Una inserzione calunniosa sul New York Times che accusa John Kerry di antisemitismo poteva trarre ispirazione solo dalle capacità di public relations di Joseph Goebbels.
di Henry Siegman
The Nation, 24 novembre 2015
Una inserzione a tutta pagina sul New York Times del 14 novembre accusa il Segretario di Stato John Kerry di antisemitismo. L’accusatore è un certo rabbino Shmuley Boteach, autodesignatosi nientemeno che “il rabbino d’America”. Fornisce assistenza spirituale al magnate dei casinò Sheldon Adelson, che finanzia l’organizzazione guidata da Boteach a nome della quale è stato pubblicato l’annuncio. (Sebbene Adelson possieda diversi casinò e il partito repubblicano, non possieda l’America, almeno per il momento. La pretesa di Boteach di essere il rabbino d’America pertanto potrebbe essere alquanto prematura).
Il contenuto di questa inserzione avrebbe potuto trarre ispirazione soltanto dalle abilità di PR perfezionate dal capo della propaganda di Hitler, Joseph Goebbels, il cui titolo ufficiale era ministro dell’informazione pubblica. L’informazione offerta da Boteach (e verosimilmente dal suo finanziatore Adelson) in questo annuncio è la calunnia secondo cui il segretario di Stato Kerry “svaluta le vite degli Ebrei”, “sembra giustificare il versamento di sangue ebreo”, e “progetta di dare all’Iran miliardi di dollari affinché possa perseguire il suo scopo di cancellare Israele dalle carte geografiche”.
Questo a proposito di una persona che da sempre ha sostenuto Israele e le cause progressiste e umanitarie care alla maggior parte degli Ebrei americani. Boteach è molto più in sintonia con i quattro governi Netanyahu, che sono riusciti a dare vita ad un nuovo clima morale in Israele che accetta membri dell’esecutivo come Ayelet Shaked, il ministro della giustizia (giustizia, niente meno!), che invoca l’uccisione delle madri palestinesi che “generano piccole serpi terroriste”.
Boteach ha sollevato le sue infamanti accuse contro il segretario di Stato Kerry perché Kerry ha detto che la violenza palestinese è stata causata, almeno in parte, dalla frustrazione dei Palestinesi per il massiccio incremento degli insediamenti israeliani che minacciano di vanificare lo scopo degli accordi di Oslo di che miravano ad un accordo di pace basato sulla soluzione dei due stati. Per Boteach, questa è una imperdonabile equivalenza morale tra terrorismo palestinese e misure difensive israeliane. Secondo il quotidiano Haaeretz e B’Tselem, una importante ONG israeliana, queste misure difensive includono ora esecuzioni sommarie di Palestinesi che non rappresentavano una minaccia per nessuno.
Boteach ha anche accusato Kerry di aver dato voce ad una “velenosa calunnia antisemita” per avere detto che gli insediamenti rischiano di trasformare Israele in uno stato di apartheid. Boteach dimentica di dire che questo è un pericolo evidenziato da ben noti antisemiti quali David Ben-Gurion, Ariel Sharon, Ehud Barak, Ehud Olmert e Shimon Peres, tutti ex primi ministri israeliani.
In effetti, l’idea che entrambe le parti siano egualmente in torto è una equazione morale sbagliata, ma solo perché non può esserci equivalenza morale tra la violenza di un potente occupante e la violenza della sua vittima impotente. Come ha evidenziato l’editorialista di Haaretz Amira Hass, i Palestinesi stanno combattendo per la loro vita e la loro sopravvivenza come nazione, mentre Israele sta combattendo per l’occupazione della loro terra.
Non sorprende che Netahyahu abbia tentato di sfruttare le brutali esecuzioni patrocinate dall’ISIS a Parigi per giustificare il comportamento di Israele verso i Palestinesi nei territori occupati e a Gerusalemme Est. Ma non c’è confronto con la situazione in Francia – un paese che non sta tenendo gli Arabi imprigionati dietro muri divisori, blocchi stradali e posti di controllo abbrutenti – e Israele.
C’è una vecchia barzelletta a proposito della madre ebrea il cui figlio è stato arruolato nell’esercito dello zar russo. Al momento di salutarsi, esorta suo figlio a non sforzarsi troppo. “Spara a un Turco e riposati. Spara a un altro Turco e riposati di nuovo”. Il figlio chiede, “Ma mamma, e se il Turco spara a me?”. La mamma è perplessa: “Perché dovrebbe spararti? Cosa gli hai mai fatto?”.
I Palestinesi, che hanno avuto gli scarponi degli Israeliani calcati sulle loro gole per quasi mezzo secolo, stanno respingendo i loro occupanti. Gli Israeliani dicono di voler soltanto essere lasciati in pace, in modo da poter tenere i loro scarponi dove sono. Come Bibi Netanyahu ha spesso sottolineato, nessuno vuole la pace più di quanto non la vogliano gli Israeliani.
I governi israeliani che si sono succeduti hanno sostenuto un’occupazione della Palestina lunga mezzo secolo e l’uso di una violenza terribile da parte del loro esercito. Che diritto hanno quindi di chiedere che i Palestinesi rinuncino alla violenza nella loro lotta per mettere fine alla loro oppressione? La scelta dei Palestinesi di utilizzare la violenza per ottenere libertà e autodeterminazione – considerate “norme inviolabili” nel diritto internazionale – è meno legittima della scelta degli Israeliani di utilizzare la violenza per negare loro libertà e autodeterminazione?
In realtà, nessuno ha affermato il diritto alla resistenza violenta all’occupazione con più forza dei gruppi terroristici ebrei nell’epoca anteriore alla creazione dello stato. L’Irgun, guidato da Menachem Begin (che è diventato il Likud, ora guidato da Netanyahu), ha terrorizzato gli occupanti inglesi prima della creazione dello stato. Yitzhak Shamir, che è stato anche eletto primo ministro di Israele, ha guidato lo Stern Gang. Ha scritto nella rivista della sua organizzazione terroristica, LEHI, “né l’etica ebraica né la tradizione ebraica possono escludere il terrorismo come mezzo di lotta … il terrorismo è per noi parte della battaglia politica che viene combattuta nelle attuali circostanze e gioca un grande ruolo”. Come documentato da Benny Morris nel suo libro Vittime, il terrorismo ebraico aveva come obiettivo i civili arabi.
Boteach sostiene che non può esserci equivalenza morale tra le vittime e i loro oppressori, ma lui, come il suo finanziatore, ritiene che i Palestinesi che hanno vissuto per mezzo secolo sotto l’occupazione israeliana siano gli oppressori e gli occupanti israeliani siano le vittime. Essendo nato in Germania e avendo vissuto per due anni sotto l’occupazione nazista e il regime di Vichy che rastrellava gli ebrei per deportarli ad Auschwitz, posso assicurare a Boteach e al primo ministro Netanyahu che Goebbels, che considerava il popolo tedesco vittima degli Ebrei, avrebbe molto ammirato il loro punto di vista.
Henry Siegman è il presidente del US/Middle East Project. E’ stato Senior Fellow per gli studi sul Medio Oriente nel Consiglio per le relazioni estere e visiting professor nel programma sul medio oriente Sir Joseph Hotung della SOAS, presso l’Università di Londra. In passato ha guidato il congresso ebraico americano e il Consiglio delle Sinagoghe d’America.
(traduzione di Dora Rizzardo)