Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati Sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1
Chi vuole una lettura ancora più veloce trova qui il nostro manifesto settimanale (n°142), basato su un riassunto del Rapporto.
Nel periodo di riferimento (10-16 novembre ), l’ondata di violenza è continuata in tutti i Territori palestinesi occupati (opt): uccisi nove palestinesi e due israeliani, feriti altri 1.123 palestinesi e 8 israeliani [vedere i dettagli nel prosieguo]. Tra il 1° ottobre ed il 16 novembre, nei Territori palestinesi occupati ed in Israele sono stati uccisi 85 palestinesi e 11 israeliani, mentre 9.171 palestinesi e almeno 133 israeliani sono stati feriti [1]. Dei palestinesi uccisi in Cisgiordania dal 1° ottobre, quasi la metà è stata registrata nel governatorato di Hebron (29, in prevalenza nella città di Hebron) e un terzo nel governatorato di Gerusalemme (19, prevalentemente in Gerusalemme Est); la maggior parte di questi decessi (70%) riguardano autori o presunti autori di aggressioni contro israeliani. In relazione a questi episodi, il 16 novembre, due Relatori Speciali delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione per l’uso eccessivo della forza, inclusi casi che “sembrano configurarsi come esecuzioni sommarie”.
Durante il periodo di riferimento, nel corso di una sparatoria, tre accoltellamenti e presunti accoltellamenti, ed un incidente stradale forse volontario, sono stati uccisi tre presunti aggressori palestinesi e due coloni israeliani, mentre due minori palestinesi e tre israeliani, tra cui un minore, sono rimasti feriti. Il 13 novembre, nel governatorato di Hebron, un palestinese ha sparato contro un veicolo israeliano in transito sulla strada 60, uccidendo due coloni israeliani (padre e figlio 18enne) e ferendo un minore; l’autore è fuggito e successivamente è stato arrestato dalle forze israeliane. Il 10 novembre, in due diversi episodi, le forze israeliane hanno sparato e ucciso due palestinesi: un 16enne, al checkpoint di Wadi Nar (Gerusalemme) ed un 37enne, vicino alla Città Vecchia, in Gerusalemme Est; secondo quanto riportato dai media israeliani, entrambi avevano tentato di pugnalare membri delle forze di sicurezza israeliane; le circostanze degli episodi rimangono tuttavia poco chiare. Nello stesso giorno, a Gerusalemme Est, presso l’insediamento colonico di Pisgat Ze’ev, due ragazzi palestinesi, di 12 e 13 anni, sono stati gravemente feriti dopo aver accoltellato e ferito una guardia di sicurezza israeliana sulla metropolitana leggera. Infine, il 14 novembre, sulla strada 60, vicino all’insediamento colonico di Psagot (Ramallah), un palestinese ha investito con la sua auto quella di un colono israeliano, ferendo tre coloni e morendo lui stesso.
In Cisgiordania, durante scontri scoppiati nel corso di proteste e di una demolizione punitiva, le forze israeliane hanno sparato ed ucciso cinque palestinesi: il 13 novembre, tre palestinesi sono stati uccisi in tre diversi scontri durante le proteste verificatesi ad Halhul e presso l’incrocio di Beit ‘Enoun, entrambi in Hebron, e nel villaggio di Budrus a Ramallah; altri due palestinesi sono stati uccisi nel Campo profughi di Qalandiya (Gerusalemme) durante gli scontri scoppiati nel corso di una demolizione punitiva (vedi al sesto paragrafo), in cui si è verificato un lancio di pietre e, secondo l’esercito israeliano, anche di bottiglie incendiarie e spari contro le forze israeliane.
Durante gli scontri di cui sopra e di altri verificatisi nei Territori palestinesi occupati, sono rimasti feriti un totale di 1.119 palestinesi, tra cui 203 minori e 4 membri del personale medico in servizio. Nella Striscia di Gaza, proteste e scontri che hanno causato 20 feriti, si sono verificati vicino alla recinzione perimetrale, nei pressi dei valichi di Erez e Nahal Oz e ad est del Campo profughi di Al Bureij. I restanti ferimenti (1.099) si sono verificati in Cisgiordania: il numero più alto è stato registrato nel Governatorato di Qalqiliya (260), seguito da quelli di Ramallah (243), Tulkarem (214), Betlemme (135), Hebron (102) e Gerusalemme (101). Almeno 143 dei ferimenti verificatisi in Cisgiordania, e 7 di quelli nella Striscia di Gaza, sono stati causati da armi da fuoco, mentre la maggior parte dei rimanenti sono stati causati da proiettili di gomma o inalazione di gas lacrimogeno (solo le persone che ricevono assistenza medica sono conteggiati come feriti). Sempre in questa settimana, in quattro occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro pescatori palestinesi al largo della costa della Striscia di Gaza, ferendone due.
Il 12 novembre, nella città di Hebron, forze israeliane sotto copertura sono entrate nell’ospedale Al Ahli ed hanno ucciso un 28enne palestinese. Amnesty International ha dichiarato che questo omicidio “può essere considerato una esecuzione extra-giudiziale” e ha invitato le autorità israeliane ad avviare un‘inchiesta. Durante l’operazione le forze israeliane hanno arrestato un cugino della vittima, ricoverato in ospedale e sospettato, a quanto riferito, di aver compiuto un accoltellamento. All’inizio di questo mese, in seguito a due incursioni nell’ospedale Al Makassed di Gerusalemme Est, Agenzie delle Nazioni Unite hanno richiamato le autorità israeliane al rispetto delle strutture sanitarie e del diritto all’assistenza sanitaria.
Questa settimana, adducendo la necessità di “dissuadere altri”, le autorità israeliane hanno demolito cinque abitazioni: nella città di Nablus (3), in Silwad (Ramallah) e nel Campo profughi di Qalandia (Gerusalemme); le abitazioni appartenevano a palestinesi accusati di aver compiuto, all’inizio dell’anno, attentati contro israeliani. Almeno altri 16 appartamenti, all’interno degli stessi edifici, sono stati gravemente danneggiati in quanto adiacenti, incluso uno completamente distrutto. Queste demolizioni hanno sfollato e lasciato senza casa 47 persone (tra cui 20 minori) che abitavano nelle strutture destinatarie del provvedimento o in quelle attigue. Per gli stessi motivi, durante la settimana, sono state notificati ordini di demolizione per altre tre abitazioni ed un’altra è stata censita. Le demolizioni punitive sono una forma di punizione collettiva e come tale, secondo il Diritto internazionale, sono illegali. Il coordinatore umanitario per i Territori palestinesi occupati, Robert Piper, ha sollecitato le autorità israeliane a fermare questa pratica.
Inoltre, in cinque comunità dell’Area C ed in Gerusalemme Est, per mancanza dei permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito 17 strutture di proprietà palestinese: 12 abitazioni (quattro delle quali non abitate), 4 strutture agricole ed una cisterna per acqua. Come risultato, 27 persone, tra cui 12 minori, sono state sfollate e altre 138 sono state colpite in vario modo. Tre delle località colpite si trovano nel governatorato di Hebron (città di Hebron, Al Ganoub, Jurat Al Khiel), una in quello di Jenin (Ti’innik) e una a Gerusalemme (Jabal al Mukabbir).
Nel governatorato di Tubas, tutti i residenti della comunità di pastori Humsa al Buqai’a (13 famiglie, tra cui 46 minori) sono stati sfollati dalle loro case, per due volte durante la settimana, per 6 e 18 ore rispettivamente, per consentire le esercitazioni dell’esercito israeliano. Questo è l’undicesima volta, dall’inizio del 2015, che questi residenti vengono temporaneamente sfollati a causa di esercitazioni militari. Humsa al Buqai’a è una delle 38 comunità di pastori beduini (6.224 residenti) situate in aree designate dalle autorità israeliane come zone chiuse dedicate all’addestramento militare (“zona per esercitazioni a fuoco”).
Oltre ai casi di accoltellamenti e spari citati sopra, ci sono stati quattro episodi di lanci di pietre da parte di palestinesi contro coloni israeliani con conseguente ferimento di un colono e danni a tre veicoli: vicino a Hebron (due episodi), a Ramallah e a Gerusalemme Est. Inoltre, durante la settimana, sono stati riportati tre episodi di lancio di pietre e tre di lanci di bottiglie incendiarie contro veicoli israeliani: non sono state segnalate vittime o danni.
In seguito all’uccisione di due coloni israeliani il 13 novembre [di cui al paragrafo 2], le forze israeliane hanno imposto ulteriori restrizioni di accesso in tutto il governatorato di Hebron, costringendo le persone a lunghe deviazioni ed attese ai checkpoint, pregiudicando il loro accesso ai servizi ed ai mezzi di sussistenza. Le restrizioni includono: la chiusura intermittente di due ingressi principali alla città di Hebron (Al Fahs e Aggai); il blocco delle principali vie di accesso ai villaggi di As Samu’ e Al Majd; il dispiegamento di 41 checkpoint temporanei (“volanti”) agli ingressi di vari villaggi. Continuano le chiusure delle principali vie di accesso a Bani Na’im, Dura e Sa’ir, segnalate la settimana precedente, mentre l’ingresso al Campo profughi di Al Fawwar è stato aperto, ma è stato posto sotto il controllo di un posto di blocco. Permangono le severe restrizioni di movimento all’interno della zona degli insediamenti colonici della città di Hebron, incluso un divieto assoluto, per i maschi palestinesi di età compresa tra 15 e 25 anni, di attraversamento di alcuni checkpoint. Permane inoltre, per i residenti, l’obbligo di registrazione presso le autorità israeliane per ottenere l’autorizzazione all’attraversamento di altri checkpoint. Inoltre, nel governatorato di Ramallah, la strada principale che collega i villaggi ad est della città di Ramallah alla strada 60, così come l’ingresso principale al villaggio di An Nabi Salih, sono stati chiusi, coinvolgendo una popolazione complessiva di almeno 17.000 persone.
A Gerusalemme Est, nel corso della settimana, le autorità israeliane hanno rimosso due checkpoint e due blocchi stradali che limitavano l’ingresso e l’uscita dei palestinesi dai quartieri di Thuri e Tur. Da metà ottobre 2015, fino alla fine del periodo di riferimento [16 novembre], in varie zone della città sono stati posizionati 19 ostacoli, tra cui otto checkpoint, dieci blocchi stradali ed una barriera di terra.
Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato chiuso in entrambe le direzioni. Il valico è stato chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014, ad eccezione di 37 giorni di aperture parziali. Le autorità di Gaza segnalano che oltre 25.000 persone, con esigenze urgenti, sono state registrate e sono in attesa di attraversare il valico alla sua riapertura.
[1] I dati OCHA per la protezione dei civili includono gli episodi che si sono verificati al di fuori dei Territori occupati solo se risultano coinvolti, sia come vittime che come aggressori, persone residenti nei Territori occupati. I feriti palestinesi riportati in questo rapporto includono solo persone che hanno ricevuto cure mediche da squadre di paramedici presenti sul terreno, nelle cliniche locali o negli ospedali. Le cifre sui feriti israeliani si basano su notizie di stampa.