme, la devastazione di una piantagione di sorgo di 5.000 mq vicino a Huwwara (Nablus); il furto di più di 50 sacchi di fieno e di grano nel villaggio di Qusra (Nablus), a quanto riferito, sempre ad opera di coloni israeliani. Inoltre, nei governatorati di Qalqiliya, Salfit ed Hebron, in tre diverse occasioni, per il lancio di pietre da parte di coloni, sei veicoli palestinesi hanno riportato danni.

Il 14 luglio, per carenza di carburante, la centrale elettrica di Gaza è stata costretta a fermare una delle due turbine attive, innescando interruzioni di corrente per 18-20 ore al giorno; in precedenza le interruzioni erano di 16-18 ore. Questo ha avuto un impatto significativo sulla fornitura dei servizi di base, l’approvvigionamento idrico e, in particolare, sui servizi sanitari. Sembra che la carenza di carburante sia causata dalle continue controversie, tra le autorità di Ramallah e quelle di Gaza, in merito ad una esenzione fiscale relativa al carburante acquistato per l’impianto.

Durante il periodo di riferimento il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è rimasto chiuso in entrambe le direzioni.

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